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 2011  giugno 20 Lunedì calendario

Se si deve dar retta fino in fondo a quello che s’è visto e sentito a Pontida, la Lega si prepara a uscire dal governo, ma non per andare alle elezioni anticipate, che «in questo momento farebbero vincere la sinistra» (Bossi)

Se si deve dar retta fino in fondo a quello che s’è visto e sentito a Pontida, la Lega si prepara a uscire dal governo, ma non per andare alle elezioni anticipate, che «in questo momento farebbero vincere la sinistra» (Bossi). Sul prato campeggiava un enorme striscione «Maroni presidente del consiglio!», è quindi lecito supporre che, dopo aver fatto cadere Berlusconi, i leghisti chiederanno palazzo Chigi per l’attuale ministro degli Interni. Che farebbe l’ipotetico governo Maroni? Questo non è stato detto ieri a Pontida, ma parecchie volte nei giorni precedenti: farebbe – d’accordo con chi ci sta - una nuova legge elettorale per permettere alla Lega di presentarsi vantaggiosamente da sola al voto anticipato del 2012.

Da dove viene fuori questa interpretazione?
Bossi ha pronunciato un discorso per battute. Ecco le più importanti:
• «Caro Berlusconi, la tua premiership è in discussione alle prossime elezioni, se non vengono approvate le nostre richieste, che vedrete elencate nella lista che vi daremo»;
• «Berlusconi dice di alzare le tasse, Tremonti dice che non si può perché i mercati ci farebbero fare la fine della Grecia. La guerra in Libia ci è costata un miliardo di euro tra bombe e immigrati che sono arrivati qui, tutti i clandestini arrivano dalla Libia. Per abbassare la pressione fiscale i soldi si possono trovare diminuendo le missioni di guerra che costano moltissimo»;
• «Giulio, lascia stare i Comuni, soprattutto quelli virtuosi, che i soldi li hanno. Ci vuole un nuovo patto di stabilità. Caro Giulio, se vuoi avere ancora i voti della Lega in Parlamento non toccare più gli artigiani e le piccole imprese, altrimenti metti in ginocchio il Nord»;
• «Se staremo con Berlusconi? Dipenderà dalle scelte che saranno fatte. Il sostegno della Lega a Berlusconi potrebbe finire con le prossime elezioni politiche»;
• «Tremonti ha fatto delle cose vergognose che neanche la sinistra aveva fatto. Già da martedì voteremo un decreto che mette i paletti all’azione di Equitalia»; • «Sui ministeri Berlusconi aveva già firmato il documento, poi si è cagato sotto»;
• «Che senso ha avere un ministero dell’Industria a Roma? A Roma c’è solo la cultura della burocrazia. Tutti i giorni saremo lì»;
• «Berlusconi non dia nulla per scontato. Può darsi che la Lega dica stop».
• «Se adesso facciamo cadere Berlusconi favoriamo la sinistra. Non ci prenderemo la responsabilità di far andare in malora il Paese. Non possiamo andare da soli anche quando vogliamo. Non ci prenderemo la responsabilità di mandare in malora il Paese, ma può darsi che la gente ci dica stop, basta con Berlusconi, ed allora dovremo decidere tutti assieme».

Sembrerebbe piuttosto che Bossi oscilli. Che voglia nello stesso tempo far cadere il governo e non farlo cadere.
Beh, vediamo le richieste contenute nel volantino. Sono 13, anche se il volantino dice che sono 12 (i discorsi di ieri erano pieni di svarioni, il ministero dell’Industria non esiste più da un pezzo, la storia della Villa Reale a Monza messa a disposizione dal sindaco è un falso perché la Villa non appartiene al sindaco di Monza ma a un consorzio di cui fa parte anche il comune di Milano; l’accenno alla Destra storica è da mani nei capelli, di Rudinì – il presidente del Consiglio del 1898 – era oltre tutto un destro che se la faceva con i radicali, e federalista a tutto tondo). Limitiamoci alle richieste che dovrebbero essere approvate dal consiglio dei ministri entro due settimane, cioè prima di domenica 3 luglio dimezzamento del numero dei parlamentari, senato federale e, soprattutto, riduzione dei contingenti impegnati all’estero.

Riduzione? Quindi non «fine della guerra in Libia»?
No, è una richiesta più moderata rispetto alle grida degli ultimi giorni e anche rispetto al discorso pronunciato poi da Maroni. Ma che possibilità ha di passare in consiglio dei ministri? È in gioco la politica delle alleanze di un governo piuttosto debole nella considerazione degli altri stati. E il dimezzamento dei parlamentari? Ma se non c’è mai riuscito nessuno! I 13 punti sembrano fatti apposta per andare allo scontro.

La storia dei ministeri?
Appunto. A Roma Polverini e Alemanno stanno preparando le barricate. Il presidente della Campania, Caldoro, annuncia una mozione parlamentare per il Sud, in cui si sosterrà – invece – la necessità di un piano per il Mezzogiorno. Parecchie altre richieste sono destinate ad accendere scontri. Bossi vuole la difesa degli evasori, cioè tagliare le unghie a Equitalia e difendere gli imbrogli degli allevatori che hanno fatto i furbi con le quote latte. Piuttosto irricevibile.

I leghisti sul prato come hanno reagito?
Erano stati scelti con cura, hanno avuto il permesso di fischiare solo quando Bossi ha messo in dubbio l’opportunità di far cadere Berlusconi. Per il resto esaltazione del Capo e fiducia cieca in Lui. Un tizio che s’è presentato con uno striscione in cui si chiedeva l’abolizione delle province è stato allontanato con decisione. Gli incazzati che telefonano a Radio Padania sono stati tenuti a distanza. La cifra di 80 mila presenze, fornita da Calderoli per superare i 50 mila del 2009, non sta né in cielo né in terra

[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 20 giugno 2011]