Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  giugno 20 Lunedì calendario

COLLE CONTRARIO. E IL DECRETO SALTO’

«Adesso intervenga il Quirinale...» . Dovrà aspettare, la richiesta che Renata Polverini— e non solo lei — ha avanzato subito dopo l’ultimatum di Bossi da Pontida, ieri. Infatti, sulla pretesa di trasferire alcuni ministeri al Nord il presidente della Repubblica si è già fatto sentire chiaramente, in privato e in pubblico, nelle scorse settimane. E lo sanno bene sia i leader della Lega sia quelli del Pdl. Sotto la spinta affannata del premier Berlusconi, avevano in un primo momento ipotizzato di varare con un decreto legge quel trasloco in grado di placare almeno in parte le smanie leghiste. Poi, dopo esser stati informati «dall’alto» che un provvedimento con quelle caratteristiche non avrebbe superato il vaglio del Colle, se non altro perché privo dei requisiti di «necessità e urgenza» previsti dalla Carta costituzionale, erano ripiegati su una soluzione alternativa. Cioè su un decreto del presidente del Consiglio dei ministri (Dpcm), che in quanto tale non ha bisogno di controfirma del capo dello Stato. Ma anche questa scorciatoia si è rivelata senza sbocchi perché Gianni Letta, potente sottosegretario a Palazzo Chigi, si è fatto tramite dell’avversione di Napolitano. Conveniva sfidarlo con una provocazione costituzionalmente intollerabile? Non era meglio invece perfezionare una proposta mediana, e più accoglibile, di spostare soltanto alcuni dipartimenti e uffici dei ministeri? È su questi interrogativi che la questione si è bloccata, in attesa di vedere che cosa Berlusconi offrirà ai maldisposti alleati del Nord. La partita comincerà a essere giocata sul serio tra domani e mercoledì, con la verifica della nuova maggioranza in Senato e alla Camera. Napolitano, che rinvia ogni commento alla fine di tale passaggio istituzionale, ha comunque fatto sapere in più occasioni come la pensa. L’ultima è stata venerdì, a Verona. Quando, davanti a due figure forti della Lega come Tosi e Zaia, ha ricordato che «la grande scommessa e lo Stato nuovo che vogliamo costruire» ci impongono di recuperare per intero il significato dell’articolo 5 della nostra Magna Charta. Quello in cui l’unità nazionale coesiste con la promozione delle autonomie. Ora, l’idea di smembrare nel territorio gli apparati dell’amministrazione dello Stato, è forse coerente con quei principi? Marzio Breda