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 2011  giugno 20 Lunedì calendario

IL TERZO OCCHIO SI È RIAPERTO

Dinanzi al celebre quadro della pinacoteca i turisti giapponesi stanno tutti con le mani alzate; impugnano il cellulare, o smartphone, e inquadrano. La medesima scena si ripete alla festa di fine d’anno della italianissima scuola materna; mentre i bambini stanno cantando in coro, mamme e papà inquadrano con il visore teso sopra le loro teste.

Sembra che stiano usando il terzo occhio, l’occhio frontale di Shiva, che poi corrisponde nella simbologia indiana al fuoco: la messa a fuoco. In effetti, la macchina digitale che si trova nel cellulare, con cui ora tutti scattano fotografie, o fanno riprese, è un oggetto luminoso, a colori, più colorato della stessa realtà circostante, e che lampeggia sopra le teste di tutti. Somiglia a un altro occhio, un occhio in più. Con l’introduzione dei nuovi sistemi di fotografia elettronica, e la loro inclusione nel cellulare, è cambiato lo statuto stesso della fotografia. Non più foto, bensì immagini. Questo non è solo un fatto concettuale; dal punto di vista materico, la foto non è più l’effetto della luce che s’imprime per via fisica e chimica sulla pellicola, ma diventa un processo elettronico, fisicamente smaterializzato. Ce lo ricorda Qentin Bajac in un recente libro: Dopo la fotografia. Dall’immagine analogica alla rivoluzione digitale (Contrasto). Inoltre, con la rivoluzione digitale è mutata anche la fruizione delle immagini.

Il terzo occhio dei turisti curiosi, o dei genitori ansiosi, ha il potere di rimandare a un altro momento la visione. Quasi nessuno guarda più in macchina, mentre riprende o scatta; la visione avviene dopo, a casa o per strada. Si guarda cosa si è visto; o meglio: cosa ha visto la macchina, il terzo occhio. Quentin Bajac si chiede se la fotografia racconti ancora la realtà, e risponde che ha perduto la sua autorevolezza: non è più legata alla verità. La realtà dell’immagine appare più reale del reale stesso. Il terzo occhio del visore introduce un aspetto che prima non era così esplicito: raccontare una storia. Rimandare la visione significa riceverla in forma narrata, in un tempo successivo, dal medium stesso: intorno alla microcamera del cellulare, un piccolo televisore, ci si raduna come intorno al fuoco dell’accampamento, e lei, la macchina, silenziosamente racconta. La storia è costruita dall’oggetto stesso, e noi ne siamo gli attori-spettatori. Il terzo occhio di Shiva si è riaperto.