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 2011  giugno 20 Lunedì calendario

L’AFRICA CORRE PIÙ DELLA CRISI

L’Ocse ha appena pubblicato l’edizione 2011 del suo Rapporto sulle Prospettive economiche del continente nero. La conclusione del dossier è che l’Africa ha superato bene la crisi mondiale e già nel 2010 ha avviato la ripresa.

Certo, i recenti avvenimenti politici in Nord Africa, l’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari e del petrolio pesano e rallentano la crescita media del Pil del continente. Crescita che sarà comunque del 3,7% a fine 2011, con l’Africa Subsahariana che quest’anno andrà meglio del Nord Africa. Per il 2012 l’Ocse prevede un’accelerazione del Pil africano al 5,8 per cento.

«È indubbio - dice Mthuli Ncube, capo economista e vice presidente della Banca africana dello sviluppo - che l’Africa stia conoscendo una fase positiva, ma vi sono dei rischi. Bisogna stimolare una crescita economica inclusiva che corregga gli effetti delle politiche inefficienti e dell’esplosione demografica». Gli sforzi dei governi insomma devono tendere non solo al business, ma a distribuire la ricchezza prodotta: alla creazione di lavoro, agli investimenti nei servizi sociali, alla formazione. «Se vogliamo che i più vulnerabili non rimangano troppo indietro è importante dare la priorità alla sanità, alla scuola ai servizi di base» spiega Pedro Conceiçao, economista del Programma dello Sviluppo Onu.

Con l’economia che va aumentano i consumi. La classe media emergente in Africa è formata ormai da circa 300 milioni di persone. Persone che hanno una capacità di spesa dai 2 ai 10 dollari al giorno, una massa critica simile a quella che sta emergendo in Cina e in India.

I consumi crescono due o tre volte più in fretta della media dei Paesi Ocse, con tante opportunità di business per le aziende, nelle infrastrutture, nell’industria, nell’alimentare, nell’edilizia, nella logistica e nei servizi. A partire dalle banche: appena il 20% delle famiglie africane possiede un conto corrente, secondo le statistiche dell’African Development bank. Finora molte banche non hanno investito nelle zone rurali ma solo nelle città perché non era conveniente. Ora la tecnologia, con la diffusione massiva della telefonia mobile, permette l’apertura di "sportelli" nei mercati di strada anche nei villaggi più sperduti. Ed è ciò che sta succedendo in molti Paesi: Rwanda, Angola, Kenya, Cameroun, Sud Africa. Con sportelli bancari che sorgono come funghi negli shop di ricariche telefoniche nei mercatini di strada.

In Sudafrica, il paese più sviluppato che produce da solo circa 1/3 del Pil africano, ci sono circa 15 milioni di persone - vale a dire il 30% della popolazione - che non hanno mai avuto conti correnti. Standard Bank, ad esempio, prima banca sudafricana, negli ultimi mesi ha aperto più di 8.300 di questi bank shop nelle zone più interne del paese e nelle townships. Entro fine anno prevede di arrivare a 10mila sportelli. La banca sudafricana offre un conto per le persone a basso reddito senza costi, che prevede solo il pagamento di piccole commissioni per i cash-transfer. E attraverso il sistema delle ricariche telefoniche e gli Sms si sta diffondendo il sistema dei micropagamenti elettronici. Tante persone possono così utilizzare i servizi bancari.

Il 12 giugno i leader di 26 Paesi africani, a Johannesburg, hanno firmato un accordo che lancia ufficialmente i negoziati per creare nei prossimi tre anni una «Grande area di libero scambio» che va dal Cairo a Città del Capo. Un immenso mercato comune che copre tutta la metà orientale dell’Africa e che vale 857 miliardi di dollari di Pil annuo.

«Ci rendiamo pienamente conto della responsabilità collettiva che portiamo verso i padri fondatori di creare un solo mercato dell’Africa. Ci crediamo e accettiamo la sfida», ha detto presentando l’accordo il presidente sudafricano Jacob Zuma. Un altro passo avanti.