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 2011  giugno 20 Lunedì calendario

Sonia Alfano contro Franceschini: fa comizi col giudice amico dei boss - Quel convegno del Pd col procu­ratore antimafia Alberto Cisterna, che parlava al telefono col boss e che da poche ore risulta indagato dalla procura di Reggio Calabria per corru­zione in atti giudiziari

Sonia Alfano contro Franceschini: fa comizi col giudice amico dei boss - Quel convegno del Pd col procu­ratore antimafia Alberto Cisterna, che parlava al telefono col boss e che da poche ore risulta indagato dalla procura di Reggio Calabria per corru­zione in atti giudiziari... Qualche gior­no fa, prima che venisse fuori la noti­zia d­ell’iscrizione nel registro degli in­dagati del procuratore aggiunto della Direzione nazionale antimafia, era stata l’europarlamentare dell’Italia dei Valori, Sonia Alfano, a raccontare sul suo blog la storia che mette in im­barazzo il Pd, e in particolare Dario Franceschini, capogruppo alla Came­ra, e Vasco Errani, presidente della Re­gione Emilia Romagna, «colpevoli», secondo la Alfano, di aver partecipa­to, il 21 maggio scorso, a un incontro pubblico a Forlì proprio con il vice del procuratore nazionale antimafia Pie­ro Grasso. Una toga importante, un «ospite d’eccezione – annota senza cautele la Alfano nel suo blog - che con la criminalità organizzata ha in­trattenuto anche rapporti ».In partico­lar modo con un boss della ’ndranghe­ta, spiega, col quale «ha parlato ben 78 volte al telefono fra il 2005 e il 2007. Un boss mafioso, Lo Giudice, di Reg­gio Calabria, cioè della stessa città nel­la quale per anni Cisterna (...) avreb­be dovuto combattere la mafia». Dei rapporti telefonici tra Luciano Lo Giu­dice e Cisterna si­parla infatti in un ca­pitolo dell’ordinanza di arresto del 15 aprile scorso a carico dello stesso boss, nella quale si ricostruisce la vi­cenda delle intimidazioni contro i ma­gistrati di Reggio Calabria nel 2010. Del presunto collegamento diretto tra il pm della Dna, ospite al conve­gno del Pd, e Luciano Lo Giudice, par­la proprio il «pentito» Antonino Lo Giudice. Scrive il gip Assunta Maiore che secondo Nino, «il fratello Luciano (...) manteneva rapporti con un pm (denominato nel corso dei colloqui captati in ambientale “zio Ciccio”) in servizio per un lungo periodo presso la procura della Repubblica di Reggio Calabria (...) nonché con altro magi­strato ( denominato “l’avvocato di Ro­ma”) in servizio presso la Procura na­zionale antimafia ».Il primo, “zio Cic­cio”, è Francesco Mollace, sostituto procuratore generale di Reggio Cala­bria. L’altro, l’“avvocato di Roma”, è appunto Cisterna, ora indagato (non lo è invece Mollace). Alle due toghe, scrive ancora il gip, «Luciano Lo Giu­dice riteneva di essere così legato da poter chiedere loro un pesante inte­ressamento nelle sue vicende cautela­ri ». Affermazioni inquietanti, a cui i due magistrati hanno replicato con sdegno. Tra i tanti particolari riferiti ai magistrati dal “collaborante” Nino, uno si riferisce all’avvocato del fratel­lo, Giovanni Pellicanò, che gli avreb­be riferito che «Luciano Lo Giudice pagava la sua amicizia con i due pre­detti magistrati che, nella procura reg­gina, sarebbero stati in contrasto con il procuratore capo Pignatone».Un se­condo pentito, Consolato Villani, so­stiene poi che gli attentati reggini na­scono dopo l’arresto di Luciano, per­ché il fratello Antonino «non accetta l’arresto in quanto violava l’immuni­tà ». In uno dei registri di Luciano, si evidenzia ancora nell’ordinanza, c’era il cognome di Mollace seguito dall’annotazione «pastiera grande 1 bottiglia non è stato possibile», e «Ci­sterna », seguito dal numero di cellula­re del pm. Annota, nero su bianco, So­nia Alfano: «Non si direbbe che per quelle telefonate (tra Cisterna e Lo Giudice, ndr ) possa trattarsi di un er­rore o di chiamate a sua insaputa», per poi aggiungere che «secondo il pentito, Cisterna avrebbe anche ac­co­mpagnato il boss Luciano Lo Giudi­ce innanzi ad un esponente dei servi­zi segreti, al quale il boss regalò anche due telefoni cellulari». Dal carcere di Tolmezzo dov’è detenuto, Luciano Lo Giudice invia anche una lettera al procuratore della Dna,contenuta nel­l’informativa del procedimento ri­guardante gli attentati in procura. Ri­sale al 7 maggio 2010. «Carissimo dott. –si legge –è da sette mesi che cer­co­di dimostrare la mia assoluta inno­cenza (...). Dio sa che ho sempre lavo­rato onestamente (...) e voi lo sapete bene (...). Voglio sapere come mi de­vo comportare (...), mi farebbe molto piacere fare un colloquio con Voi e darvi tutte le delucidazioni possibili (...)». Il pm «sotto accusa», interroga­to a giugno, ha ammesso di aver cono­sciuto il boss, ma solo «in quanto fre­quentava la rimessa di barche di tale Spanò». Nel suo blog la Alfano scrive: «Questi contatti Cisterna non li ha ne­gati, semplicemente ha tentato di farli rientrare nel suo “dovere per conto della Repubblica”.Mi sembra una po­sizione pericolosamente zoppican­te ». Delle telefonate accertate, Cister­na dice infatti che complessivamente durano «non più di 7 o 8 minuti in due anni e mezzo». A parte la novità dell’indagine per corruzione, il resto era già cronaca no­ta, ma ciò non ha impedito al Pd di in­vi­tare Cisterna al dibattito. Il reato og­gi contestato al vice di Grasso nasce da un’altra parte del racconto di Lo Giudice, quella che riguarda un terzo fratello, Maurizio. Ai giudici il pentito aveva detto: «Per quanto riguarda la scarcerazione di Maurizio (...) mi sem­bra che Luciano ne parlò con Alberto Cisterna. Che poi, dopo che ha avuto buon esito, Luciano mi disse che gli aveva fatto un regalo, e mi fece inten­dere soldi, molti soldi». Una «grossa somma» non meglio specificata. Sonia Alfano, che già una settima­na fa sul suo blog si era chiesta «se per il Pd i magistrati esemplari sono quel­li come Cisterna, anziché i pm paler­mitani o quelli milanesi dei processi a carico di Silvio Berlusconi», appresa la notizia dell’apertura del fascicolo sul pm antimafia, ha scritto: «Ribadi­sco il mio appello al Pd: prendete posi­zione, abbiate il coraggio di ammette­re il clamoroso passo falso compiuto a Forlì».