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 2011  giugno 20 Lunedì calendario

WIMBLEDON, IL TORNEO DEGLI ELETTI

Ogni anno è la stessa storia. «Forse passo da Londra, verrei volentieri a Wimbledon. Mi trovi un biglietto?». Nessuno, tra chi non ci è mai stato, crede che, da gennaio, da quando si è svolto il ballott, il sorteggio tra i richiedenti che hanno inviato assegno per ottenere due posti numerati, biglietti non ce ne sono più. O meglio. Ne rimangono 1500 ogni mattina, offerti ai coraggiosi che affrontano la coda notturna – mai provarci dopo l´alba - coda che rappresenta anche un simbolo di aficion, e la possibilità di divertirsi, come in campeggio, tra tende e grigliate e birre.
Al povero Scriba, nonostante ci abbia giocato – male - due volte, e ci sia andato, primo cronista italiano della storia, nell´anno di fondazione del Giorno, 1956, biglietti niente, se non, rarissimi, quelli – pagati, of course - agli amici Chairman, Presidenti, tra i quali l´ultimo, Tim Phillips, si è ahimè, appena dimesso, e bye bye, lui e l´introvabile biglietto. Toccano, i biglietti invito, alla Famiglia Reale, quasi sempre assente, al Duca di Kent, Presidente Onorario dello All England Tennis and Croquet Club, e ai Signori Soci, costretti ad affrontare prove da catecumeni per diventare tali.
Se aveste occasione di dare un´occhiata, il mattino, nei dintorni del cottage che affitto ormai da mezzo secolo, vi trovereste benissimo accolti da bei signori con il cappello ornato da una nastro verde e viola, e stretti al collo da una cravatta, sempre verde viola, i colori del Club. Questi signori, nella vita membri della Upper Class, affrontano per alcuni anni una prova fideistica, svolgendo il compito di Honorary Steward, e cioè di incaricati, per rendere più facile l´accesso al pubblico. E attendono il battesimo che li ammetterà tra i trecentosettantacinque privilegiati Member, che li avevano preceduti nella trafila. Le storie di ognuno di loro non sarebbero male per tracciare una struttura romanzesca sulla società britannica, ma la mia modestia di Scriba mi consentirà, spero, di rimemorarne una, secondo me emblematica, quella del Maraja.
Torniamo indietro nel tempo, quando l´India non è più una colonia britannica, e i capi di Stato, i Maraja, vengono spossessati. Uno di loro, appassionatissimo di tennis, si trasferisce allora a Londra, in un grande appartamento del Mayfair, e un suo amico Socio inizia ad invitarlo a far quattro palle. Gioca benino, è sempre pronto all´acquisto delle Dunlop e dei pimms, e appare insomma dotato di qualità indispensabili per divenire un Member, un Socio. Lo invitano ad avventurarsi nel noviziato di Steward ed ecco che qualcuno abbastanza vecchio come lo Scriba ricorda di esser stato accolto da un inatteso gentleman in blazer blu e turbante. Passa un giorno passa un anno, due anni, tre anni, ma il Maraja non viene accolto quale Full Member. Il suo abituale partner, medico, fa presente al Comitato che il Maraja non gode di una grande salute, e non sarebbe insomma un errore affrettare, almeno un tantino, le pratiche. Nonostante il Comitato si riunisca per valutarne la possibilità, la pratica sembra andare per le lunghe, sinché, forse per la mediocre salute, si vede sempre meno spesso il Maraja in campo, sinché, un giorno, la sua presenza svanisce.
Incuriosito, uno dei membri giunge a permettersi una telefonata, alla quale il Segretario del Maraja risponde con la dignità consentita a qualcuno in lacrime: il suo padrone giace fuori conoscenza, vegliato dai famigliari appositamente ritornati dall´India. A simile notizia, i Signori Membri decidono di convocare una riunione straordinaria del Board, e di concedere al povero Maraja la Full Membership, augurandosi che un barlume di conoscenza gli consenta di prender atto del grande onore concessogli. Ma nulla accade, per una, due, tre cinque settimane, sinché, all´inizio degli Championships, ecco riapparire il Maraja, in compagnia dell´amico medico e di un servitore impegnato a difenderlo dalla pioggia con l´ombrello. Sorridente, arzillo, elegantissimo nel suo blazer e nella cravatta viola e verde del Club, si assise nella speciale tribuna del Centre Court, e lo si vide poi spostarsi nella Member Enclosure, in cui, assieme alle Fragole con Panna, non tardò ad offrire ai presenti una bottiglia di Champagne millesimé. Ma devo ammettere che questa, così come i cinquantacinque anni passati a Wimbledon dallo Scriba, è una storia vecchia, vecchia quanto il Maraja che è ormai morto davvero. Sepolto, of course, con al collo la cravatta verdeviola.