
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Se si presta credito alle dichiarazioni di ieri, il Congresso darà a Obama il via libera per l’operazione in Siria. Barack ha incontrato il presidente della Camera, che è un repubblicano e si chiama John Boehner: costui ha assicurato il suo appoggio: «Ho intenzione di sostenere l’appello del Presidente. Solo gli Stati Uniti hanno la capacità di fermare Assad». All’incontro era presente anche Nancy Pelosi, leader dei democratici alla Camera. Via libera anche da qui: «Non credo che il Congresso boccerà la proposta di Obama a favore del raid in Siria». Stesso sentimento nelle dichiarazioni di Mitch McConnel, leader dei repubblicani al Senato, e di Carl Levin, democratico, presidente della Commissione Difesa. Obama, invitato il Congresso a votare presto (le vacanze dei parlamentari non finiranno in nessun caso prima di lunedì prossimo), ha ribadito che si sta ragionando intorno «a un intervento limitato e proporzionato che invierà un messaggio non solo al regime di Assad ma anche ad altri Paesi che in futuro volessero sfidare le norme internazionali usando le armi chimiche». Un ostacolo potrebbe venire dall’Onu. Il segretario generale, Ban Ki-Moon, ha detto che se Assad ha effettivamente usato le armi chimiche, il Consiglio di Sicurezza deve mostrare unità e decidere le misure da adottare. Ma «dobbiamo passare attraverso il Consiglio di sicurezza, alla forza si può ricorrere solo con l’approvazione del Consiglio di sicurezza». È un ostacolo sulla via di Obama, perché nel Consiglio di sicurezza siedono Russia e Cina, e Russia e Cina hanno intenzione di porre il veto a qualunque azione contro Assad.
• C’è poi anche il problema di capire se effettivamente le armi chimiche sono state usate da Assad.
Gli americani, e in particolare il segretario di Stato John Kerry, si dicono sicuri, anche se i risultati delle ispezioni condotte sul sito di Damasco Est non saranno noti prima di quindici giorni. I ribelli siriani hanno fatto sapere che il capo dei medici legali di Aleppo è passato dalla loro parte perché ha saputo che, nell’attacco alla città dello scorso marzo, Assad aveva usato armi chimiche. I russi invece sono di convinzioni opposte: «Abbiamo le prove: nell’attacco del 21 agosto le armi chimiche sono state adoperate dai ribelli». Il ministro degli Esteri, Lavrov, ha aggiunto che le prove mostrate dagli americani sono assolutamente «non convincenti», frase poi ribadita dallo stesso Putin. L’ambasciatore siriano a Mosca, Riad Haddad, sostiene di avere le foto «in cui sono visibili il luogo e l’orario del lancio del razzo».
• Gli iraniani?
Stanno sempre dalla parte di Assad, e si propongono come mediatori, un ruolo che, data la loro posizione, sarà difficile riconoscergli. Assad intanto ha dato un’intervista a “Le Figaro” in cui lancia tre messaggi: 1) «In caso di intervento militare c’è il rischio di una guerra regionale. Tutti perdono il controllo» (cioè minaccia azioni terroristiche e rappresaglie); 2) «Chiunque rafforzi i terroristi sarà considerato un nemico della Siria e ci saranno conseguenze»; 3) È «illogico» sostenere che l’esercito siriano abbia fatto uso di gas.
• Ma prima che l’attacco sia scatenato, non si potrebbe tentare una qualche via diplomatica?
Il Cremlino intende discutere della situazione siriana durante il prossimo G20. Si sa anche di un incontro tra il capo degli Hezbollah, Hassan Nasrallah, e il presidente della commissione parlamentare iraniana, Alaeddin Boroujerdi, All’ordine del giorno: come rispondere al prossimo attacco Usa. È pure importante la lettera scritta da 250 organizzazioni della società civile araba a Obama e Putin. Si chiede ai due padroni del mondo di dare inizio a «un processo negoziale credibile e inclusivo, che garantisca l’adeguata rappresentanza di uomini e donne di tutte le diverse comunità di Siria». Si concordi un cessate il fuoco generale e si convochi una conferenza internazionale (una Ginevra 2) che disegni una road map per l’uscita dalla guerra civile. Soprattutto «si evitino un’escalation del conflitto e azioni che possano compromettere la spinta alla pace». Quest’ultima frase si riferisce evidentemente a Obama e alla sua intenzione di bombardare la Siria dal mare.
• A proposito, gli americani hanno mandato altre navi nell’area?
No, c’è una nave russa che si sta avvicinando alla zona, è la Priazyovye, da ricognizione, specializzata cioè nel raccogliere informazioni. Su quel mare comunque, oltre alle sei cacciatorpediniere americane, incrociano molte navi russe.
• L’appello del Papa al digiuno contro la guerra potrebbe aiutare il processo di pace?
Temo di no purtroppo. Anche se la giornata di sabato prossimo, 7 settembre, si presenta carica di significati. Il Papa stesso presiederà, in San Pietro, una veglia di preghiera dalle 19 alle 23. Sotto il colonnato e al braccio di Costantino saranno allestiti dei confessionali. Hanno aderito alla giornata di digiuno l’arcivescovo metropolita Eustathius Matta Roham, la comunità musulmana di Cagliari e quella delle Filippine. Si annunciano altre adesioni di comunità e fedeli di tutte le religioni. Si sono affrettati ad annunciare la loro intenzioni di digiunare anche i ministri italiani Lupi e Mario Mauro. La Bonino aderirà a una tre giorni di digiuno (venerdì, sabato e domenica) annunciata dai radicali.
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