Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Sull’ultima polemica politica, quella relativa alla giustizia, c’è da registrare questa frase di Veltroni, detta a Parigi dove erano riuniti i premi Nobel per la Pace: «Il comportamento del presidente del Consiglio è del tutto irresponsabile». Berlusconi gli ha risposto da Bruxelles: «Ditemi come si può dialogare con chi ti dice che sei un dittatore, che in Italia c’è un regime, che è colpa tua, che sei Hitler, che sei Videla, che sei il diavolo, che sei un corruttore politico... voi vi siedereste al tavolo con chi ha di voi questa opinione? E’ impossibile, sarebbe una farsa inaccettabile a cui nessuno si potrebbe prestare».
• Se si potessero riassumere le puntate precedenti…
Ma niente. Berlusconi l’altro giorno, parlando alla presentazione del libro di Vespa, ha detto che, subito dopo le vacanze, riformerà il sistema della giustizia cambiando anche la Costituzione, e lo farà senza stare a sentire quello che vuole l’opposizione.
• E lo può fare?
Sì, lo può fare. La Costituzione stessa, all’articolo 138, regola il modo con cui si può cambiarla: bisogna che le due Camere approvino i nuovi articoli per due volte passando da un voto all’altro non meno di tre mesi di tempo. Se la seconda volta sia la Camera che il Senato dicono sì con una maggioranza dei due terzi, la riforma è approvata definitivamente. Altrimenti la parte riformata si può sottoporre a referendum, su richiesta di un quinto dei membri di una Camera o di mezzo milione di elettori o di cinque consigli regionali. Se al referendum prevalgono i “no”, la riforma non è approvata.
• Non abbiamo sperimentato qualcosa del genere col federalismo durante la legislatura di Berlusconi?
E già, nella legislatura 2001-2006 le Camere avevano approvato una riforma della Costituzione in senso federale, che tra l’altro diminuiva il numero dei parlamentari e istituiva il premierato. Il centro-sinistra gli fece la guerra e la fece decadere con un referendum (25-26 giugno 2006). Stavolta Berlusconi è intenzionato a promuover lui un referendum, dopo l’approvazione delle due camere, per vedersi confermare la riforma e spuntare un’arma che è nelle mani dell’opposizione. Il Cavaliere si basa sui buoni sondaggi di adesso e ipotizza che la sua popolarità non cali nel tempo. Anche procedendo a tutta velocità, la riforma del titolo IV della Costituzione - quello che riguarda la magistratura – non potrà essere varata dal Parlamento prima della Pasqua 2010. Il referendum potrebbe aver luogo quell’autunno, quando mancherà poco alle politiche. Insomma, sarà da vedere.
• In che consiste questa riforma della magistratura?
Si tratta sostanzialmente di due punti e il bello è che sono gli stessi affrontati dieci anni fa da una commissione, detta Bicamerale, che, su iniziativa dell’allora premier D’Alema, si proponeva di modernizzare la nostra Carta. Anche allora, la questione giustizia alla fine si riduceva alle seguenti due domande: è possibile che il pubblico ministero (cioè l’accusa) e il giudice chiamato nel processo a giudicare appartengano allo stesso ufficio? Questo non mette in una condizione d’inferiorità l’accusato? Domande a cui si replicava con la seguente obiezione: ma l’accusatore che non appartenesse allo stesso ufficio del giudice – e che dunque non avesse più l’autonomia garantita dagli articoli 101 («I giudici sono soggetti soltanto alla legge») e 104 («La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere») – non sarebbe subito sottomesso al potere politico? E la seconda questione: è giusto che il Consiglio Superiore della Magistratura, che governa gli uomini che esercitano quel potere, sia formato per due terzi da giudici e solo per un terzo da membri scelti dal Parlamento?
• E Berlusconi, su questi due punti, che cosa pensa?
Pensa che le carriere di pubblici ministeri (i giudici che accusano) e di giudici giudicanti debbano essere separate o che almeno i due giudici debbano appartenere a due ordini diversi. E che il Consiglio Superiore della Magistratura debba essere composto da più politici e meno magistrati e che probabilmente vada diviso in due: una parte per regolare la vita dei pubblici ministeri e l’altra per amministrare i giudici giudicanti. C’è un altro punto: la Costituzione prevede che «il pubblico ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale». Cioè, se sa di un reato, il pm deve intervenire. Nella mente di Berlusconi questa regola va precisata: la notizia di reato, per poter muovere il pm, dovrà essere contenuta in una relazione approfondita preparata dalla polizia giudiziaria. Il pm, cioè, non avrà la libertà di movimento di adesso. Sono temi enormi e nel cui merito entreremo parecchio nelle prossime settimane. Cercando di rappresentare bene, come sempre, le ragioni degli uni e degli altri. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 12/12/2008]
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