Financial Times, 12 dicembre 2008, 12 dicembre 2008
Attorno al pellegrinaggio verso la Mecca dei fedeli musulmani c’è un enorme giro d’affari. La Mecca, prima di diventare una città-simbolo per la fede musulmana, era nell’antichità un centro nevralgico del commercio nella penisola arabica, e la tradizione continua oggi con i venditori locali che aspettano tutti i giorni dell’hajj (come viene chiamato il pellegrinaggio) per fare grandi affari
Attorno al pellegrinaggio verso la Mecca dei fedeli musulmani c’è un enorme giro d’affari. La Mecca, prima di diventare una città-simbolo per la fede musulmana, era nell’antichità un centro nevralgico del commercio nella penisola arabica, e la tradizione continua oggi con i venditori locali che aspettano tutti i giorni dell’hajj (come viene chiamato il pellegrinaggio) per fare grandi affari. Durante i 10 giorni santi, che sono terminati giovedì scorso, i venditori d’oro riescono a piazzare il doppio delle vendite di tutto il resto dell’anno. ”Tutto quello che viene comprato alla Mecca ha un valore particolare. A molti pellegrini i parenti chiedono di comprare qui l’oro per il loro matrimonio” spiega uno di loro. Quest’anno sono arrivati almeno 2,5 milioni di pellegrini, contribuendo per quattro miliardi di euro agli incassi del settore privato. Il governo saudita conta di riuscire a ospitare 20 milioni di pellegrini all’anno tra l’hajj e l’umra, che è un pellegrinaggio musulmano minore. Molti pellegrini – soprattutto provenienti dall’Asia e dall’Africa – portano con loro prodotti da vendere per riuscire a permettersi il viaggio di ritorno. Una situazione che trasforma la Mecca durante ”hajj in un enorme mercato a cielo aperto: gli egizi e i siriani portano bestiame e prodotti agricoli, gli iraniani tappeti e stoffe, i pakistani vendono giada e gioielli, gli indiani seta e spezie. I caravan più ricchi provenienti dall’Africa trasportano oro e avorio. Molti pellegrini hanno risparmiato tutta la vita per essere in grado di fare grandi affari durante l’hajj, ma la complessità delle leggi di frontiera hanno trasformato, in molti casi, questo commercio in contrabbando. Si racconta di gioielli nascosti sotto le parrucche o nei bastoni da pellegrinaggio.