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 2008  dicembre 12 Venerdì calendario

Ci sono tanti modi per raccontare il Pd e la balcanizzazione delle primarie, che da strumento di democrazia si è trasformato in una palla da bowling

Ci sono tanti modi per raccontare il Pd e la balcanizzazione delle primarie, che da strumento di democrazia si è trasformato in una palla da bowling. Uno di questi modi è salire sul Mugello, lasciandosi alle spalle la situazione già abbastanza kafkiana di Firenze, e arrivare a Vicchio, un paese medievale che ha dato i natali a Giotto e al Beato Angelico, ma anche al mostro di Scandicci Pacciani. «Per carità, scriva tutto quello che vuole su questi bischeri di politici, ma non ricordi quel porco di Pacciani», implora il pittore di paesaggi agresti Giovanni Paladini. Nella sua bottega d’arte c’è Giovanni Bolognesi, un altro pittore dall’aria sconsolata: «L’è tutta una questione di seggiola. Levati tu che mi ci metto io». «’So miserie - aggiunge Paladini - e il povero segretario del Pd va in giro come un disperato a inseguire tutti questi galli e galline». La «gallina» sarebbe il sindaco uscente Elettra Lorini, ma a chiederle di farsi più in là è il suo vicesindaco, Carlo Zacconi, voluto da lei in giunta. Poi c’è l’ex sindaco, Emanuele Alessi e siamo a tre, ma si arriva fino a cinque candidati con Roberto Izzo e Simone Lazzerini. Tutti del Pd, amici e compagni ex Ds e Margherita in corsa per le primarie dell’1 febbraio. Primarie di coalizione, perché c’è un sesto candidato, il socialista Bruno Becchi che sgomita per farsi scegliere come sindaco dai quattromila votanti di Vicchio. E non è un caso eccentrico o isolato. Nella (ex) Toscana rossa il Pd sembra dare il meglio di sè. Firenze è l’esempio più eclatante, ma poi ci sono paesini poco più di uno sputo come Collesalvetti con 6 candidati alle primarie e Montespertoli con cinque. Quasi tutti ex comunisti. Il «vinattiere» Michele di Vicchio dice di ricordarselo bene il Pci da queste parti: «La segreteria decideva un candidato unico e nessuno fiatava più. Certo una volta era magari troppo esagerato, adesso è un bordello». Al «Bar Baraonda» (non è un nome inventato) un gruppo di manovali con le mani grosse e i pantaloni imbrattati di calce si mettono a ridere quando il cronista chiede loro un parere sulle primarie fratricide. Bevono birra e prosecco. Matteo alza il bicchiere e brinda: «Vinca il peggiore». A Piazza Giotto l’edicolante Daniela Landi racconta che questa corsa a fare il sindaco è assurda, non la capisce. «I problemi sono tanti e i soldi sono pochi. Io il sindaco non lo farei nemmeno morta. Quando la sindachessa viene a comprare il giornale, tutti le dicono che hanno un problema: non ha il tempo di prendere un caffè. Secondo me in queste primarie la politica non c’entra nulla. E’ una questione di personalismi». Violetta Zoi ha una tintoria dove ha raccolto le firme per uno dei candidati. Mentre la sua impiegata-stiratrice russa Lina Kamskova balla e fa le piroette per spiegare come vede i politici, Violetta dice che «i candidati boni non ”so mica tanti». «L’è bono Roberto Izzo, un ex democristiano Margherita. Spero ch’ella va via». Ella è il sindaco Elettra. Proviamo con Oliviero, volontario che tutti i pomeriggi apre la sede dell’Arci e promette per martedì tombola, per mercoledì un corso da ballo, sabato pizza per tutti. «Signore mio, che vuole che le dica, siamo avviliti. Bastavano due candidati, ma siccome ormai viviamo tra i bischeri ci dobbiamo adattare. La gente non ci crede più. Fino ai Ds si sapeva chi comandava». Arrivano due ragazzi di 15-16 anni: vogliono giocare a ping pong. Tentiamo la domanda. «Primarie...?». Guardano il giornalista come un marziano con le antenne in testa. Il tabaccaio Matteo Fenni ha la fila di persone che vogliono giocare all’Enalotto. Spiega che a Firenze come a Vicchio «c’è la corsa alla poltrona, ma tanto a giocarsela sono sempre loro: qui forse non c’è neanche il candidato della destra». Il macellaio Alfredo ha il negozio vuoto e anche lui soffre di nostalgia, dei comunisti di una volta e delle sue vendite. Ma andiamolo a sentire un ex comunista: è il segretario del Pd, si chiama Luciano Petti, fa il falegname. A lui è addossata la colpa di non sapere reggere il partito. «In effetti, è difficile far capire alla gente cosa stia succedendo. Io avevo detto di andare alle primarie con due candidati, ma mi hanno risposto che è meglio offrire un ventaglio più ampio e democratico di scelta. Mi sembra eccessivo e un po’ imbarazzante. Nel Pd a livello nazionale c’è tanta confusione. Mi sarei aspettato un’opposizione più dura. Sa, questa confusione e indecisione si trasmette anche a noi in periferia». Stampa Articolo