Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Il Congresso degli Stati Uniti ha approvato gli aiuti per 15 miliardi di dollari da destinare all’industria dell’auto. Questa somma dovrebbe permettere a General Motors, Chrysler e Ford di tirare avanti fino alla fine di marzo. A quella data, i tre gruppi contano di essersi ristrutturati in modo da non aver bisogno di altro denaro.
• E chi lo dice?
Beh, c’è intanto un punto importante: qualche giorno fa lo Uaw, United Auto Workers cioè il sindacato metalmeccanico, ha ufficialmente preso atto della situazione pre-fallimentare delle tre big di Detroit e s’è detto pronto a cambiare i contratti di lavoro, a non difendere l’occupazione a spada tratta e a rinunciare anche a una serie di benefici garantiti fino a ieri, come il job bank, una specie di cassa integrazione. Anche il sistema sanitario, che finanziariamente pesa assai sui conti delle aziende, sarà profondamente rivisto. Quindi da quel lato gli amministratori delegati delle tre società, gente di cui gli americani chiedono ogni cinque minuti la testa, possono star tranquilli. Il problema è che l’acquiescenza del sindacato non sarà sufficiente.
• E allora?
I 15 miliardi sono stati concessi in cambio di garanzie pesantissime. Intanto non si tratta di un’erogazione a fondo perduto, ma di un prestito da restituire in 5 anni, al tasso del 5% fino al 2011 e del 9% nel biennio successivo. Le tre aziende cederanno il 20% delle loro azioni allo Stato, cosa che ha fatto gridare alla nazonalizzazione, ma impropriamente: fece qualcosa di simile anche Truman con le acciaierie nel ”52. Inoltre sono cancellati per sempre i benefici più vistosi: tetti ai compensi dei manager, niente jet privati, niente dividendi agli azionisti. Infine, sarà nominato uno zar a controllare che le tre case automobilistiche filino dritte e si presentino all’appuntamento del 31 marzo ripulite da cima a fondo.
• In che senso uno zar?
Nel senso che il presidente Bush darà a un uomo di sua scelta (ma concordato con Obama) i pieni poteri su queste tre aziende. Egli potrà, in presenza di azioni non coerenti con lo stato di crisi, decretarne il fallimento immediato. I tre amministratori delegati non potranno decidere nessuna spesa superiore ai 25 milioni di dollari senza avere la sua autorizzazione. 25 milioni di dollari possono sembrare una grossa cifra, ma in realtà questa regola dà allo zar il diritto di mettere il naso sul lancio di nuovi modelli o sull’apertura di nuove fabbriche. Lo zar dovrebbe essere il vecchio Paul Volcker, 81 anni, che fu già presidente della Federal Reserve.
• Sa che non mi capacito del fatto che grandi case automobilistiche come la General Motors o la Ford possano chiudere? Ma la Opel non è General Motors?
Sì, e infatti ha già chiesto alla Merkel un miliardo. Le è andata subito dietro anche la Volkswagen, i cui conti però sono buoni. Allora sa che trucco hanno usato? Siccome hanno messo in piedi una banca e una finanziaria per gestire i loro soldi (la VW Bank e la VW Financial Service), vorrebbero accedere ai 500 miliardi stanziati dal governo per aiutare la finanza in crisi. Potrebbe fare qualcosa del genere anche la Daimler, che possiede una German Bank. Eh sì, amico mio, l’auto è in crisi dappertutto. Non le dico poi con le macchine di lusso. In Inghilterra le ordinazioni di Aston Martin sono crollate del 70 per cento. Il Financial Times ha scritto l’altro giorno che a Londra si può comprare una Porsche 997 Turbo Cabriolet per 90 mila sterline: l’anno scorso ne costava 130 mila. Una Bentley coupè da 247 mila adesso te la porti via per 147 mila. Una Rolls Royce Phantom da 350 mila si compra a 275 mila…
• E la nostra piccola Fiat?
È tra quelle che sta meglio di tutte e, pur in presenza di un calo degli ordinativi che non poteva non riguardarla, ha aumentato nettamente la sua quota di mercato. Tenga conto che a ottobre il settore ha registrato una flessione del 34,3%: sono dati di ieri. No, il problema della Fiat è un altro e lo ha illustrato bene lo stesso Marchionne: nel futuro non ci sarà posto nel mondo che per sei gruppi automobilistici, ciascuno dei quali dovrà sfornare almeno sei milioni di vetture l’anno. La Fiat ne fa oggi 2 milioni e mezzo. E dunque dovrà trovare, nel mondo, uno o due partner con cui fare massa e arrivare ai fatidici sei milioni. Questa alleanza metterà certamente la Fiat in minoranza. Capisce cosa voglio dire? Un soggetto che ha determinato la vita del nostro Paese dando lavoro a centinaia di migliaia di persone potrebbe trovarsi nella condizione di trasferire altrove i propri centri di progettazione e produzione e persino l’indotto potrebbe in un futuro non lontano non essere più italiano. Prepariamoci, perché in un momento non troppo lontano l’ora dell’auto scoccherà anche da noi. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 11/12/2008]
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