Giuseppe Guastella, Corriere della Sera 11/12/2008, 11 dicembre 2008
MILANO
Voleva farla finita con il calcio Christian «Bobo » Vieri. Era la depressione, certificata da una perizia medica che il bomber ha appena depositato alla decima sezione del Tribunale civile di Milano. Per nove mesi l’ex attaccante della Nazionale e di Juventus, Atletico Madrid, Lazio, Inter, Milan, Monaco e Fiorentina, prima di andare all’Atalanta è stato sul punto di appendere le scarpette al chiodo quando nell’autunno 2006 seppe dai giornali che, nell’ambito dell’inchiesta Telecom, era stato trovato un dossier su di lui dal quale emergeva che era stato pedinato e che, altrettanto illegalmente, erano stati acquisiti i suoi tabulati telefonici. «Volevo lasciare il pallone, la passione della mia vita. Ancora oggi non riesco a capire perché mi hanno controllato», racconta.
Un fascicolo che, secondo l’accusa, sarebbe stato formato da Emanuele Cipriani, titolare dell’agenzia investigativa Polis d’Istinto, su richiesta dell’Inter che voleva capire come mai il rendimento atletico del bomber fosse precipitato ai minimi. Ad aprile 2007, Vieri ha fatto causa a Telecom e Inter chiedendo un risarcimento di 12 milioni di euro alla prima e di 9 milioni e 250mila alla seconda per danni all’immagine, alla vita di relazione e per mancati guadagni. Dopo che i pm di Milano hanno chiuso l’inchiesta chiedendo il processo per 34 persone e per le due società, il legale di Vieri, l’avvocato Danilo Buongiorno, ha depositato nella causa civile la perizia medica e alcuni atti dell’indagine penale.
Vieri domenica è tornato al gol con la maglia dell’Atalanta dopo una lunga astinenza. Dice di essersi ripreso completamente, ma non nasconde che in lui qualcosa a 35 anni è definitivamente cambiato: «Ho passato un periodo in cui non uscivo più di casa, ho cominciato ad avere paura di tutto e a sospettare di tutti, io che non avevo nulla da nascondere. Ora vedo le cose in modo diverso, sono più sospettoso e diffidente».
La vicenda ha anche ritardato di otto mesi il suo ingresso nell’Atalanta con un contratto che, due anni fa, gli «garantiva » uno stipendio di soli 1.500 euro al mese, ma con un gettone da 100mila euro a gol. «Ero talmente prostrato che non volevo neppure fare fisioterapia dopo un infortunio». L’Inter, però, sostiene che la depressione gli era venuta prima. Il centravanti non lesina critiche al mondo del calcio, che definisce «marcio» e che accusa di non rispettare i calciatori come persone: «Forse stavo attraversando un periodo in cui non facevo gol. normale per un calciatore, può succedere. Loro cosa credevano? Che passassi le notti in discoteca? Che non mi allenassi? Ci voleva poco per saperlo. La mia vita è limpida, non ho segreti. Solo casa e lavoro. Professionisti come me ce ne sono pochi nel calcio. E invece loro che fanno? Mica mi contestano qualcosa. Mi fanno pedinare di nascosto. Non si può giocare con la vita della gente».
Ovviamente non si accorse di nulla: «Dopo, ripensandoci, ho notato in quel periodo che i giornali sapevano tutto di me e dei miei movimenti. Ho il sospetto che qualcuno li informava». Di questo non c’è prova. Bobo è «amareggiato e deluso», prima di tutto dal comportamento del presidente Massimo Moratti. «Con lui avevo un rapporto ottimo, quando segnavo. Poi le cose sono cambiate». «Moratti ha dichiarato alla giustizia sportiva di non aver mai chiesto al capo della sicurezza Telecom Giuliano Tavaroli di intervenire. Le prove che abbiamo depositato contraddicono le sue affermazioni», precisa l’avvocato Buongiorno. Il centravanti è determinato ad andare fino in fondo: «Non per soldi. Per giustizia. Ho subito danni pesanti perché non avevo la testa per pensare a nulla». Rivela che anche «le trattative con alcune società straniere si interruppero a causa dell’eco internazionale che ha avuto la mia vicenda. Mi telefonavano e mi chiedevano che cosa avevo combinato, che nascondevo».
Guarito dagli infortuni, Bobo torna in campo. Domenica è entrato all’82’ e cinque minuti dopo ha segnato la sua prima rete stagionale. Giura che non sarà l’ultima.
Giuseppe Guastella