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 2008  dicembre 11 Giovedì calendario

Libero, giovedì 11 dicembre 2008 Un giovane partigiano, mitra in spalla e fazzoletto al collo, si fa fotografare tra i cadaveri straziati di Mussolini, della Petacci e degli altri morti ammazzati, mentre controlla l’identità del Dittatore: la biografia per immagini di Pasquale Chessa (Dux, Mondadori, pp

Libero, giovedì 11 dicembre 2008 Un giovane partigiano, mitra in spalla e fazzoletto al collo, si fa fotografare tra i cadaveri straziati di Mussolini, della Petacci e degli altri morti ammazzati, mentre controlla l’identità del Dittatore: la biografia per immagini di Pasquale Chessa (Dux, Mondadori, pp. 400, euro 25) inevitabilmente si chiude con la «macelleria messicana» di Piazzale Loreto (la definizione è di Ferruccio Parri) e con le macabre foto destinate a diventare cartoline-ricordo. Al pari di quelle che avevano immortalato il Duce trionfante e che per vent’anni avevano contribuito a rafforzare il suo mito. Perché nel tempo in cui le masse si nazionalizzano, l’immaginario e il reale si confondono e nascono nuove forme di culto laico con ricche simbologie, il Capo, bello e impossibile, si offre come l’incarnazione dell’Uomo Nuovo. E la fotografia lo racconta, nello svolgersi degli eventi, fino agli esiti fatali. Immagini, immagini forti. E Chessa ce ne offre una bella collezione, attingendo ad archivi pubblici e privati, e proponendo anche molti inediti, come le foto di Vitullo dell’archivio Agi. Da tutte, anche dagli scatti rubati, anche da quelli che colgono il Duce in atteggiamenti poco compatibili col mito e la statua dal profilo cesariano, emerge un dato indiscutibile: Mussolini era figlio della modernità, dunque ben consapevole di quanto fossero importanti gli strumenti della comunicazione di massa ai fini dell’edificazione dello Stato totalitario e della conquista e del rafforzamento del consenso. I giornali, la radio, il cinema, la pubblicità: l’Era Fascista se ne nutriva con appetito insaziabile. La fotografia, poi, fissava le realizzazioni del Regime (si pensi alle città di nuova fondazione) e lo spettacolo ( le adunate, le sfilate, le commemorazioni, le ricorrenze, le feste) nel presente e a futura memoria. Un archivio mobile da arricchire quotidianamente, perché ogni nuovo traguardo diventasse un evento "palpabile". Al centro, il Duce. Che tra l’altro sapeva come mettersi in posa, curava ogni dettaglio della propria immagine e, in particolar modo, di quelle che andavano all’estero e che dovevano presentarlo come un grande innovatore della politica, e dunque un grande costruttore, ma anche come un uomo di Stato rassicurante. Un ex rivoluzionario che era diventato primo ministro a 39 anni. Ben presto anche un’icona borghese. Già nel 1923, infatti, la patinata "Illustrazione Italiana" lo ritrae a cavallo, vestito di tutto punto in bombetta e stivaloni. «Foto altamente spettacolare - commenta Chessa - e didascalia rispettosamente istituzionale: "La passeggiata mattutina del presidente"». Presidente Divo e Duce che ha preso il posto del Vate D’Annunzio. Ormai la sua immagine non ha rivali. E lui al suo mito ci crede. Ne è interprete principale e regista. Emil Ludwig racconta che, osservandolo non visto mentre si preparava ad arringare la folla dal balcone di piazza Venezia, notò in lui i «tratti del drammaturgo» nel momento in cui si appresta a dirigere la messa in scena. La messa in scena e la massa che riempie la scena. Del resto, il Duce è convinto che la politica sia un’arte. L’arte ha un’estetica. Nazionalizzazione e secolarizzazione delle masse significano estetica della politica, liturgia, coreografia. Il Duce modella il volto, il corpo, gli atteggiamenti su ideali e prospettive dell’Era Fascista. Le fotografie scattate a Piazza Venezia davvero danno l’impressione di un entusiasmo totalitario. Il mito incarnato, le masse dentro la Storia. La celebrazione del Duce e del corpo del Duce. Quello che penderà, inerte e martoriato, dal distributore di benzina di Piazzale Loreto. Lasciando intatta l’icona. Mario Bernardi Guardi