Francesca Paci, La Stampa 11/12/2008, pagina 16, 11 dicembre 2008
La Stampa, giovedì 11 dicembre 2008 C’è chi fantastica vetrine e vetrine invase dal profumo della trasgressione, Eau de pécheuse, acqua di peccatrice distillata in Terra Santa
La Stampa, giovedì 11 dicembre 2008 C’è chi fantastica vetrine e vetrine invase dal profumo della trasgressione, Eau de pécheuse, acqua di peccatrice distillata in Terra Santa. Un business miracoloso. Altro che la corona di spine in puro legno d’ulivo venduta nei negozi di souvenir intorno al Santo Sepolcro, nel cuore antico di Gerusalemme. I prodotti cosmetici dell’epoca di Gesù scoperti alla fine dell’estate dagli archeologi dello Studium Biblicum Franciscanum in un ninfeo di Magdala, sul lago di Tiberiade, sono già leggenda. Perché diventino storia ci vorrà pazienza, avverte padre Eugenio Alliata, esperto di topografia e consulente degli scavi: «Le boccette risalenti al I secolo sono state ritrovate tre mesi fa e affidate subito a un laboratorio di Trieste. Aspettiamo i risultati. Per ora possiamo solo confermare l’eccezionalità del materiale: non capita spesso di avere tra le mani sostanze organiche conservate per duemila anni». Agenzie turistiche e pubblicitari però, sono in fibrillazione: centinaia di migliaia di pellegrini visitano ogni anno i luoghi reali e immaginari di Gesù. E comprano la memoria. Le ampolle in ceramica e vetro finissimo contenenti quel che potrebbe rivelarsi l’essenza della fede, accendono i riflettori su un sito studiato al millimetro da molto tempo. «L’importanza di Magdala, un centro commerciale assai vivace sulle rive del lago, è emersa sin dai primi scavi francescani nel 1971» osserva padre Pietro Kaswalder, docente di esegesi di Antico Testamento allo Studium Biblicum Franciscanum e guida di escursioni bibliche. Secondo il religioso l’insediamento, noto anche come Tarichea, in greco la città dei pescatori, venne distrutto da Tito nel 67 d.C. proprio a causa della sua posizione: «Un luogo decisivo sulla strada che scende da Nazaret, dall’altopiano, verso Cafarnao. Per questo aveva mura e fortificazioni. Nel 2000 gli archeologi hanno portato alla luce numerose monete del II, III e IV secolo, testimonianza di grande prosperità nella provincia romana di Giudea e Palestina». Lo storico Giuseppe Flavio calcola che all’epoca Magdala contasse oltre 40 mila abitanti. Le pietre, da queste parti, parlano più delle persone. I resti del complesso termale, tra i quali sono state rinvenute le bottigliette misteriose, raccontano il gusto di donne e uomini lontanissimi come fossero nostri contemporanei. Una storia speciale, a prescindere dalla peccatrice dei Vangeli. Padre Stefano De Luca, direttore degli scavi, lo spiega al bollettino online Terrasanta.net: «Le particolari condizioni del sito, una piscina femminile riempita di fango, hanno conservato gli oggetti in modo inimmaginabile per una zona così umida, affacciata sul lago di Tiberiade». E’ capitato di ritrovare sostanze organiche millenarie in Egitto, zone secche, desertiche. Mai accanto a falde acquifere. Qui invece, immersi in profondità nella melma, si nascondevano piatti, coppe in legno, spille, fermacapelli e alcuni unguentari sigillati contenenti materia grassa. Poca roba, precisa padre Alliata: «Ero lì mentre il tecnico lavorava per estrarle, che fatica: c’erano poche gocce». Ma, sostiene Stefano De Luca, «roba» fondamentale: «Pensiamo si tratti di balsami e profumi. Se l’analisi chimica lo confermerà, potrebbero essere analoghi a quelli che la Maddalena ha usato per ungere i piedi di Cristo». Se pure non appartenessero direttamente a lei, alla donna «dalla quale erano usciti sette demoni», sarebbero pur sempre cosmetici dell’epoca di Gesù: materia succulenta per studi sacri e profani. Il destino di diventare una Disneyland religiosa incombe sulla Terra Santa almeno quanto quello d’accogliere, nella terra di Dio, l’apoteosi della guerra perenne. «L’archeologia si presta a molti usi, storico, commerciale, ideologico» ammette padre Kaswalder. Non c’è solo la minaccia del ponte di vetro lanciato sul lago per consentire ai pellegrini di camminare sulle acque. Il museo navale del kibbutz Ginossar, a pochi chilometri, espone orgogliosamente «la barca di Gesù», un legno di 6 metri del I secolo d.C. portato a riva da una secca del lago nel 1985. Autentico, precisa Kaswalder: «Nessun dubbio sull’età del relitto. Quanto al proprietario però, bé, è tutto da stabilire». Sul profumo della Maddalena si pronunceranno i chimici. «Sarebbe una rivelazione sensazionale» dice il professor Moshe Fisher, docente di storia cristiana all’università di Tel Aviv. Una sorta di seconda puntata del suo libro sul sito di Ein Bokek, nei pressi del Mar Morto, dove negli Anni 80 emersero i resti di una fabbrica di profumi ricavati dalle pesche risalente al I secolo: «Magari la Maddalena utilizzava quelle stesse essenze. O forse non era neppure lei. All’epoca la città di Magdala era popolatissima, c’erano anche molti ebrei convertiti al cristianesimo». E c’era una sinagoga, aggiunge padre Kaswalder: «Nella Guerra dei Giudei Flavio parla di un edificio sinagogale utilizzato in seguito per altra funzione». Stavolta però, nessuno ha voglia di contendersi la memoria. Meglio condividerla, per ora. L’eau de pécheuse sarebbe una buona idea per tutti. Per l’ente del turismo israeliano e, concede padre Alliata, per la Chiesa: «Perché no, in fondo? Divertirsi è umano, perfino con un gadget religioso». Chissà che odorare l’essenza dell’umiltà rappresentata dalla Maddalena non faccia miracoli. Francesca Paci