Gigi Padovani, La Stampa 11/12/2008, pagina 24, 11 dicembre 2008
La Stampa, giovedì 11 dicembre 2008 I prìncipi a volte sono bizzarri. Se alcuni si innamorano di belle ragazze da copertina o di auto sportive, c’è chi perde la testa per lombi pelosi e di antico lignaggio: quelli dei maiali della razza Large Black e Tamworth
La Stampa, giovedì 11 dicembre 2008 I prìncipi a volte sono bizzarri. Se alcuni si innamorano di belle ragazze da copertina o di auto sportive, c’è chi perde la testa per lombi pelosi e di antico lignaggio: quelli dei maiali della razza Large Black e Tamworth. E’ successo al principe Carlo d’Inghilterra, del quale è nota la passione per l’agricoltura biologica e di qualità. Poi, assaggiato un Culatello di Zibello Dop proveniente dall’Italia, qualche anno fa, l’erede al trono inglese si è chiesto: perché da questi suini si riesce a ricavare soltanto il Bacon per il breakfast, invece di un prosciutto crudo invecchiato due anni, dalle carni dolci e morbide?. E così è partito il progetto del culatello reale. Sarà pronto soltanto tra due anni, perché le carni dal sangue blu ora riposano tra due guanciali, come si conviene a porci di rango, in un relais della norcineria al centro della Bassa Parmense. Dopo aver respirato le nebbie padane, potranno raggiungere la tavola del Principe. Intanto per Natale a Buckingham Palace potranno consolarsi con i primi prodotti realizzati in Italia con le mezzene dei maiali inviate in Emilia dagli allevamenti in Cornovaglia. Sono stati lavorati da un abile artigiano, Massimo Spigaroli, che nel suo antico casale del Cinquecento di Polesine Parmense, a pochi chilometri da Parma, alleva le Nere Parmigiane (altra razza nobilissima) ed esercita l’arte della norcineria. Si tratta di una prima partita con 15 chilogrammi di «strolghino» italo-inglese (è un salame dolce e fresco, tradizionalmente realizzato con gli scarti di lavorazione del più nobile fiocco) e altrettanti di «cicciolata made in Cornovaglia» (a Parma se ne fa una salume cotto lavorando con gli scarti di lavorazione), già pronti per essere inviati a Londra. La storia nasce un anno fa da una visita del presidente di Slow Food International, Carlin Petrini, nella casa di campagna di Carlo e Camilla, a pochi chilometri dalla capitale inglese. Al guru degli eco-gastronomi Carlo chiese di aiutarlo a realizzare dei salami pregiati con le amate suine dal pelo lungo, alimentate in modo biologico. Petrini arrivò ad Highgrove con Spigaroli e il veterinario cuneese Sergio Capaldo, che segue gli allevamenti di qualità della Granda. Al gran consulto sui maiali reali parteciparono anche alcuni luminari della veterinaria inglese, ma alla fine furono gli italiani a indicare la strada alla Casa Reale. Due i messaggi agli inglesi: per ottenere prosciutti buoni come quelli di Parma, dovete far maturare di più le bestie e non macellarle così giovani; e dovete imparare dagli emiliani la difficile arte della norcineria. Con una aggiunta spiacevole. Sua Altezza sappia che, per quanto i suoi suini siano speciali, non potranno mai realizzare un culatello inglese: le nebbie di Londra non sono quelle della Bassa, dove le muffe e gli odori delle cantine di invecchiamento fanno la differenza. Perciò, il culatello reale può nascere soltanto nelle terre di Verdi. Nell’azienda della Corte Pallavicina, dove alla fine del Settecento la duchessa Maria Luigia di Parma faceva riposare i suoi cavalli, a metà novembre sono arrivate due mezzene inglesi, per un totale di 200 chilogrammi di carne nobile di maiale. Il norcino si è messo subito al lavoro. Racconta Carlin Petrini: «Avevo promesso al principe di mandargli lo strolghino e la cicciolata dei suini reali per il suo sessantesimo compleanno, che è stato qualche giorno fa. Gli arriveranno invece con i miei auguri di buon Natale». A Massimo Spigaroli, il Principe Carlo ha regalato un consiglio, nella speranza di poter far nascere presto un laboratorio come il suo, nella Duchy Home Farm, la tenuta «bandiera» dell’agricoltura sostenibile dove crescono i rari «Tamworth and Large Black Pigs» amati dal Principe. L’indicazione è di non tralasciare i saperi artigiani che si tramandano di padre in figlio, perché sono l’unica cultura che può salvare il mondo dalla crisi. Gigi Padovani