Roberto Mania, la Repubblica 11/12/2008, 11 dicembre 2008
ROMA - Nell´industria è iniziato l´effetto domino. Crolla la produzione di autoveicoli (-34,3 per cento in un anno) e uno dopo l´altro cadono come birilli gli altri comparti, chimico, tessile, elettronico
ROMA - Nell´industria è iniziato l´effetto domino. Crolla la produzione di autoveicoli (-34,3 per cento in un anno) e uno dopo l´altro cadono come birilli gli altri comparti, chimico, tessile, elettronico. Le imprese sono interconnesse tra loro, l´una è cliente dell´altra, ma soprattutto tutte dipendono dal consumatore finale che, spesso, teme di perdere il posto di lavoro e non spende. Perché questa è - come dicono gli economisti - una crisi da domanda e non è causata tanto dalla qualità dei nostri prodotti. La domanda mondiale si è fermata e le imprese riducono la produzione: in Italia (-3,8 per cento nel bimestre settembre-ottobre), in Germania (-5,4 per cento), in Francia (-4,4 per cento). Per ritrovare una scivolata così importante nel nostro paese (in un anno - 6,9 per cento) si deve tornare al 1996 quando il calo fu del 7,4 per cento. La debacle dell´industria automobilistica ha effetti diretti sul dato negativo (- 12,4 per cento in un anno) della produzione di articoli di gomma e di plastica. Il sindacato dei chimici della Cgil (la Filcem) stima che tutte le imprese del settore ricorreranno alla cassa integrazione nel 2009, dalla Pirelli (190 in cig) alla Michelin di Stura (Torino) che cesserà la produzione di pneumatici vettura. Soffre la chimica che già nella prima parte dell´anno aveva pagato l´impennata dei prezzi dell´energia e che risente pure dello scoppio della bolla immobiliare in paesi europei come la Spagna. Ma la contrazione della domanda avrà conseguenze anche sulle performance dei prodotti detergenti e sulla cosmetica. Il panel congiunturale della Federchimica di agosto prevedeva una crescita per questi ultimi due settori dell´1,8 per cento. Un target che ora appare piuttosto lontano. Non si salvano i settori tradizionali, tipicamente italiani: dal tessile alle calzature, da Prato a Biella alle aree marchigiane. I distretti che a fatica si erano riconvertiti - lasciando morti e feriti sul campo - per fronteggiare la concorrenza asiatica. Ora continua la progressiva discesa dell´abbigliamento (- 7,4 per cento) mentre si aggrava quella delle pelli e calzature (- 12,9 per cento), in particolare di fascia bassa dei prodotti. «Perché - sostiene Carlo Scarpa, docente di Economia all´Università di Brescia - il consumo del lusso regge e conferma che la crisi sta colpendo in maniera asimmetrica». Più il ceto medio che quello alto. D´altra parte il calo del Pil (-0,5 per cento) si riflette in maniera diversa sulle diverse componenti sociali. E anche questo spiega la caduta della produzione dei cosiddetti beni durevoli (- 6,3 per cento) che sono le auto, innanzitutto, ma anche gli elettrodomestici. Che in pochi acquistano in attesa di capire come evolverà la crisi. Un atteggiamento simile si ritrova tra le imprese: «Si accentua il calo degli investimenti - secondo il Centro studi della Confindustria -, in particolare in macchine e attrezzature, in presa diretta con il ciclo manifatturiero, ma anche in costruzioni». E l´Istat registra un -9,3 per cento nella produzione dei beni intermedi e un - 8,5 per cento in quelli strumentali. «Ma questo - dice Scarpa - non è un nuovo ´29. Allora il Pil crollò del 30 per cento, non dello 0,5. Questo non è un disastro epocale. Si deve trovare la tessera da bloccare per interrompere l´effetto domino. A chi spetta? Ai governi: bisogna dare un po´ d´ossigeno alla domanda. sbagliato nicchiare».