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 2008  dicembre 11 Giovedì calendario

DONATELLA MARINO E ANTONELLA PIPERNO PER PANORAMA, 11 DICEMBRE 2008

Anche noi BOCCIATI come Bossi jr
Banchi di prova Andreotti poco incline agli studi perché attratto dal pallone, Margherita Hack rimandata in matematica, Arbore traumatizzato dalla maturità non passata... Otto personaggi «arrivati» rievocano quelle batoste scolastiche e la lezione che ne hanno tratto.
Andavano maluccio a scuola il premio Nobel Luigi Pirandello, il presidente della Repubblica Luigi Einaudi e lo scrittore Daniel Pennac, collezionista di brutti voti come ha raccontato nel suo Diario di scuola. Niente a che vedere, certo, con Renzo Bossi, che con l’ultimo fallimentare esame orale, ha appena ottenuto il record di tre bocciature consecutive alla maturità scientifica. Le disavventure scolastiche del secondogenito del leader leghista stanno diventando un tormentone cultural-politico, con gruppi virtuali che impietosamente lo dileggiano su Facebook («Offriamo ripetizioni a Renzo Bossi», «Aiutiamo quel genio del figlio di Bossi a prendere la maturità», «Dona anche tu un neurone al figlio di Bossi»), oltre agli interventi di commentatori. Corrado Augias lo incoraggia a lasciar perdere i libri spiegando che «si può vivere benissimo senza diploma, facendo altri mestieri, tanto più quando si può avere qualche aiuto in famiglia». Il futuro di Bossi junior, che il padre ha più volte indicato come suo delfino, sembrerebbe già scritto, con o senza pezzo di carta. Ma sono tanti quelli che, a dispetto di un passato scolastico inglorioso e non sempre potendo contare sull’aiuto di papà, se la sono cavata benone nella vita, ribadendo che, come ha sostenuto la psicologa Anna Oliverio Ferraris, «i tipi di intelligenza sono tanti e non è solo quella scolastica a condurre a carriere eccellenti». Panorama ha intervistato otto ex bocciati o rimandati oggi di successo. Renzo Arbore, showman. Per lui, che fino a quel momento a scuola non andava «né male né bene», la bocciatura alla maturità classica fu un trauma: «Per un ragazzo di provincia il diploma coincideva con l’ingresso nell’età adulta, significava andarsene da Foggia, studiare a Napoli». Ad Arbore toccò rimandare tutto di un anno: «Ma me l’ero cercata, non studiavo, già suonavo il clarinetto e sognavo di diventare un artista, o un giornalista musicale. Però non ho rimpianti, se fossi stato promosso il mio destino sarebbe stato diverso». Dopo la bocciatura suo padre, che contava di lasciargli il suo studio da dentista, capì che Arbore non avrebbe mai potuto laurearsi in medicina. «Però al pezzo di carta teneva, mi obbligò a studiare giurisprudenza, così, se non fossi riuscito nella musica, avrei avuto almeno un futuro da avvocato». Ma un anno dopo la laurea, quando lavorava svogliatamente in pretura, Arbore capitò in Rai proprio nel giorno di scadenza del bando per l’esame da maestro programmatore di musica leggera. «Lo vinsi, ho sempre considerato la bocciatura la sliding door della mia carriera». argherita Hack, astrofisico. Anche gli scienziati possono zoppicare a scuola. Perfino in matematica: «In terza media sono stata rimandata a settembre. Il professore mi era antipatico, era un sospettoso e mi divertivo a fargli dispetti. Una volta mi trovò con un quotidiano, mi accusò di leggerlo invece di seguire la lezione. Non era vero, ma glielo lasciai credere». E il rendimento? «Ho sempre avuto facilità ad apprendere, ma facevo il minimo indispensabile, oscillavo fra il 6 e il 7». A sorpresa anche fisica non è stata una strada immediata: «All’università mi iscrissi a lettere, scrivevo bene, i miei pensavano che sarei diventata giornalista. Ma cambiai dopo un’ora sola di lezione». Matteo Marzotto, presidente dell’Enit. «Intelligente, vivace ma non si applica»: un refrain che ha segnato l’intera carriera scolastica di Marzotto, maturità scientifica superata al minimo dei voti, con 36. «Sono stato salvato da una buona prova d’italiano e filosofia» ricorda oggi. «Alle elementari ho sofferto. Già la primina mi sembrò una crudeltà. Così come superare subito due esami, quello d’ingresso e quello che allora si faceva per passare dalla seconda alla terza. Per qualche anno, per motivi di famiglia, ho iniziato la scuola a Portogruaro e l’ho finita a Cortina, non facevo in tempo ad abituarmi che già dovevo cambiare». L’anno più duro comunque fu in terza liceo, quando arrivò la bocciatura: «Non sono mai stato un ribelle, ma avevo 16 anni, piena fase adolescenziale». Un trauma?«No, è stata un’esperienza importante, mi ha insegnato che nella vita non si può improvvisare». Roberto Cavalli, stilista. Per superare le medie ha impiegato cinque anni: «Non avevo voglia di studiare e poi ero balbuziente, alle interrogazioni non sarei comunque riuscito a esprimermi, soffrivo molto, mi prendevano in giro». Preoccupata, sua madre lo iscrisse alla scuola alberghiera: «Mi mandarono via dopo un anno, dissero che ero inadatto, in effetti passavo il tempo a giocare a poker». Dopo un vano tentativo di due anni in uno a ragioneria, la madre si rassegnò e lo mandò a lavorare. «Tutto sommato erano meglio i libri e dopo qualche mese la convinsi a iscrivermi alla scuola d’arte di Firenze». Fu lì, cominciando a dipingere sulle stoffe, che Cavalli capì che sarebbe diventato stilista. Non si presentò neanche alla maturità: «Il diploma non mi interessava, già ricevevo montagne di ordini per le mie T-shirt». Però la scuola gli è servita: «Le sofferenze di quegli anni mi hanno fatto sembrare sormontabili tutti gli ostacoli incontrati nella vita». Franco Grillini, presidente onorario dell’Arcigay. «Si sconsiglia vivamente la prosecuzione degli studi»: questo il giudizio sul libretto scolastico dell’alunno Grillini, dopo l’esame di terza media. «Quell’anno rischiai la bocciatura, fui promosso con il minimo dei voti perché la commissione esterna mi prese in simpatia, sebbene la mia insegnante d’italiano volesse segarmi» ricorda. «Prima e terza media furono un disastro. Andavo male soprattutto in italiano, ma c’era una reciproca antipatia con la docente». Grillini prese il giudizio negativo come una sfida: «Mio padre non voleva farmi proseguire gli studi. Gli promisi che sarei andato più che bene». Fu così, fino alla laurea in pedagogia con 110 e lode. Giulio Andreotti, senatore a vita. «Ero un lavativo»: così si definisce Giulio Andreotti, ricordando i tempi del quarto ginnasio al liceo Tasso, quando si beccò una bocciatura: «Quell’anno la scuola non era in cima ai miei pensieri, pensavo solo a giocare a pallone». Però, una volta davanti ai quadri, la sentenza «respinto» gli bruciò parecchio: «La presi male, anche se la bocciatura in fondo me l’ero meritata tutta». Comunque quella ferita gli insegnò molto: «Imparai a reagire, feci due anni in uno e recuperai l’anno». Margherita Buy, attrice: «Un periodo buio, senza prospettive»: così Buy definisce i suoi cinque anni di liceo scientifico, dove fu sempre rimandata, in latino, matematica e scienze: «Studiavo poco perché mi sentivo a disagio in quella struttura rigida e costrittiva». Alla quale però deve, per reazione, la sua carriera: «Mi iscrissi all’Accademia di arte drammatica, non perché avessi già deciso di diventare attrice, ma soltanto per il terrore di dover continuare gli studi tradizionali». Nicolò Cardi, gallerista. Una sfilza di materie a settembre per il trentenne gallerista milanese, liceo scientifico al Collegio San Carlo. «Sono partito con una materia in primo, fino ad arrivare a quattro al quarto anno, inclusi disegno e ginnastica. E dire che giocavo nella squadra di calcio della scuola e pure nei pulcini del Milan. Ero troppo vivace e non tutti lo gradivano». Pentito? «No, ho un bel ricordo del liceo. Mi sono divertito com’è giusto a quell’età. Certo, d’estate dovevo sorbirmi montagne di ripetizioni: il mio incubo erano matematica e biologia. Alla fine me la sono sempre cavata senza bocciature e il rigore l’ho conservato per l’università e per il lavoro, trasformando la galleria d’arte di famiglia in un marchio internazionale con sedi a Londra e presto a New York».