Claudio Rendina, la Repubblica 12/12/2008, pagina 4, 12 dicembre 2008
la Repubblica, venerdì 12 dicembre Ancor prima che esistesse Roma il Tevere straripava, anche se il fenomeno è storicamente documentato solo dalla fine del V secolo a
la Repubblica, venerdì 12 dicembre Ancor prima che esistesse Roma il Tevere straripava, anche se il fenomeno è storicamente documentato solo dalla fine del V secolo a.C. Così in epoca repubblicana tra il 414 e il 44 si registrano 23 inondazioni, alle quali fanno seguito 6 sotto l´impero di Augusto e Tiberio, con i curatores dell´alvero fluviale intenti ad allargare invano il letto del Tevere. Qualcosa riesce a fare l´imperatore Claudio realizzando alla foce quel canale, ristrutturato e ampliato da Traiano, oggi noto come il canale di Fiumicino, proprio per favorire lo sfogo delle acque verso il mare. Un palliativo e nient´altro, come si vede dall´inondazione del 105, di cui parla Plinio il Giovane in una lettera all´amico Cecilio Macrino: «Nonostante le scarico del canale il fiume ricopre le valli, inonda i campi e dove il terreno è piano non si scorge che acqua». Eppure nell´arco di 293 anni, fino al 398, si registrano solo 15 inondazioni. Ancor meno sono nel Medioevo: 7 tra il 500 e il 1100. E non c´è da dubitare sulle notizie al riguardo, perché le cronache medievali registrano puntualmente eventi tragici del tempo e non avrebbero passato sotto silenzio inondazioni capaci di procurare danni e morti. Quelle più consistenti cominciano ad essere registrate in lapidi dal 2 febbraio 1230. Una prima lapide la fa mettere papa Gregorio IX sulla facciata dell´antica chiesa della Traspontina, ma è andata perduta; ha resistito invece quella del 6 novembre 1277, originariamente posta sulla facciata della chiesa dei Santi Celso e Giuliano sull´attuale via del Banco di Santo Spirito, ma allora chiamata Canale di Ponte, ad indicare il flusso dell´acqua del Tevere in quella strada. Oggi la si trova all´ingresso dell´arco dei Banchi, di fronte alla chiesa, ed è in pratica la più antica lapide esistente. Il secolo delle grandi inondazioni è il Cinquecento. Tra il 1495 e il 1606 si verificano ben 7 piene eccezionali; tra di esse, tragica quella del 5 ottobre 1530, che causa 3000 morti e abbatte più di 300 case. Non è da meno l´alluvione del 15 settembre 1557, con altri 3000 morti, gravissimi danni a chiese e edifici e montagne di fango rimosse solo dopo diversi anni. Tragica pure l´alluvione del 24 dicembre 1598: le acque fluiscono impetuose per le strade, con i cittadini bloccati in casa, allagamento di forni e distruzione dei molini sul Tevere; i romani sono costretti a bere l´acqua fangosa del fiume. Nel Seicento si registrano 5 piene eccezionali, ma le inondazioni non sono catastrofiche, e comunque non si registrano vittime: l´abate Filippo Maria Berardi propone nel libro Il Tevere incatenato la deviazione del fiume, ma non è ascoltato, così che il fiume prosegue la sua tranquilla invasione della città. Anche se il Settecento scorre via tranquillo, tanto che non viene collocata alcuna lapide. Le ultime grandi inondazioni sono nell´Ottocento; in particolare, quella tra il 30 gennaio e il 2 febbraio 1805, con l´invasione della zona da Ripetta al Corso, della Rotonda, di piazza Navona, la Lungara e il Ghetto. Tragica è quella del 28 dicembre 1870, con le acque che raggiungono 17,22 metri, livello che non si raggiungeva dal 1637; la città è italiana solo da due mesi, il governo affronta il problema con i muraglioni e i lungotevere. Inondazioni e piene seguitano ad essere registrate sulle lapidi, che arrivano ad un totale di 90, con le indicazioni relative al livello raggiunto dalla piena, la scritta "Qui arrivò il Tevere" o semplicemente il termine "Alluvione". Le ultime sono relative al 17 dicembre 1937 e le troviamo all´Ospedale Fatenebenefratelli e a San Bartolomeo sull´Isola, all´Idrometro di Ripa Grande e all´allora borgata Ponte Galeria 1148. Come a dire, una storia di 70 anni fa che incombe sui nostri giorni. Claudio Rendina