Roberta Filippini, La Stampa 12/12/2008, 12 dicembre 2008
Io comunque continuerò a fare il banchiere». Alle sette di ieri sera Pietro Modiano parla così ai suoi - ormai ex - collaboratori, anche se un nuovo posto da banchiere al momento non ce l’ha
Io comunque continuerò a fare il banchiere». Alle sette di ieri sera Pietro Modiano parla così ai suoi - ormai ex - collaboratori, anche se un nuovo posto da banchiere al momento non ce l’ha. Difficile, del resto, che scelga un altro mestiere il numero due di Intesa-Sanpaolo, che in nome del suo modo di essere banchiere si è scontrato dal giorno della fusione e fino a ieri con Corrado Passera. «E’ una questione caratteriale, siamo stati competitors da sempre», confidava Modiano nei giorni scorsi agli amici. E mesi fa - prima che lo scontro diventasse così netto - spiegava che i rapporti con Passera erano assai limitati: al massimo un contatto ogni due o tre settimane. Prima del divorzio, dunque, il matrimonio non c’è mai stato. Anche perché quando Intesa e Sanpaolo trovarono un rapidissimo accordo nell’agosto 2006, Modiano era direttore generale del Sanpaolo-Imi e stava trattando la fusione della banca con Montepaschi. Per lui, che non era previsto nell’organigramma iniziale della nuova combinazione Milano-Torino, si trovò infine quel posto da numero due. Poi le scene da separati sono sfociate nello scontro finale - questa la versione ufficiale - sulla semplificazione della Banca dei Territori. Insomma, sullo sfondo ci sarà pure la battaglia Torino-Milano con le preoccupazioni del sindaco Sergio Chiamparino per quel pur milanesissimo banchiere che era stato eletto a simbolo della Mole; e certo sulla vicenda aleggia la suggestione della politica con Modiano considerato organico prima ai Ds e poi al Pd e Passera che appare ormai vicino al governo Berlusconi. Ma dietro gli schemi delle appartenenze contrapposte c’è soprattutto - se non solo - una classicissima lotta di potere tutta interna alla banca. Il modello dualistico adottato due anni fa, era stato adattato al ruolo forte di Passera, prevedendo un consiglio di gestione composto quasi esclusivamente da rappresentanti degli azionisti che poca voce potevano avere sulle scelte del consigliere delegato. Da quel ruolo Passera, assieme ai suoi uomini più vicini - cioè quelli che lui stesso si è scelto come Gaetano Miccichè e Francesco Micheli - ha saputo trarre il massimo, disegnandosi un ruolo di banchiere «di sistema» il cui potere si allarga ben fuori dai confini dell’istituto, fino ad assumere un peso anche di carattere politico. Lo dimostrano vicende che spaziano dalla sistemazione di Telecom all’operazione - è l’esempio più recente ma anche più eclatante - tra Cai e Alitalia. Uno schema nel quale Modiano non è mai entrato e che anche gli azionisti - senza distinzioni di campanile - hanno confermato, sancendo ancora una volta la concentrazione di potere nelle mani del capoazienda.