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 2008  dicembre 12 Venerdì calendario

Ora che i 57 mila abitanti della Groenlandia hanno votato «Aap» (Sì) alla completa indipendenza dalla Danimarca, sta per cambiare tutto

Ora che i 57 mila abitanti della Groenlandia hanno votato «Aap» (Sì) alla completa indipendenza dalla Danimarca, sta per cambiare tutto. Non solo in quell’impossibile Paese grande quattro volte la Francia, ma anche negli Stati Uniti, in Europa e nel mondo. I ghiacci che ricoprono l’85 per cento della superficie si stanno sciogliendo a causa del riscaldamento globale e gli Inuit, abituati a vivere di pesca e di carne e grasso di balena, scoprono ogni giorno di possedere un pezzo di terra nuovo, che da millenni nessuno aveva mai visto. Sotto la superficie sono rimasti intatti milioni di tonnellate di petrolio che attendono qualcuno che le estragga, quintali di diamanti, oro e pietre preziose, zinco e altri minerali pregiati. Lo scioglimento dei ghiacci aprirà inoltre un passaggio navale a Nord-Ovest, del quale il Paese sarà il principale beneficiario. E, con i soldi, arriveranno forse anche i guai che sempre li accompagnano. Nessun referendum è stato così importante e nello stesso tempo così ignorato. E’ vero, la Groenlandia è lontana più di tremila chilometri dall’Europa, ed era considerata quel posto freddo e inutile dal quale si staccano gli iceberg. Ma sta diventando un Paese chiave nel futuro delle strategie politiche internazionali, una terra che si prepara a causarci incubi e darci forse nuove speranze. Il 10 per cento dell’acqua dolce del globo è imprigionato nel suo ghiaccio e quando il ghiaccio si scioglierà, come ha già cominciato a fare in modo drammatico, il livello dei mari salirà di alcuni metri e inonderà numerose città costiere. Ma le risorse del Paese, insieme a quelle dei fondali del Polo Nord liberati dai ghiacci, forse aiuteranno a coprire il fabbisogno energetico e di materie prime del pianeta: avremo probabilmente i piedi a mollo, ma potremo almeno ancora provare a riscaldarci. Quello che sta avvenendo in uno dei luoghi più freddi e aridi del mondo è la vera e propria nascita di una nazione, che ha spezzato i lacci che la imbrigliavano e ha di fronte una terra inesplorata. Patrick Barkham, inviato del «Guardian», ha incontrato nella capitale Nuuk (14 mila abitanti) Aleqa Hammond, ministro delle Finanze e degli Esteri e principale candidata a diventare il primo premier della Groenlandia indipendente. Aleqa era allegra, stava aspettando il ritorno della barca del fratello che aveva pescato un narvalo: «E’ un momento felice, la balena è il nostro cibo di Natale, è un bel regalo. Sono orgogliosa di essere groenlandese e ora ci sono nuove opportunità in ogni campo. Il referendum è stato un dono per le future generazioni: potremo rendere possibile l’impossibile». Il Parlamento, composto da 31 persone, metà delle quali sono donne, era stato finora sottoposto al controllo della Danimarca, e adesso sarà libero. Ma non c’è risentimento nei confronti dei danesi, che hanno trattato la loro colonia con grandissimo rispetto. Migliaia di Inuit sono stati massacrati dagli americani, ma in tutto il 18° e 19° secolo non uno solo è stato ucciso da un danese. «Grazie al cielo - dice Aleqa Hammond - siamo stati colonizzati dai danesi e non dagli inglesi, dagli americani, dagli olandesi o dai tedeschi. I danesi hanno rispettato il nostro modo di vivere e la nostra cultura permettendoci di mantenere la nostra identità». Ma se l’indipendenza è sempre di per sé una bella cosa, ci si domanda come una nazione di 57 mila abitanti, che non possiede un esercito ed è armata essenzialmente con fiocine da pesca, potrà mantenere la propria libertà, una volta che scatterà la nuova corsa all’oro favorita dal riscaldamento globale, quella per le risorse del Polo Nord. Che cosa farà la Russia? E gli altri Paesi come il Canada e gli Stati Uniti, che rivendicano territori ai quali prima non avevano mai pensato? E che ne sarà delle tradizioni degli Inuit, quando migliaia di stranieri arriveranno per lavorare nelle miniere d’oro e di diamanti, e per estrarre il petrolio da convogliare verso le navi che attenderanno lungo la costa? Come sarà ridotta questa terra, ora incontaminata, dagli sventramenti che saranno necessari, dall’inquinamento che seguirà, dall’impoverimento delle risorse del mare? Tutti sembrano felici per il futuro che li attende, ma alcuni vedono un panorama diverso, dominato da stranieri non più così amici, con gli Inuit relegati a spendere i propri soldi per l’ennesima bottiglia al bar, come già avviene in Alaska. E rimpiangeremo, dicono, i 400 milioni di euro che la Danimarca ci dava all’anno e con i quali vivevamo al freddo, poveri e felici.