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 2008  dicembre 12 Venerdì calendario

Soho stanotte è quella di cinquant´anni fa. I neon, i locali, i negozietti di dischi in vinile, la prostituta ammiccante che invita i clienti a salire su per la ripida scaletta

Soho stanotte è quella di cinquant´anni fa. I neon, i locali, i negozietti di dischi in vinile, la prostituta ammiccante che invita i clienti a salire su per la ripida scaletta. I ragazzi col ciuffo e le ragazze con le ampie gonne a fiori che, aspettando l´apertura di Madame Jojo, improvvisano passi di jive sui marciapiedi. Stanotte Londra fa finta che i Beatles non siano mai esistiti. Si tuffa nel rockabilly e nella frenesia dei primi rocker. La pista si riempie e i ragazzi sfoggiano i passi acrobatici che hanno appreso nelle scuole di danza, mentre il dj Natty Bo, un Cab Calloway in miniatura, spara a tutto volume i suoi dischi. Rigorosamente a 78 giri. Aspettano il concerto dei nuovi fenomeni. Kitty, Daisy & Lewis, tre fratelli di 15, 20 e 18 anni che stanno riportando il rock alle origini, costringendolo a una sorta di purificazione dalle nequizie commerciali che in questi anni ne hanno inquinato i contenuti. La loro storia è iniziata sette anni fa, quando, complici mamma e papà ? lei è Ingrid Weiss, ex batterista del gruppo punk al femminile delle Raincoats; lui Graeme Durham, un ingegnere del suono di origine indiana ? hanno cominciato ad adorare la santissima trinità dei Louis (Armstrong, Jordan e Prima). Con la voracità degli adolescenti motivati, hanno imparato a suonare una quantità di strumenti (si destreggiano tra batteria, xylofono, armonica, banjo, ukulele, chitarra, steel guitar, trombone, piano e fisarmonica). Mamma e papà danno una mano al contrabbasso e alla chitarra acustica. Il loro disco d´esordio, Kitty, Daisy & Lewis (Ed. Family Affair), è tutto realizzato con apparecchiature d´epoca, il digitale è bandito, l´analogico trionfa, la bassa fedeltà è il fiore all´occhiello, il fruscio della puntina sui solchi irresistibile quanto il richiamo di una sirena. Tutto, dalla grafica del disco a quella delle locandine, ha il profumo di quegli anni in cui il Novecento si preparava al rock & roll. L´operazione ha scatenato una moda e il trio si è già esibito alla Royal Albert Hall, al Barbican e a Glastonbury, il più affollato dei festival estivi. Nel camerino, i fratellini si mettono in ghingheri per lo show. Nella mensola davanti allo specchio qualcuno ha dimenticato un perizoma. Kitty, la più piccola, lo afferra con le bacchette della batteria e lo sventola sotto il naso dei fratelli. «Madame Jojo è un locale di burlesque, questo di sicuro appartiene a una spogliarellista. Che schifo!», esclama gettandolo nella spazzatura. «Lewis, imbronciato, si aggiusta la cravatta sull´ampia camicia bianca e il completo blu di cui va fiero. «La prima volta che ci notarono», racconta «fu quando cantammo in trio Folsom Prison Blues di Johnny Cash. All´epoca avevo dieci anni, e le mie sorelle rispettivamente otto e dodici». Già allora i ragazzi non mostravano alcun interesse per il pop contemporaneo. «Al mercato domenicale di Camden, a Portobello e nei negozi dell´usato troviamo tutto quello che ci occorre per essere in sintonia con la nostra musica», dice Daisy, esuberante bellezza creola, mostrando le zeppe argentate che indosserà con short, calze a rete e il tipico top annodato dietro al collo. Mamma Ingrid, ancora con i bigodini in testa, entra nel bagno per cambiarsi. «I ragazzi hanno fatto tutto da soli», racconta, «il trio è nato per loro volontà. Non li abbiamo sollecitati né scoraggiati ? Kitty va ancora a scuola ? ma quando ci siamo resi conto del loro talento è stato naturale per noi genitori diventare i loro session men». L´ossessione per i suoni vintage è ben raccontata dallo studio che la famiglia ha allestito a Kentish Town. Consolle e registratori a più piste come non se ne vedevano da decenni, insieme alla sconfinata collezione di 78 giri di Lewis. Da qui è uscito il 45 giri (in vinile ovviamente) che hanno pubblicato per Natale, con due canzoni originali (stile anni 40 naturalmente), (Baby) Hold me tight e Buggin´ blues. Anche gli strumenti che suonano hanno più di mezzo secolo. «Chitarre, banjo, steel, se frughi su eBay c´è ancora materiale prezioso in circolazione», dice il ragazzo. «Ci sono vecchie dimore in città piene di vinili. Quando i proprietari muoiono, gli eredi smerciano tutto ai grossisti dell´usato». Sul palco sono un portento. Kitty soffia nel trombone e canta Buonasera signorina con l´abilità di un performer di Las Vegas, Daisy, sensuale ed elegante, accarezza la batteria con le spazzole, Lewis passa con disinvoltura dalla chitarra al banjo. Il pubblico, in delirio, li segue ballando. Papà e mamma sostengono la sezione ritmica. Eppure Ingrid era una punk girl, le Raincoats erano il gruppo preferito di Kurt Cobain. Ma il ricordo dei Nirvana lascia i ragazzi del tutto indifferenti. Ma non ascoltano nulla, proprio nulla di nuovo? Amy Winehouse? «No. Non ci interessa», dicono quasi in coro. «Dopotutto nella sua musica c´è tanto vintage. Tutto oggi sembra risentito. Il ritorno del vinile parla chiaro. E allora meglio recuperare gli originali».