Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Il malore di Bersani non cambia lo scenario politico, di nuovo in bilico dopo le dimissioni di Fassina. Ma ci costringe a mettere su un pezzo più o meno intitolato: «Le disgrazie del Pd».
• Che cosa è successo allì’ex segretario?
Ieri mattina alle dieci, in casa sua a Piacenza, s’è sentito male. Vomito, eccetera. La moglie Daniela, che è farmacista, ha chiamato il fratello di Pierluigi, Mauro, che è medico e abita proprio di fronte al distributore di benzina della famiglia. I due hanno chiamato il 118, hanno preso il malato e l’hanno portato al Pronto soccorso cittadino. Qui gli hanno fatto la tac...
• Sa che non ho mai capito che cos’è ’sta tac?
È una scansione. Restituisce l’immagine del corpo a strati e ti fa vedere subito quello che è successo. Prima che mi chieda che cos’è, le dico che gli hanno fatto pure un’angiografia, ma siccome l’angiografia si può fare in vari modi mi limiterò a farle sapere che si tratta di una fotografia, fatta da dentro, dei vasi sanguigni. Già la tac (è un acrostico che vuol dire: tomografia assiale computerizzata) aveva mostrato che era meglio portare il malato all’ospedale Maggiore di Parma dove c’è un importante reparto di Neurochirugia. L’insieme degli esami ha mostrato che il malore, con vomito e altri sintomi significativi, era stato provocato da un’emorragia cerebrale. Il portavoce dell’ex segretario, Stefano Di Traglia, ha assicurato che si tratta di cosa lieve, che il paziente non ha mai perso conoscenza ed è anzi rimasto sempre lucido, e dunque non c’è motivo di preoccuparsi. Però ieri alle 18 è entrato in sala operatoria e c’è rimasto cinque ore.
• Questi incidenti possono avere le conseguenze più varie.
Possono anche non avere nessuna conseguenza, come ci auguriamo tutti. Verso Bersani, appena s’è saputa la cosa, è partito un coro di auguri assai affettuosi. Sia da compagni di partito che da avversari. È logico, ma fa in ogni caso piacere. Renzi ha twittato quasi subito: «Un abbraccio fortissimo a Pierluigi». Monti ha telefonato a una delle due figlie. Telefonate molto sollecite anche da Napolitano e Letta. Berlusconi: «Gli auguro di tutto cuore che possa superare al più presto questo momento difficile, per tornare alla sua attività politica e dai suoi cari. Un abbraccio affettuoso ad un avversario leale». Mi piace ricordare che quando il disperato Tartaglia tirò in faccia a Berlusconi una statuetta del Duomo di Milano, Bersani corse subito in ospedale a trovarlo. Era il dicembre del 2009 e i due erano saldamente in sella (uno premier, l’altro capo dei democratici). La folla radunata fuori del San Raffaele contestò il segretario del Pd, imputandogli il clima di odio in cui era maturato l’attentato. Il corridoio dell’ospedale Maggiore di Parma - quarto piano, stanza 27 - era ieri inaccessibile a chicchessia, tranne naturalmente che ai potenti.
• Potrebbe essere che Bersani abbia pagato le difficoltà tremende di quest’anno? Voglio dire, il tentativo molto faticoso di formare un governo, il colpo dei franchi tiratori durante le elezioni presidenziali...
Io non tenterei di questi azzardi. Colpi o colpetti così capitano in ogni circostanza. Persone affaticatissime tirano avanti senza problemi, sportivi a 48 carati s’accasciano a un tratto a terra senza che nessuno possa darsi una spiegazione. No, le dico di stare attento con questi ragionamenti, perché altrimenti si finisce di dar la colpa all’ultima crisi, quella scatenata ieri sera da Fassina con le dimissioni. Che ovviamente non può essere.
• Come stiamo su quel versante?
Renzi ha dato una risposta molto dura, attraverso Facebook: «Meno di un mese fa tre milioni di italiani hanno chiesto al Pd coraggio, decisione, scelte forti. Noi rispondiamo agli elettori del Pd, non alle sue correnti. Se il viceministro all’Economia - in questi tempi di crisi - si dimette per una battuta, mi dispiace per lui. Se si dimette per motivi politici, grande rispetto: ce li spiegherà lui, nel dettaglio, alla direzione del Pd già convocata per il prossimo 16 gennaio raccontandoci cosa pensa del governo, cosa pensa di aver fatto, dove pensa di aver fallito. Il rimpasto non è una priorità per il governo né tantomeno per il Partito democratico perché la preoccupazione del Pd sono gli italiani che non hanno un posto di lavoro, non i politici che si preoccupano di quale poltrona possa cambiare. Sono i problemi dell’Italia che interessano al mio Pd, non i problemi autoreferenziali del gruppo dirigente». Fassina, parlando al telefono con l’Huffington Post, aveva detto a sua volta: «Io avevo posto un problema politico. Il segretario del mio partito ha risposto senza rispetto non solo delle mie opinioni ma anche della mia persona. Visto che nel governo ci sono in rappresentanza del Pd, ho preso atto. È già difficile gestire l’attività di governo nelle condizioni date, immaginiamo in futuro dopo queste parole. Il Pd a mio parere non è ancora diventato un partito padronale. Io non mi ci sono rassegnato».
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