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 2014  gennaio 06 Lunedì calendario

AL BANO: «IN TOUR CON ROMINA E NON SPOSO LOREDANA»


Lo vedi in tv che abbraccia genitori e figli che si erano persi, fratelli che non si rivedevano da decenni, famiglie frammentate che hanno avuto bisogno di una trasmissione per ricomporsi. E pensi, inevitabilmente, alle sue vicende. A certe labili speranze, mentre sente addosso tutto quel dolore che schiaccerebbe le spalle di ogni padre, Al Bano ci ha messo una pietra sopra. «La pace interiore devi creartela da solo. Non dico che ci riesco, ma ci provo. Se sei un buon cristiano devi ricordare che perfino Dio ha vissuto il martirio di un figlio. Chi sono io per meritarmi un destino diverso? Per sperare che la vita sia sempre una corsa in pianura? Quando arriva la tua croce devi lottare per non soccombere. Ma qualche chiodo provano sempre a ficcartelo nelle mani. E qualche altro nel cervello». Ylenia non la nomina, ma aleggia nei suoi pensieri. Il signor Carrisi si cura stando sempre in tour: l’altro ieri a Cracovia, ieri a Santiago de Compostela, oggi chissà. Per cantare. «Sto in giro: così non mi chiedo quanti anni ho, ma solo quanta voce devo spendere». E quando non è sul palco lo vediamo sul piccolo schermo. Il programma di Raiuno condotto con Cristina Parodi, "Così lontani così vicini", veleggia attorno ai 4 milioni e mezzo di spettatori. Carrambate in esterna, rivedute e corrette, che funzionano alla grande.

Può essere perfino terapeutico, fare l’inviato speciale per risolvere casi familiari.

«Dalla famiglia nasce tutto, ricorda Papa Francesco. E quante ne vedo, di storie laceranti. Tutte vere, peraltro. Parenti che si cercano per una vita, senza trovarsi. Magari non sanno di vivere a cinque chilometri di distanza. Poi grazie alla nostra produzione accade il miracolo».

Uno si chiede: com’è possibile che la tv risolva subito e il diretto interessato non ci riesca mai?

«Me lo sono chiesto anch’io. Ma la burocrazia può essere assassina, le scartoffie si perdono, vai negli uffici a chiedere e forse non si interessano. Io poi, lo confesso, non sapevo che le adozioni prevedessero il silenzio sulle tue radici. A meno che i nuovi genitori, a tempo debito, non ti illuminino sulle tue radici. Sono vicende toccanti, ma che raccontiamo evitando il sensazionalismo. Mi emoziono man mano che ci entro dentro».

A lei non è andata altrettanto bene, sul piano personale.

«Ho condotto una vita da nomade. Non dormi mai due volte nello stesso letto, quando sei un artista. Così, non puoi avere il cento per cento delle cose belle. Qualcosa lo lasci per strada».

A ottobre lei ha cantato con Romina a Mosca. Dopo quasi vent’anni.

«E spero che le acque si siano calmate, dalla sua parte. Io non ho mai dichiarato guerra a nessuno, tantomeno a lei. Anche se non dimentico che sia stata proprio Romina a frantumare l’equilibrio di coppia. Ma lasciamo stare. Ora il nostro rapporto si è ripulito da tante scorie che frullavano nel suo cervello. Io ho solo subìto quello che è accaduto. Lo affermo con grande serenità, e la conoscenza dei fatti».

Ma quella sera sul palco non provò un brivido particolare?

«Abbiamo sentito entrambi quanto fosse strano ripetere gesti che non avevano più lo stesso significato di 19 anni fa. A quel tempo le canzoni le cantavamo per noi due, e il pubblico percepiva questo calore. Questo sentimento. Oggi è soltanto mestiere».

Soltanto?

«Mosca non è stata un’idea mia, ma dell’impresario russo Agapov. Mi disse: "provo a farti cantare con Romina". E io: "nulla in contrario, ma non ci riuscirai". Invece la convinse, e ho mantenuto la promessa».

E finisce qui?

«Ah, sapesse quante richieste da tutto il mondo. Ci stanno martellando. Dalla Cina, dal Giappone, da altre città della Russia. Qualcosa in giro faremo di sicuro. Un tour».

L’Italia?

«So che Agapov sta trattando, ma nulla più di questo. Ignoro i dettagli, sono in attesa anch’io di capire dove e come. Però voglio chiarire una cosa: sono nato solista, e a un certo punto della mia carriera ho fatto delle cose in coppia con Romina. Poi ci siamo separati, e io non vorrei perdere il pubblico che ama solo Al Bano».

Figuriamoci.

«La gente potrebbe volere sempre noi due insieme. Se metti due piatti in tavola, poi è difficile tornare ad offrirne uno solo. Poi ci sono le questioni tecniche: con tutto il rispetto per Romina, dovremmo abbassare di un tono le canzoni. È come costringere uno alto a camminare chinato».

Non si tirerà indietro.

«Se il progetto è interessante non vedo perché dovrei. Attenzione, però, non sarà il ritorno di Al Bano e Romina, ma un gioco di squadra senza capitano. A Mosca c’erano sul palco i miei amici Morandi, Tozzi, Cutugno, Matia Bazar. Ci siamo divertiti da pazzi. Anche con la mia ex moglie».

Che fine ha fatto l’idea del programma tv con Tozzi e Cutugno?

«Umberto non aveva capito bene di cosa si trattasse, e il produttore si era stancato di aspettare. Vedremo. Però il mio sogno è uno show televisivo Al Bano-Morandi-Ranieri. Siamo figli della stessa epoca, quella delle battaglie di Canzonissima. Siamo prodotti dal grande proletariato del nord e del sud, con la testa ben piantata sulle spalle. Abbiamo resistito a ogni cambiamento».

Altri tempi.

«Il mio apprendistato lo feci nel clan di Celentano, dove Adriano aveva la massima libertà artistica e decisionale. Io ero un po’ testa calda, e quando passai alle multinazionali pagai le conseguenze, a caro prezzo, della mia voglia di indipendenza. Ma quando mi si chiudeva il mercato italiano, per magia se ne aprivano altri in tutto il mondo. Ero e sono un privilegiato».

Un ragazzino pugliese che andò a Milano senza una lira per fare mille mestieri.

«Il manovale, il barista, il pizzaiolo, il metalmeccanico, il cameriere. A Milano fui il primo abusivo d’Italia. Vicino al Giambellino occupai una stanzetta di una casa che poi comprò Ricky Gianco. Dovevo dipingere le pareti. Misi la carta di cemento alle finestre, comprai una branda. E quando finivo di lavorare, a tarda sera, imbracciavo la chitarra e componevo le mie prime canzoni. "Il mondo dei poveri", "Io di notte", "Nel sole", nacquero lì».

Sua madre non voleva che lasciasse la Puglia.

«Ma mi lasciò fare, come io lascio fare ai miei figli. La vita appartiene a loro».

Due figlie le ha portate in Giordania, nel contestatissimo reality sui profughi.

«Ho voluto venissero perché loro non hanno mai conosciuto la povertà, come era accaduto a me alla loro età. E sono rimaste così colpite che ora Cristel ha deciso di fare volontariato in quelle zone. Non mi opporrò, anche se la cosa è pericolosa».

Come ha vissuto le polemiche attorno a quel programma?

«Sono andato in quei campi del dolore da contadino, non da vip. Lì non mi conosce nessuno. Ho dialogato a gesti, e non mi hanno tirato pietre, come accaduto ad altre troupe. Ho vissuto un’esperienza sconvolgente. In Occidente non arriva quasi nulla della sofferenza dei siriani in fuga. Vedi nelle loro facce la dignità, la sopportazione, la tristezza quotidiana. E ti chiedi perché la lobby delle armi ingrassi sulla pelle di questa povera gente indifesa. Insisto: in ogni Paese del mondo andrebbe istituito un Ministero della Pace. Utopia?».

È stato molto in tv, in questi mesi.

«Mi dicono che sono sovraesposto, e di certo non andrò a Sanremo neppure come ospite. Volevo andarci l’anno scorso da concorrente, Fazio invece mi offrì una sorta di onorificenza».

La tv compie sessant’anni.

«E io ne ho vissuta un bel pezzo. Mi chiamavano a Canzonissima, al Disco per l’Estate: il pubblico era chiamato a comprare cartoline e lo Stato ci guadagnava. A Studio Uno invece niente».

La sfruttavano.

«No, forse mi mancavano gli elementi giusti. Però ho avuto le mie soddisfazioni in altro modo. Come quando mio figlio Yari mi disse: "Papà, ma tu hai venduto per caso una canzone a Michael Jackson?"».

Vi incontraste mai, nel periodo del contenzioso legale?

«Michael mise per iscritto che a Roma avrebbe avuto rapporti solo con gli avvocati. Strinsi la mano a loro. Lui si difese dall’accusa di plagio dicendo che quella musica girava nell’aria. Chissà se avrebbe detto lo stesso se io avessi copiato "Thriller"».

Ma nell’accordo finale si parlava di un concerto con voi due insieme.

«Nero su bianco. Al Bano e Michael Jackson all’Arena di Verona in un concerto di beneficenza per i bambini maltrattati. Ma la sorte ci mise lo zampino. Lui fu accusato di pedofilia».

Il matrimonio con la Lecciso. A che punto è la storia?

«E chi ci capisce più niente?».

Noi no, di sicuro.

«Spiego. Da Romina ho avuto quattro figli, garantiti da quelle nozze. Da Loredana due: non vorrei che da adulti si considerassero figli di serie B. Vorrei pensassero: i nostri genitori si sono sposati».

Dunque lo fareste solo per i figli.

«E per cos’altro? Io lavoro tanto in giro, le mie ultime vere vacanze sono state quelle piene di grane e di zanzare all’Isola dei Famosi. Lei ha la sua vita, ognuno di noi due fa quel che vuole. Loredana si diverte a fare foto con l’abito da sposa, ma non è neppure divorziata, dunque...Di buono c’è che si prende cura dei piccoli, da brava mamma pugliese».

Ma anche se sono figli naturali, hanno già gli stessi diritti di quelli legittimi.

«È cambiata da poco la legge, vero? Noi ne parlavamo da qualche mese, ora c’è questa bella novità».

Quindi?

«Quelle del matrimonio sono chiacchiere. Io odio il gossip, vorrei che un sipario separasse la mia vita privata da quella artistica. Ma ogni volta ne inventano qualcuna. Quante falsità scrivevano, ai tempi della mia unione con Romina. Chiacchiere per riempire pagine bianche».

Come le due pagine bianche che nell’autobiografia dedicò a Romina e Loredana.

«Sono un uomo all’antica, mi piacerebbe più riservatezza. Le donne amano i riflettori».

Chiudiamo parlando di politica?

«Dopo aver regalato alla Chiesa questo meraviglioso Papa, lo Spirito Santo dovrebbe illuminare i nostri politici. Si odiano fra loro, e i cittadini non possono avere fiducia in loro».

Per chi voterebbe?

«Sono un elettore anomalo, ho scelto sempre l’uomo e non il partito. Nel ’74 Cellino fu il primo paese a sperimentare il compromesso storico, e funzionò. Oggi boh. Renzi? Per ora solo parole, parole, parole. Idem Grillo. Dice cose giuste, come tanti altri, ma serve concretezza. Berlusconi? Ha commesso errori, e li sta pagando, anche se lotta come un leone. Vedremo. Spero il prossimo anno di fare un’intervista che si concluda così: in Italia abbiamo risolto tutto. Perché resto un inguaribile ottimista».