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 2014  gennaio 06 Lunedì calendario

VOLONTARI GARIBALDINI DEL 1914, I «SALGARIANI» DELLA GRANDE GUERRA


In Italia il nome di Paul Emil von Lettow-Vorbeck dice poco, anche se nel 2012 la casa editrice Res Gestae ha tradotto le sue memorie con il titolo La guerra in Africa orientale 1914-1918 . Ma non è esagerato dire che quel generale tedesco fu protagonista di un’autentica epopea: nel Tanganika (l’attuale Tanzania, allora colonia africana della Germania) durante la Prima guerra mondiale, completamente isolato dalla madrepatria, tenne testa per anni alle strapotenti forze britanniche e si arrese solo nel novembre 1918, quando il suo imperatore aveva già abdicato e il conflitto in Europa era ormai terminato.
È uno dei tanti episodi di contorno narrati da Giacomo Properzj nella sua Breve storia della Grande guerra (Mursia, pp. 168, e 12), un libro che, nel centenario della strage che sconvolse l’Europa, non sacrifica il gusto del dettaglio all’esigenza della sintesi, resa indispensabile dalla enorme ampiezza del tema trattato.
Un’altra vicenda poco nota rievocata da Properzj è quella dei volontari italiani, guidati da Peppino Garibaldi (un nipote dell’eroe dei due mondi), che approdarono a Marsiglia nell’autunno del 1914 per combattere i tedeschi, quando l’Italia era ancora neutrale, mossi dal proposito romantico di rilanciare gli ideali democratici del Risorgimento, contrastando la minaccia del militarismo germanico. Quasi la metà «di quei ragazzi avventurosi e un po’ salgariani», ricorda l’autore, caddero nella spaventosa carneficina che si era avviata nelle trincee della Francia nordorientale, dopo che l’avanzata iniziale della Wehrmacht era stata bloccata sulla Marna.
Ovviamente lo spazio maggiore nel libro di Properzj è riservato al fronte italiano, anche se l’autore non trascura certo le grandi battaglie come la Somme e Verdun, si sofferma sulle ripetute sconfitte della Russia, sfociate nella rivoluzione bolscevica e nella pace separata di Brest-Litovsk, dedica un capitolo specifico alla guerra sul mare.
Non troviamo in queste pagine alcuna indulgenza verso le gravi responsabilità dei nostri governanti e generali nel disastro di Caporetto. Vi è però anche il ricordo degli episodi di valore che videro allora protagonisti i militari italiani, come le cariche che la cavalleria effettuò il 30 ottobre 1917 a Pozzuolo del Friuli, rallentando l’impeto delle dilaganti truppe austro-ungariche: una vicenda su cui l’editore Paolo Gaspari ha di recente pubblicato, anche in veste di autore, un bel libro illustrato dal titolo La battaglia dei gentiluomini (pp. 192, e 24).
Poi venne la resistenza disperata sul Piave, di cui Properzj rivendica giustamente il rilievo nell’andamento complessivo del conflitto. Con la Russia ormai fuori combattimento, si trattò della «prima vittoria degli Alleati dopo le sanguinose e terribili sconfitte, nelle Fiandre, dell’esercito inglese». Infine la guerra sarebbe stata decisa dall’intervento degli Stati Uniti, di cui i tedeschi avevano colpevolmente sottovalutato la capacità di mobilitazione e la straordinaria potenza industriale.
Purtroppo la pace, raggiunta nel 1918 dopo quattro anni d’inferno, non avrebbe fatto altro che porre le premesse per nuove tragedie. Duro, ma ineccepibile, il giudizio di Properzj sul trattato di Versailles: «Fu sostanzialmente — scrive — il primo capitolo della Seconda guerra mondiale».