Lorenzo Soria, La Stampa 6/1/2014, 6 gennaio 2014
LA GUERRA NASCOSTA PER “MARY POPPINS”
Saving Mr Banks di John Lee Hancock (in sala il 15 gennaio in Italia) racconta un episodio realmente avvenuto: quando le sue figlie lo pregarono di realizzare un film tratto dal loro libro preferito, Mary Poppins, di P.L. Travers (nel film Emma Thompson), Walt Disney (Tom Hanks) fece loro una promessa, non immaginando che ci sarebbero voluti 20 anni per riuscire a mantenerla. Nel tentativo di ottenerne i diritti, infatti, si trova ad affrontare un’ipocondriaca scrittrice, irremovibile nella decisione di non permettere che la sua magica tata venga stravolta dalla macchina di Hollywood.
“IO COME LUI VIVO PER RACCONTARE STORIE ALLA GENTE” –
Tom Hanks, come è stato lavorare con Emma Thompson?
«Fantastico. Non c’è mai stato nessun problema. La situazione di maggior comfort che io abbia mai sperimentato durante un film. Le scene spesso si facevano da sé e c’era un’intesa perfetta. La storia, il linguaggio, le immagini erano sorprendentemente potenti e adatte a noi».
Ricorda il suo primo viaggio a Disneyland?
«Avevo 12 o 13 anni, poteva essere il ’68. Walt Disney è morto nel 1966 per cui io ho proprio visto il parco ancora come lo aveva inventato lui. Prima di andarci comunque amici che c’erano già stati ci avevano fatto vedere i gadget e la mappa delle attrazioni e lo show televisivo The wide world of Disney , insomma sapevo già tutto e mi ero già studiato i percorsi, persino dove mangiare. Ma non puoi scordare la prima volta che ci arrivi, anche se poi dopo ci sono stato moltissime altre volte con i figli. Un sacco di figli in effetti... adesso sono grandi, mi sa che non ci andrò per un po’».
Cosa le viene in mente quando sente il nome Walt Disney? Che cosa le evoca?
«È una leggenda, come Elvis Presley. Lo vedevamo nel suo show, ogni domenica sera alle 7: il migliore era Walt Disney’s wonderful world of color. Era favoloso, non era come uno zio, meglio: avrei voluto vivere vicino a lui. Tutti volevamo vivere a Disneyland e quella che lui ci ha regalato è la magia di Disneyland».
E per interpretarlo, come si è preparato? Quali trappole ha dovuto evitare?
«Dovevo interpretare due specifiche settimane nella vita di Walt Disney, quando era già una leggenda. Il personaggio era chiaro, bisognava solo raffinare l’aspetto esteriore e abbiamo avuto un sacco di discussioni sui vestiti, i capelli... poi naturalmente c’è la postura, il modo di parlare, ma quello è il lavoro di noi attori»
Cosa deve ancora provare a questo punto della carriera? Che cosa la motiva?
«Non lavoro alle Poste, recitare non è solo un modo per guadagnarsi da vivere, è una vita magnifica. Disney era un artista, un regista e ovviamente un uomo d’affari, ma meglio di ogni altro era in contatto con quel desiderio profondo che ci motiva, raccontare storie alla gente. Io sono assolutamente sulla stessa linea, non posso immaginare un altro modo di vivere che non sia in qualche modo legato al racconto di una storia».
Questo film arriva a poche settimane daCapitan Phillips,si sente in competizione con se stesso?
«Sono due film molto diversi in realtà e poi questo è il film di Emma più che il mio. Ma questo è il mercato e non c’è molto che io possa fare, in realtà non me ne preoccupo molto».
Nel frattempo ha rivelato di avere il diabete.... Come ha cambiato la sua vita ?
«Beh ho cambiato il mio modo di mangiare e di fare esercizio fisico e in parte di lavorare, ma anche senza il diabete non farei più un film dove ti chiedono di ingrassare 40 chili per il ruolo. Voglio vedere i miei figli crescere, voglio continuare a camminare sulle mie gambe e ci sono un sacco di attori più giovani che possono fare questi sforzi».
EMMA THOMPSON “TOPOLINO E LA TATA MERAVIGLIE NATE DA INFANZIE INFELICI” –
Emma, questa è la storia della scrittrice Pamela L. Travers e di come alla fine ha accettato che Disney filmasse Mary Poppins. Lei è anche una sceneggiatrice. Da che parte sta, dei film o degli autori?
«Dipende. Una volta Hugh Grant mi ha definita una nazista per quel che riguardava le cose che avevo scritto io... In certi casi è necessaria la severità, ricordo il set di Sense and Sensibility di Jane Austen, bisogna essere attenti a quelle frasi, dirle in modo esatto, o suonano moderne. A volte uno scrittore sul set è collaborativo, altre volte è profondamente stressato e non sopporta nessun cambiamento alle sue parole. Il che non è divertente per nessuno. Pamela L. Travers, è andata oltre: apparentemente voleva collaborare, in realtà voleva sabotare il progetto. Una cosa del genere: “Leggete questo. È spazzatura. Ovviamente questa non è arte. Io sono una poetessa. Posso andarmene ora?” Era davvero insopportabile non so come siano riusciti a gestirla».
Che cosa sapeva della Travers prima del film?
«Non sapevo nulla della scrittrice, era una donna straordinaria, se pensiamo all’epoca in cui è vissuta, in cui le donne dovevano essere mogli e madri e basta. Lei non si è mai sposata, non ha avuto bambini ma li ha adottati. È bello vedere la storia di una donna che non è moglie o amante o madre, i ruoli normali insomma. Questa è la storia di un’artista in un momento di grande difficoltà. È una delle storie più originali in cui mi sia imbattuta».
I suoi genitori facevano parte del mondo dello spettacolo. Che influenza ha avuto su di lei?
«Molta influenza. I miei genitori erano attori senza un soldo quando sono nata. Sono stata un errore. Mio padre dovette chiedere una mano ai sindacati per allevarmi. Conosco bene le difficoltà dello show business, le ho provate sulla mia pelle. Se lo prendi troppo sul serio ti distrugge. Ho imparato a dire “Importa, ma anche non importa affatto”».
Siamo tutti cresciuti con Walt Disney. Che memorie le ha generato il rivisitare questo mondo?
«Oh, fiumi di memorie. Sono nata nel 1959, Londra era ancora un posto triste, dickensiano, nebbia mescolata a polvere di carbone: Mary Poppins ha cambiato Londra per me, ho visto la città finalmente in estate. Fantasia invece mi ha molto spaventato... Walt Disney era una persona che riconosceva l’arte, anche Salvador Dalí era un suo fan. Biancaneve, Dumbo, Bambi, i suoi primi film sono molto cupi, storie che spezzano il cuore, così come Mary Poppins. Erano film che contenevano molto dolore, non come quelli di oggi».
E che cosa sapeva di Walt Disney prima del film?
«È affascinante vedere cosa ha fatto del dolore della sua infanzia, delle sue ferite. Sia lui che la Travers hanno creato dal sangue e dalle ossa della loro infanzia i loro personaggi più amati, Topolino e Mary Poppins: non potevano abbandonarli. Credo che Mary Poppins sia stata terapeutica per la Travers, ma in modo inconscio: lei non pensava di scrivere per salvarsi, semplicemente lavorava e Mary Poppins si è incarnata».