Giulia Zaccariello, Il Fatto Quotidiano 6/1/2014, 6 gennaio 2014
SETTECENTO UFFICI CHIUSI IN DUE ANNI
Quella domenica, le tessere elettorali di Sant’Antonio Casalini finirono per protesta tutte nella buca delle lettere e ai seggi non si vide un’anima. Fu così, rifiutandosi di andare a votare alle politiche, che lo scorso febbraio questa frazione lucana, 1.000 abitanti e 4.000 mucche in provincia di Potenza, si ribellò alla chiusura dell’unico ufficio postale. Anti-economico era stato definito da Poste italiane, che qualche mese prima aveva deciso per la sua soppressione. Costringendo anziani e imprenditori agricoli che in questa terra producono latte per aziende di tutta Italia, a percorrere più di 8 chilometri (in auto perché di mezzi pubblici non se ne parla) per spedire una semplice raccomandata.
OGGI LE PORTE di quello sportello di fronte al bar sono di nuovo aperte. Anche grazie a Michele Celentano, sindaco del comune di Bella di cui Sant’Antonio fa parte, che ha fatto ricorso al Tar e ha vinto: “Chiudere una struttura in un posto come questo significa spegnere un’intera comunità”. All’inizio del 2012 lo sportello di Sant’Antonio era stato inserito, insieme ad altri 1.155 uffici, nella lista nera che Poste Italiane è obbligata a consegnare all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Così come scritto nel contratto di Programma tra Poste e il ministero dello Sviluppo economico: “La società Poste italiane trasmette entro l’inizio di ogni anno di riferimento l’elenco, da aggiornare con cadenza annuale, degli uffici postali e delle strutture di recapito che non garantiscono condizioni di equilibrio economico, unitamente al piano d’intervento per la progressiva razionalizzazione della loro gestione”. Un documento, quello del 2012, lungo 14 pagine, con una colonna infinita di nomi, per lo più realtà minuscole di un’Italia da cartolina in bianco e nero. Frazioni e borghi fatti di poche case e tanti campi, chiese e castelli. Di quelli che s’incontrano sulle statali nella gita della domenica, ai margini delle città o aggrappate agli appennini, e bastano due minuti in auto per attraversarle. Da Roccacerro, frazione di montagna del comune di Tagliacozzo, in provincia de L’Aquila, a Ruosina, nell’alta Versilia, a due passi da Stazzema, dove l’insegna gialla Pt esiste da oltre 150 anni. Da Bargi, frazione di Camugnano nella zona bolognese dell’appennino tosco-emiliano, a Seccagrande, nemmeno 500 residenti a pochi chilometri dalla Valle dei templi di Agrigento. In totale poco meno di 1500 uffici in due anni, tra il 2012 e il 2013, tutti considerati improduttivi. Di questi però circa 700 sono scomparsi definitivamente. Altri hanno cambiato profilo oppure ridotto gli orari e i giorni di apertura. In Emilia Romagna, per esempio, dopo una trattativa tra sindacati, Regione e Poste, dei 139 pianificati, ne sono stati cancellati 35 e altri 50 sono stati ridimensionati.