Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Fini vuole che Berlusconi salga al Quirinale e si dimetta. Formi poi un secondo governo, del quale faccia obbligatoriamente parte l’Udc, e concordi con gli alleati il programma di legislatura, che permetta di arrivare alla scadenza naturale del 2013. Altrimenti la delegazione dei finiani al governo sarà ritirata. Questo il punto forte del discorso pronunciato ieri, a Bastia Umbra, in provincia di Perugia, in occasione del congresso fondativo del Fli, l’ormai quasi partito del “Futuro e Libertà per l’Italia”. Dal Pdl è arrivata nel tardo pomeriggio la risposta non virgolettata di Berlusconi: non si accettano ultimatum, non ci saranno dimissioni e se Fini vuole aprire una crisi lo faccia in Parlamento.
• Discorso duro, eh?
Discorso molto duro. Quello di Berlusconi è stato definito il governo «non del fare ma del far finta che tutto vada bene». D’altra parte la folla – un seimila persone tra quelle che sono riuscite a entrare e quelle rimaste fuori – ha acclamato con entusiasmo. Fini è stato accolto come una rockstar. «Gianfranco, siamo pronti a lasciare».
• Ha parlato del caso Ruby?
Per allusioni. All’inizio ha detto: «Che dolore la notizia del crollo di Pompei e quell’altra… che hanno fatto il giro del mondo. Un’immagine che l’Italia non merita». “Quell’altra” sarebbe la storia di Ruby. Più avanti, senza mai nominare né la ragazza marocchina né la telefonata in questura, ha citato il Papa («da laico») che mette in guardia sulla «spazzatura delle coscienze». «L’uomo pubblico deve essere un esempio. Ho rimpianto la Prima repubblica, ho rimpianto, e credo che gli italiani li abbiano rimpianti con me, il rigore, lo stile del comportamento di uomini come Moro, Berlinguer, Almirante, La Malfa: la Prima repubblica era anche in queste personalità che non si sarebbero mai permesse di trovare ridicole giustificazioni a ciò che non può essere giustificato». L’invito a salire al Colle e dimettersi è arrivato alla fine. Prima Fini ha insistito sulla legalità, per continuare evidentemente a far soffrire il premier, e ha tirato nel discorso (sempre per allusioni) anche l’infelice battuta del Cavaliere sugli omosessuali. «La legalità è la condizione essenziale per la libertà. Nel nostro manifesto dei valori c’è il rispetto per la persona umana con la tutela dei diritti civili di tutti, senza distinzioni tra bianchi e neri, cristiani musulmani ed ebrei, eterosessuali ed omosessuali, cittadini italiani e cittadini stranieri. La persona è al centro di qualsiasi cultura politica che voglia creare i presupposti per l’armonia». E ha concluso: «Su questi temi il Pdl a rimorchio della Lega è il partito più arretrato d’Europa».
• Come ha reagito Bossi?
I leghisti si riuniscono oggi pomeriggio e daranno le loro valutazioni. Ieri Bossi s’è limitato a questo commento: «Per ora sto dietro il cespuglio…». Fini ne ha dette anche a Tremonti: «A Tremonti contestiamo la politica dei tagli lineari, il miglior metodo per non scegliere dove tagliare e dove investire. Dico questo, mentre do al ministro dell’Economia il merito di aver contenuto la spesa pubblica».
• Questo nuovo governo Berlusconi che cosa dovrebbe fare?
«Il patto di legislatura non può essere un compitino in cinque punti che gli scolaretti in Parlamento devono approvare a pena di lesa maestà. Ci vuole una nuova agenda politica e un patto di governo da qui al 2013 che comprenda un nuovo patto sociale, fiscalità di vantaggio per il Sud e la cancellazione della legge elettorale della vergogna». Dal Pdl, relativamente ai cinque punti, hanno fatto notare che i finiani hanno votato la fiducia appena poche settimane fa. Anche sulla legge elettorale si potrebbe notare che essa fu fortemente voluta dal governo di centro-destra del 2006, dove c’erano Fini e soprattutto Casini (che la pretendeva per reintrodurre il proporzionale). In ogni caso il presidente della Camera ha concluso chiedendo a Berlusconi il “colpo d’ala”: salire al Quirinale, dimettersi, eccetera. Dimenticavo: in uno dei passaggi del discorso ha detto che «il Pdl non è comunque il nostro avversario».
• Che succede se Fini fa uscire i suoi dal governo?
Si tratta di quattro persone: il ministro Ronchi, il viceministro Urso e i sottosegretari Menia e Bonfiglio. Berlusconi potrebbe rispondere con un rimpasto, invitando poi i finiani a votargli contro se ne hanno il coraggio. È piuttosto probabile che vada così e che il gioco del surplace continui. I primi commenti dicono che il cerino della crisi è tornato a questo punto tra le dita di Berlusconi. Ma non è detto: potrebbe invece essere ancora tra quelle di Fini. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 8/11/2010]
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