Giornali vari, 8 novembre 2010
Anno VII – Trecentoquarantasettesima settimana Dal 30 ottobre all’8 novembre 2010Fini Fini vuole che Berlusconi salga al Quirinale, rassegni le dimissioni e formi un nuovo governo di centro-destra comprendente stavolta anche Casini e con programma tutto da concordare
Anno VII – Trecentoquarantasettesima settimana Dal 30 ottobre all’8 novembre 2010
Fini Fini vuole che Berlusconi salga al Quirinale, rassegni le dimissioni e formi un nuovo governo di centro-destra comprendente stavolta anche Casini e con programma tutto da concordare. Altrimenti – dice – ritirerò la mia delegazione dal governo. Berlusconi ha risposto: vieni a sfiduciarmi in Parlamento.
Crisi Tutti dicono che a questo punto la crisi è questione di giorni. Ma chissà. Fini ha lanciato il suo ultimatum domenica scorsa, da Bastia Umbra (provincia di Perugia) dove si svolgeva il congresso fondativo del Fli, l’atto cioè che dovrebbe far effettivamente nascere il partito del “Futuro e libertà per l’Italia”, fino ad oggi mera sigla di due gruppi parlamentari (Camera e Senato). Il presidente della Camera – nella veste di capopartito – ha pronunciato un discorso al limite dell’insulto: questo «non è un governo del fare, ma del far finta di fare», «rimpiango Moro, Berlinguer, Almirante, La Malfa, il loro rigore, il loro stile, uomini che non si sarebbero mai permessi di trovare ridicole giustificazioni a ciò che non può essere giustificato» (allusione al caso Ruby), «Nel nostro manifesto dei valori c’è il rispetto per la persona umana con la tutela dei diritti civili di tutti, senza distinzioni tra bianchi e neri, cristiani musulmani ed ebrei, eterosessuali ed omosessuali, cittadini italiani e cittadini stranieri. Su questi temi il Pdl a rimorchio della Lega è il partito più arretrato d’Europa» (allusione a un’infelice battuta pronunciata da Berlusconi martedì 2 novembre: «Meglio essere appassionati di belle ragazze che gay»). Nel discorso c’è anche un abbozzo di programma, quello che, si suppone, Berlusconi dovrebbe sottoscrivere dopo le dimissioni e prima della formazione di questo nuovo esecutivo con l’Udc e i finiani reimbarcati: un nuovo patto sociale, fiscalità di vantaggio per il Mezzogiorno, nuova legge elettorale, essendo quella in vigore «una vergogna». All’inizio del discorso Fini ha anche detto:«Che vergogna il crollo di Pompei e quell’altra… che hanno fatto il giro del mondo». «Quell’altra» sarebbe la storia di Ruby. Non è mancato un attacco a Tremonti, bravo a contenere la spesa pubblica, però «gli contestiamo la politica dei tagli lineari». A un certo punto s’è anche sentita la strana frase: «Il Pdl non è comunque il nostro avversario». I seimila presenti a Bastia hanno applaudito freneticamente più volte.
Osservazioni I pidiellini hanno subito fatto notare la stranezza di un presidente della Camera che non solo fa da capo partito contro il governo (dunque non è super partes), ma reclama addirittura una crisi extraparlamentare intaccando così le prerogative costituzionali della Camera che presiede. Si potrebbe anche osservare che la legge elettorale “vergognosa” fu varata in tutta fretta da Berlusconi, Bossi, Fini e Casini nel 2006 per deprimere la certa vittoria del centro-sinistra. Casini era il più scatenato nel pretendere un sistema di voto che reintroducesse in qualche modo il proporzionale. Lo stesso Calderoli battezzò Porcellum il metodo in vigore, da lui escogitato, senza che i due aprissero mai bocca.
Sbocchi Escludendo che Berlusconi salga davvero subito al Quirinale, probabilmente accadrà questo: Fini ritira la sua delegazione (si tratta solo di quattro persone: il ministro Ronchi, il viceministro Urso, i sottosegretari Mania e Bonfiglio), Berlusconi sostituisce i dimissionari (rimpasto), poi va a raccontare la cosa a Napolitano, Napolitano lo invita a presentarsi alle Camere per chiedere la fiducia, discussione infinita tra Fini e Schifani se debba andare prima di là o prima di qua, alla fine la spunta Berlusconi e va al Senato dove ha i numeri, ottiene la fiducia e poi va alla Camera dove i numeri non ce li ha e può succedere di tutto. Si tratta di capire infatti – Fini non l’ha detto – se a quel punto il Fli voterà la fiducia, si asterrà o voterà contro. Supponiamo che in qualche modo il governo passi la prova e che i finiani facciano sapere che decideranno caso per caso. Il numero di leggi su cui Berlusconi può cadere è pressoche infinito: il lodo Alfano, la riforma della giustizia, la finanziaria, i decreti attuativi del federalismo, eccetera eccetera. È facile prevedere che prima o poi, in un modo o nell’altro, l’attuale governo Berlusconi (il Berlusconi IV) andrà sotto. E a quel punto gli sbocchi possibili sono davvero parecchi:
• Scioglimento immediato delle camere e elezioni anticipate, tra la fine di gennaio e la fine di marzo. Sarebbe un po’ irrituale: il presidente della Repubblica, in genere, verifica sempre, prima di sciogliere, se esista un’altra maggioranza alternativa a quella andata in crisi, capace di completare la legislatura.
• Nuovo incarico a Berlusconi. È la strada più seguita in passato. Berlusconi potrebbe persuadere Casini a essere della partita. Nascerebbe così il Berlusconi V, con una forte ipoteca di Fli e Udc sull’attività di governo. È una strada improbabile soprattutto per l’opposizione della Lega. Radiopadania è stata invasa da messaggi di gente che non vuole «i democristiani». E poi è certo che Fini e Casini, a caccia di voti nel Mezzogiorno, si metterebbero di traverso in ogni modo sul federalismo come lo intende Bossi. «La fiscalità di vantaggio per il Sud» evocata da Fini a Bastia è un segnale chiaro.
• Incarico a un altro esponente di centro-destra, che fa un governo sostenuto dalla stessa maggioranza di adesso, e magari con dentro Casini. Se ne parla sempre di più. Sarebbe Tremonti, perché Letta ha già fatto sapere che non ci sta. Berlusconi farebbe l’odiato passo indietro e si consolerebbe puntando al Quirinale. Problema: le leggi di protezione dai tribunali volute finora dall’attuale premier riguardano il presidente del Consiglio o il capo dello Stato. Potrebbero estendersi ai ministri, ma il Cavaliere sarebbe in ogni caso nudo di fronte ai giudici. È una soluzione difficile anche per l’idiosincrasia del Cav ai passi indietro. Uno sbocco come questo è in realtà nelle mani della Lega.
• Incarico a una personalità non necessariamente di centro-destra, che garantisca anche il Pd e l’Idv (magari per 90 giorni, come continua a dire Di Pietro). Questo governo dovrebbe rifare la legge elettorale, sulla quale peraltro non c’è il minimo accordo tra nessuno. Ipotesi remota, e che potrebbe concretizzarsi solo in presenza di un forte smottamento di parlamentari del Pdl. I peones non prenderebbero neanche la pensione se fossero rimandati a casa adesso. Come escludere che darebbero la fiducia a chiunque, purché gli si garantisca di restare in Parlamento fino al 2013?
Nell’incarico a personalità diverse da Berlusconi si nasconde un pericolo per il Cav. Se l’onorevole Tizio formasse comunque un gabinetto e si presentasse alle Camere, magari per andar sotto, resterebbe però a governare il Paese fino alle elezioni. Berlusconi sarebbe subito nudo davanti ai giudici e la lontananza da palazzo Chigi lo indebolirebbe parecchio davanti agli elettori.
Inoltre Obama ha perso le elezioni di midterm, non ha più la maggioranza alla Camera e ne ha una risicata al Senato; nel pacchetto sicurezza varato dal governo, c’è un giro di vite sulla prostituzione da strada e la possibilità di connettersi alla rete wi-fi senza mostrare prima i documenti; il maltempo ha flagellato il Veneto provocando danni che Bertolaso ha quantificato in “parecchie centinaia di milioni di euro”; Bertolaso va in pensione, sarà sostituito dal suo vice Franco Gabrielli; scandalo nel mondo per il crollo della Domus del Gladiatore a Pompei, ennesima dimostrazione dell’incuria e del pressapochismo italiani: il ministro Bondi, non ritenendosi responsabile dello sfacelo, non si dimette.