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 2010  novembre 08 Lunedì calendario

Massimiliano Fuksas: «Noi architetti siamo obbligati a lavorare con gli stranieri» - Architetto Fuksas, lo scrittore e giornalista Bill Emmott accusa l’Italia di scarsa competitività nei servizi

Massimiliano Fuksas: «Noi architetti siamo obbligati a lavorare con gli stranieri» - Architetto Fuksas, lo scrittore e giornalista Bill Emmott accusa l’Italia di scarsa competitività nei servizi. Che ne pensa? «Gli dò ragione, il problema è proprio che non abbiamo grandi società di servizi, per esempio d’ingegneria o di consulenza legale, capaci di essere presenti in modo capillare in tutto il mondo e quindi davvero competitive». Emmott tira in ballo anche lei, domandandosi dove sono gli architetti italiani di fama mondiale, in competizione per i contratti nel Far East. Cosa risponde? «Guardi, per la verità, io in Cina ho parecchio lavoro da fare. Abbiamo appena vinto un concorso per progettare a Shenzen un grattacielo che potrebbe arrivare ad essere alto 300 metri e anche oggi che è domenica sono al lavoro per mettere a punto il progetto definitivo. Poi abbiamo lavorato all’aeroporto di Shenzen che fra due anni sarà concluso». Ma in Cina vi appoggiate a società di ingegneria italiane? «Purtroppo no, neanche l’ombra di italiani a Shenzen.Qui come in altri parti del mondo, come India, Indonesia o Australia, lavoriamo con ingegneri stranieri, per esempio col colosso anglo-danese Ove Arup oppure con l’altro big britannico, Buro Happold». E per quanto dovete fare ricorso a consulenti legali? «Stesso discorso che per gli ingegneri. Ci appoggiamo alle law firm, i grandi studi legali americani e inglesi. A volte scegliamo anche avvocati tedeschi, quando abbiamo importanti progetti nell’Est Europa. I legali italiani sono bravi ma si limitano alla dimensione nazionale, non sono capillari all’estero come gli studi anglosassoni». Nei servizi dove è più carente l’Italia? «Non è per tirar acqua al mio mulino, ma il nostro Paese è arretrato nelle infrastrutture, mancano i grandi collegamenti e soprattutto il tasto dolente sono gli aeroporti. Per essere competitivi bisogna avere un grande hub, come l’aeroporto di Parigi o quello di Francoforte. E una compagnia di bandiera di grandi dimensioni. Altrimenti siamo tagliati fuori». E il governo italiano cosa dovrebbe fare? «Essere più solido, meno conflittuale, dialogare con l’Europa e il resto del pianeta, ma soprattutto mettere il Paese in condizioni di dialogare col mondo. Finora l’Italia non ha raccolto la vera sfida della globalizzazione».