ANTONELLO CAPORALE, la Repubblica 8/11/2010, 8 novembre 2010
CON TE OVUNQUE". GIANFRANCO RINASCE LEADER
- BASTIA umbra - Ovazioni, cinquanta volte applausi. Devozioni. «Con te fino alla morte», giura l´indomito Gianfranco Paglia, tenente paracadutista ferito in battaglia, medaglia d´oro al valor militare, ora deputato. «Queste sono le tue donne, non abbiamo paura di nessuno. E andremo dove tu vorrai». Si consegna perfino Barbara Contini, negoziatrice internazionale abituata alla ferocia dell´Iraq, quattro master, quattro lingue fluentemente parlate, oltre il serbo, il croato e l´arabo.
La politica è fabbrica di miti e condottieri «e c´è sempre la necessità di riconoscersi in un leader. Però se in giro avanza la domanda sugli errori di Fini, nessuno li negherà. Questa è la differenza tra noi e loro, tra il premier e il nostro presidente. Giri giri, e domandi pure», propone il senatore Pasquale Viespoli.
La differenza tenta di spiegarla Tommaso che ha cinquanta anni vissuti dentro Padova e un fiuto, garantisce, per le carriere in ascesa e quelle in discesa: «Ho le mani che ancora odorano di colla per quanti manifesti ho attaccato in gioventù. Il cuore batte più forte perché Fini si è riscattato. È più generoso con noi e più coraggioso di prima. Non si nasconde, non è più l´eterno secondo, il delfino presunto del padre padrone. Che cadrà presto».
Fini non segue, avanza. E non copre. Adesso attacca. Il vice di sempre scala una casella, «lui solo sul palco, che bello» dice Giuseppina da Agerola, paese sulla cresta dei monti Lattari. Solo. Però con le luci e i display, la colonna sonora, la voce recitante di Luca Barbareschi infranta dall´emozione, il nuovo simbolo e finalmente il suo nome cubitale. Esattamente come Berlusconi. E il palco immenso, come Berlusconi, le guardie a custodire il corpo, il calore, l´entusiasmo, la fede. «Presidente del Consiglio, scrivilo». Guarda sul taccuino Filippo da Genova perché l´inchiostro timbri e ufficializzi.
Due ore è durato l´intervento e il popolo pigiato ha atteso fino all´ultima parola, come se fosse l´ultima speranza. «Non è stato un discorso di destra. Diritti civili, cittadinanza, uguaglianza tra eterosessuali e omosessuali. C´è uno sfondo politico nuovo, un disegno originale, una forza in più», secondo Benedetto Della Vedova, liberale radicale, felicemente accasato, molto a suo agio. «In quello che ho detto c´è la destra ma c´è anche molto di sinistra», ha confermato proprio Fini, nella convinzione molto indagata dai sondaggisti che terra da arare ce n´è. «Legalità, anzitutto. Possiamo succhiare voti a Di Pietro. Mai perdere di vista però l´area di centrodestra perché qui c´è la maggioranza degli italiani e soltanto due partiti che la rappresentano. Mentre di là almeno cinque formazioni si contendono il 40 per cento dei consensi. Troppa concorrenza», ecco Luigi Crespi, il sondaggista. Di qua dunque. «Ritorno a casa mia e oggi sono felice perché non mi ritrovo più ospite ma padrone in un mondo dove puoi parlare e dire quel che pensi. E non ti mandano sul palco a mezzanotte perché i tuoi pensieri non sono pettinati secondo i gusti del Capo». È una festa per Roberto Menia che oggi consegna la sua poltrona di sottosegretario, coram populo, nelle mani del nuovo leader. «Sento il profumo delle viole di Trieste, la mia terra».
Profumi, e speranze, e ricordi. E anche qualche inceppo della memoria. Al bar due donne parecchio borchiate commentano l´incidente dell´inno che li ha viste protagoniste, per fortuna senza scandalo pubblico, senza fotografi e giornalisti. L´una confida all´altra: «Quando hanno suonato Mameli mi è partita automaticamente la mano. Quello m´ha urlato di abbassarla subito, mannaggia che paura...». Tra i futuristi anche lo spruzzo di un piccolo mondo e oramai antico. Poca cosa in un parterre totalmente convertito e borghese, senza pellicce, con molte gonne (poche minigonne), abituato ai comizi, anche ai segni visivi e teatrali della politica di questo tempo. Facce pulite e facce abituate ai traffici. Osservatori semplici e assessori in bilico. Anche qui, però, l´avvertimento di Fini: «No ai carrieristi e agli affaristi». È certo faticoso procedere con cautela perché non sai mai cosa entra in cambusa e cosa esce. Per dire: l´ultimo acquisto parlamentare ha il nome di Giampiero Catone, già amico di Buttiglione. L´onorevole Catone, con una biografia politica appesantita da inchieste giudiziarie, aspirava a coordinare il partito in Abruzzo. All´ultimo minuto la defenestrazione: c´è l´onorevole Toto al suo posto. E dunque: Catone resta o lascia? Ecco l´andirivieni. Ma a chi aprire e a chi chiudere la porta? «Noi giovani gliel´abbiamo detto a Fini: i tangentisti no». Alla fiera però ingresso libero (interdetto per ora soltanto a Patrizia D´Addario) e molte facce nuove. Chi vivrà, vedrà.