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 2010  novembre 08 Lunedì calendario

BORSA QUANTI DIVIDENDI PER LE GRANDI FAMIGLIE. ECCO CHI GUADAGNA DI PIU’

Nella terra del capitalismo famigliare la Borsa è ancora guardata dalla maggioranza degli imprenditori come un universo se non inavvicinabile certamente poco comprensibile. Al punto che per taluni la quotazione è l’anticamera della separazione dal giocattolo di casa, l’azienda che è parte stessa della vita dell’imprenditore di prima generazione. Rari i casi contrari. Eppure il bistrattato listino di Piazza Affari, anche al tempo della crisi, è in grado di riservare soddisfazioni a chi ha saputo puntarci.
L’analisi
Nella tabella di queste pagine
Corriere Economia ha provato a riassumere l’andamento di alcuni gruppi famigliari nel corso del 2010, proiettandoli verso il 2011 sulla base del consensus degli analisti. Sono state considerate esclusivamente le famiglie che svolgono un ruolo di azionisti di controllo, ovvero un’influenza dominante su almeno due società quotate e il cui totale di capitalizzazione sia superiore ai 500 milioni di euro. Sono così finiti sotto la lente i gruppi Agnelli, Benetton, Berlusconi, Caltagirone, De Benedetti, Ligresti e Pesenti, in rigoroso ordine alfabetico, mentre sono stati esclusi dall’analisi realtà comunque molto importanti come la Geox dei Moretti Polegato, che capitalizza oltre un miliardo ma non ha imprese «sorelle» in Borsa, oppure la Tod’s dei Della Valle che addirittura capitalizza ben oltre i 2 miliardi di euro ma è l’unica quotata della casa, essendo l’altra bandiera dei Della Valle, l’Ac Fiorentina, lontana dal listino e non avendo preso in considerazione nella nostra analisi le pur notevoli partecipazioni rilevanti ai fini della Consob che, in questo caso, vanno dalla Poligrafici Editoriale a Mediobanca, dalle Assicurazioni Generali a Rcs Mediagroup, casa editrice di questo giornale. Un po’ la situazione dei Moratti, con Saras quotata e l’Inter no.
Il perimetro
Stabilito l’ambito dell’indagine, possiamo giungere subito a una prima conclusione. Il 2010 per le quotate famigliari è stato un anno molto difficile. Dei sette gruppi considerati guadagna, rispetto all’inizio dell’anno, soltanto la famiglia Agnelli che tra Fiat ed Exor mette a segno un incremento della capitalizzazione di Borsa che supera il 30 per cento. I Benetton sono leggermente sotto la linea di galleggiamento: perdono il 3,4 per cento, raccogliendo con Autogrill, ma perdendo nel business più tradizionale, quello dell’omonima quotata e nei servizi autostradali dove Atlantia sacrifica oltre il 5 per cento da inizio anno e Gemina il 2,2 per cento. Per tutti gli altri invece la perdita in conto capitale è più marcata: si va dal 12,7 per cento di svalutazione per i De Benedetti, fino al -29,9 per cento in carico ai Ligresti.
Piano Marshall
Le famiglie del listino hanno comunque motivo di sorridere. Infatti, se la capitalizzazione di Borsa generalmente le penalizza, vengono premiate dallo stacco dei dividendi, vero o atteso: 1.310 milioni la primavera scorsa, di più la prossima. Ed essendo la prima una perdita potenziale e la seconda un’entrata certa il confronto è presto fatto.
Chi sorride sono i Benetton, che se hanno visto contrarsi la capitalizzazione complessiva a Piazza Affari delle loro quattro aziende quotate, si avviano a mettere in tasca 539 milioni di euro di dividendi, una settantina in più rispetto a quanto avevano fatto la scorsa primavera, forti dell’incremento di 140 milioni dell’utile netto messo a segno tra i due esercizi.
Super cedola anche per il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi e la sua famiglia. Tra Mediaset, Mondadori e Mediolanum (quest’ultima in realtà controllata dalla famiglia Doris, ma Fininvest controlla il 35,13 per cento) — e quindi al netto delle altre partecipazioni, tra cui vale la pena di ricordare Mediobanca — i Berlusconi contano di incassare quasi mille miliardi di lire di cedole. C’è quindi di che consolarsi del fatto che la capitalizzazione ha rotto, al ribasso, il muro dei dieci miliardi di euro.
Cedole e cedoline
Molto distaccati dai Benetton e dai Berlusconi, veri signori della cedola, ci sono gli Agnelli: primi nella corsa al valore complessivo di Borsa, ma forti anche sul fronte reddituale. Il gruppo, che è passato da un risultato netto negativo per 1,22 miliardi di euro a uno atteso positivo per 554 milioni, beneficerà secondo il consensus degli analisti di un dividendo pari a 268 milioni di euro, sebbene questo vada poi suddiviso tra una vasta molteplicità di soggetti.
Molto staccate tutte le altre famiglie. I Ligresti, re del mattone e principi delle polizze, dovranno «accontentarsi» di circa tre quarti dei dividendi passati: 99 milioni attesi per la prossima primavera, 121 incassati la scorsa. I De Benedetti, tra Cir e l’Espresso, ricaveranno cedole per 60 milioni di euro, poco di più dei Pesenti, tra i più stabili quanto a dividendi pagati. L’altro re del mattone, il gruppo romano che fa capo a Francesco Gaetano Caltagirone — lui pure come Diego Della Valle impegnato in una serie di partecipazioni importanti, che vanno dal Monte dei Paschi di Siena alle Assicurazioni Generali — ha incassato relativamente poco dallo stacco delle cedole. In dieci mesi, la capitalizzazione di Borsa è scesa di un paio di centinaia di milioni di euro, mentre i dividendi — al momento non ancora correttamente stimabili — dovrebbero allinearsi ai 20 milioni della primavera 2010.
Il rapporto tra capitalizzazioni e cedole evidenzia dunque qualche paradosso dei listini di Borsa. Dei quali, però, potrebbero approfittare i piccoli risparmiatori. Dopotutto i prezzi di queste settimane sono ancora contenuti e prendere posizione in vista della prossima campagna dividendi potrebbe essere un’idea al tempo dei titoli di Stato dal rendimento minimo.
Stefano Righi