vanity, 8 novembre 2010
La crisi di governo è questione di giorni?
• Fini vuole che Berlusconi
salga al Quirinale, rassegni le dimissioni e formi un nuovo governo di
centro-destra comprendente stavolta anche Casini e con programma tutto da
concordare. Altrimenti – dice – ritirerò la mia delegazione dal governo.
Berlusconi ha risposto: vieni a sfiduciarmi in Parlamento.
• Tutti dicono che a questo punto la crisi è questione di giorni. Ma
chissà. Fini ha lanciato il suo ultimatum domenica scorsa, da Bastia Umbra
(provincia di Perugia) dove si svolgeva il congresso fondativo del Fli, l’atto
cioè che dovrebbe far effettivamente nascere il partito del “Futuro e libertà
per l’Italia”, fino ad oggi mera sigla di due gruppi parlamentari (Camera e
Senato). Il presidente della Camera – nella veste di capopartito – ha
pronunciato un discorso al limite dell’insulto: questo «non è un governo del
fare, ma del far finta di fare», «rimpiango Moro, Berlinguer, Almirante, La
Malfa, il loro rigore, il loro stile, uomini che non si sarebbero mai permessi
di trovare ridicole giustificazioni a ciò che non può essere giustificato»
(allusione al caso Ruby), «Nel nostro manifesto dei valori c’è il rispetto per
la persona umana con la tutela dei diritti civili di tutti, senza distinzioni
tra bianchi e neri, cristiani musulmani ed ebrei, eterosessuali ed omosessuali,
cittadini italiani e cittadini stranieri. Su questi temi il Pdl a rimorchio
della Lega è il partito più arretrato d’Europa» (allusione a un’infelice
battuta pronunciata da Berlusconi martedì 2 novembre: «Meglio essere
appassionati di belle ragazze che gay»). Nel discorso c’è anche un abbozzo di
programma, quello che, si suppone, Berlusconi dovrebbe sottoscrivere dopo le
dimissioni e prima della formazione di questo nuovo esecutivo con l’Udc e i
finiani reimbarcati: un nuovo patto sociale, fiscalità di vantaggio per il
Mezzogiorno, nuova legge elettorale, essendo quella in vigore «una vergogna».
All’inizio del discorso Fini ha anche detto: «Che vergogna il crollo di Pompei e
quell’altra… che hanno fatto il giro del mondo». «Quell’altra» sarebbe la
storia di Ruby. Non è mancato un attacco a Tremonti, bravo a contenere la spesa
pubblica, però «gli contestiamo la politica dei tagli lineari». A un certo
punto s’è anche sentita la strana frase: «Il Pdl non è comunque il nostro
avversario». I seimila presenti a Bastia hanno applaudito freneticamente più
volte.
• I pidiellini hanno subito fatto notare la stranezza di un
presidente della Camera che non solo fa da capo partito contro il governo
(dunque non è super partes), ma reclama addirittura una crisi extraparlamentare
intaccando così le prerogative costituzionali della Camera che presiede. Si
potrebbe anche osservare che la legge elettorale “vergognosa” fu varata in
tutta fretta da Berlusconi, Bossi, Fini e Casini nel 2006 per deprimere la
certa vittoria del centro-sinistra. Casini era il più scatenato nel pretendere
un sistema di voto che reintroducesse in qualche modo il proporzionale. Lo
stesso Calderoli battezzò Porcellum il metodo in vigore, da lui escogitato,
senza che i due aprissero mai bocca.
• Escludendo che Berlusconi salga davvero subito al Quirinale,
probabilmente accadrà questo: Fini ritira la sua delegazione (si tratta solo di
quattro persone: il ministro Ronchi, il viceministro Urso, i sottosegretari
Mania e Bonfiglio), Berlusconi sostituisce i dimissionari (rimpasto), poi va a
raccontare la cosa a Napolitano, Napolitano lo invita a presentarsi alle Camere
per chiedere la fiducia, discussione infinita tra Fini e Schifani se debba
andare prima di là o prima di qua, alla fine la spunta Berlusconi e va al
Senato dove ha i numeri, ottiene la fiducia e poi va alla Camera dove i numeri
non ce li ha e può succedere di tutto. Si tratta di capire infatti – Fini non
l’ha detto – se a quel punto il Fli voterà la fiducia, si asterrà o voterà contro.
Supponiamo che in qualche modo il governo passi la prova e che i finiani
facciano sapere che decideranno caso per caso. Il numero di leggi su cui
Berlusconi può cadere è pressoche infinito: il lodo Alfano, la riforma della
giustizia, la finanziaria, i decreti attuativi del federalismo, eccetera
eccetera. È facile prevedere che prima o poi, in un modo o nell’altro,
l’attuale governo Berlusconi (il Berlusconi IV) andrà sotto. E a quel punto gli
sbocchi possibili sono davvero parecchi:
- Scioglimento immediato delle camere e elezioni anticipate, tra la fine di
gennaio e la fine di marzo. Sarebbe un po’ irrituale: il presidente della
Repubblica, in genere, verifica sempre, prima di sciogliere, se esista un’altra
maggioranza alternativa a quella andata in crisi, capace di completare la
legislatura.
- Nuovo incarico a Berlusconi. È la strada più seguita in passato. Berlusconi
potrebbe persuadere Casini a essere della partita. Nascerebbe così il
Berlusconi V, con una forte ipoteca di Fli e Udc sull’attività di governo. È
una strada improbabile soprattutto per l’opposizione della Lega. Radiopadania è
stata invasa da messaggi di gente che non vuole «i democristiani». E poi è
certo che Fini e Casini, a caccia di voti nel Mezzogiorno, si metterebbero di
traverso in ogni modo sul federalismo come lo intende Bossi. «La fiscalità di
vantaggio per il Sud» evocata da Fini a Bastia è un segnale chiaro.
- Incarico a un altro esponente di centro-destra, che fa un governo sostenuto
dalla stessa maggioranza di adesso, e magari con dentro Casini. Se ne parla
sempre di più. Sarebbe Tremonti, perché Letta ha già fatto sapere che non ci
sta. Berlusconi farebbe l’odiato passo indietro e si consolerebbe puntando al
Quirinale. Problema: le leggi di protezione dai tribunali volute finora
dall’attuale premier riguardano il presidente del Consiglio o il capo dello
Stato. Potrebbero estendersi ai ministri, ma il Cavaliere sarebbe in ogni caso
nudo di fronte ai giudici. È una soluzione difficile anche per l’idiosincrasia
del Cav ai passi indietro. Uno sbocco come questo è in realtà nelle mani della
Lega.
- Incarico a una personalità non necessariamente di centro-destra, che
garantisca anche il Pd e l’Idv (magari per 90 giorni, come continua a dire Di
Pietro). Questo governo dovrebbe rifare la legge elettorale, sulla quale
peraltro non c’è il minimo accordo tra nessuno. Ipotesi remota, e che potrebbe
concretizzarsi solo in presenza di un forte smottamento di parlamentari del
Pdl. I peones non prenderebbero neanche la pensione se fossero rimandati a casa
adesso. Come escludere che darebbero la fiducia a chiunque, purché gli si
garantisca di restare in Parlamento fino al 2013?
• Nell’incarico a personalità diverse da Berlusconi si nasconde un pericolo per
il Cav. Se l’onorevole Tizio formasse comunque un gabinetto e si presentasse
alle Camere, magari per andar sotto, resterebbe però a governare il Paese fino
alle elezioni. Berlusconi sarebbe subito nudo davanti ai giudici e la
lontananza da palazzo Chigi lo indebolirebbe parecchio davanti agli elettori. [Giorgio Dell’Arti]