Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Mario Draghi ha parlato un po’ prima del solito. Non l’ultimo giorno di maggio – che quest’anno cade di domenica – ma ieri, venerdì 29.
• Mi interessa solo sapere se e quando usciremo dalla crisi.
Mi lasci dire ancora che si tratta delle tradizionali ”Considerazioni finali”, che chiudono in un certo senso l’anno economico, fanno il punto della situazione, indicano le debolezze del sistema, suggeriscono le possibili iniziative da prendere. Naturalmente la crisi domina tutto e il governatore ha confermato che va un po’ meno peggio di qualche mese fa, ma che per uscire definitivamente dalle sabbie mobili in cui ci troviamo ci vorrà tempo e fatica. Certi discorsi sono identici a quelli fatti l’anno scorso, per esempio quello relativo al taglio delle spese improduttive. Altri passaggi delle Considerazioni risentono di quello che in questi ultimi dodici mesi si è capito meglio. Per esempio, l’importanza del sostegno ai redditi. Quasi tutti gli economisti concordano sul fatto che una delle ragioni profonde della crisi è che la ricchezza, in questi ultimi anni, invece di diffondersi su una platea più larga di uomini e donne, è andata concentrandosi in un numero sempre più ristretto di mani. Questo ha contribuito alle difficoltà, perché per il sostegno della domanda ci vogliono molti esseri umani disposti a spendere qualcosa piuttosto che pochi individui inclini a spendere molto (e i ricchi, oltre tutto, di solito sono pure avari). Questo ragionamento sta dietro al forte accento che il governatore ha posto sulla politica dei redditi e sulla necessità di dotare il Paese di ammortizzatori sociali.
• Ragionamenti da sindacalista?
No, o almeno non da sindacalista italiano. Draghi ha detto che l’età pensionabile va alzata e, come forse saprà, questo è per Cgil, Cisl e Uil (i cui iscritti sono per il 50% pensionati) un argomento tabù. Ma la questione degli ammortizzatori sociali – cioè la cassa integrazione e l’indennità di disoccupazione – si pone così: i lavoratori in cassa e quelli alla ricerca di un’occupazione sono adesso l’8,5% del totale e potrebbero salire al 10%. Ci sono 1,6 milioni di lavoratori dipendenti e subordinati che non hanno diritto ad alcun sostegno in caso di licenziamento. Tra quelli impiegati nel settore privato, l’8% dei potenziali beneficiari di un qualche sostegno non percepirà comunque più di 500 euro al mese. Più di due milioni di lavoratori a tempo resterà senza contratto entro quest’anno. Direi che c’è poco da aggiungere. In questo momento ”politica dei redditi” significa soprattutto venire in soccorso di queste persone.
• Lo Stato ha i soldi per interventi di questa portata?
Il governatore non esclude che si possa operare in deficit, benché le cifre del nostro debito siano molto gravi (e lo ha detto). Tuttavia c’è una parola che Draghi ha adoperato specialmente per le banche, ma che riempie di senso anche la politica del governo: ”lungimiranza”. Significa che tu puoi anche indebitarti per aiutare chi è in difficoltà, purché ci sia un piano a lungo termine che consenta a un certo punto di cominciare l’operazione di rientro. Il debito è un peso che può schiacciarci, specialmente se non ci faremo trovare preparati alla fine della crisi. E poi il sostegno a chi resta senza lavoro non può far dimenticare gli investimenti e lo sviluppo. Qui il discorso riguarda anche le banche.
• Infatti, ho visto sul «Sole 24 Ore» tante lettere di piccoli imprenditori disperati perché vengono pagati in ritardo dallo Stato e, nello stesso tempo, la banca non li aiuta a stare in piedi.
E’ così. Il governatore calcola che il ritardo nei pagamenti da parte dell’Amministrazione ammonti a 2,5 punti di Pil, cioè una quarantina di miliardi. Quanto alle banche dal braccino corto, anche qui Draghi invita a essere lungimiranti: guardare i fondamentali dell’impresa, capirne la vocazione profonda, imitare le banche degli anni Cinquanta e Sessanta che sostennero il tessuto di piccola e media imprenditorialità nel momento di maggior rischio, quello della nascita. La parola ”lungimiranza” riferita alle banche ha anche un contenuto morale: smettetela – dice implicitamente il governatore – di fare i conti sul breve termine, cioè sulla necessità di incassare il maggior numero di profitti nel più breve tempo possibile. Questa è stata un’altra delle cause profonde della crisi. Si deve invece dar tempo all’iniziativa industriale di crescere e svilupparsi. E, in questo momento storico, di resistere.
• Insomma la crisi non è finita e non si sa quando finirà.
Per noi è in atto da molto tempo, perché veniamo da una quindicina d’anni di bassa crescita. E quest’anno il Pil calerà di almeno il 5%. Ci vogliono le riforme, dice Draghi, ci vuole un ritorno della fiducia. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 30/5/2009]
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