Daniele Mastromattei, Libero, 30/5/2009, 30 maggio 2009
IL CAPPIO ALLA CRAVATTA
Oscar Wilde sosteneva che «l’eleganza si concentra nella camicia». Bianca, di alta sartoria, possibilmente italiana, come ha stabilito il padre indiscusso di questo capo, Gianfranco Ferrè. Con i polsini più spessi o più sottili, col colletto grande o alla francese, la camicia bianca resta uno degli indumenti più classici, un must che non passa mai di moda.
Grande protagonista nel guardaroba degli uomini. E mai come ora, prepotentemente presente nel look dei politici, da Silvio Berlusconi a Ignazio La Russa, a Pier Ferdinando Casini; indossata però in modo un po’ sbarazzino: senza cravatta e aperta sul primo bottone. Addio cravatta, almeno nelle uscite per la campagna elettorale, sembrano voler dire i politici. E deve averlo pensato anche il presidente del Consiglio che pure era famoso per la sua simpatica abitudine di regalare cravatte griffate Marinella a destra e a manca.
Portare questa specie di cappio al collo deve essere piuttosto scomodo: strizza la giugulare, il nodo viene sempre così così, e spesso si allenta da solo. Senza, si respira meglio. E poi la camicia bianca senza cravatta dona una certa allure giovanilista, senza togliere autorevolezza né eleganza.
La cravatta, un regalo che ci arriva dai cavalieri croati di Luigi XIV. La parola deriva dal francese cravate, derivante a sua volta dal termine croato hrvat, che vuol dire appunto croato. Infatti i cavalieri croati, assoldati da Luigi XIV, portavano al collo una sciarpa. In origine era apostrofata come sciarpa croatta poi abbreviata in croatta e dunque in crovatta. Poi l’invenzione del nodo. Alla fine degli anni Novanta, due ricercatori, Thomas Fink e Yong Mao del Laboratorio Cavendish dell’Università di Cambridge, hanno dimostrato attraverso modelli matematici che una cravatta convenzionale ha esattamente 85 nodi possibili.
Camicia bianca senza cravatta si rivela la prima decisione bipartisan, perché pure la sinistra se l’è tolta. Anche se qualcuno di loro non l’ha mai portata, tra i simpatizzanti della cravatta si vedono in giro con la camicia aperta sul collo, tra gli altri, Antonio Di Pietro, Dario Franceschini e Gianni Vattimo. Resistono soltanto i leader postcomunisti come Massimo D’Alema e Giorgio Napolitano. Ma il presidente della Repubblica deve mantenere una buona dose di ufficialità in tutte le sue uscite. Ufficialità anche in Senato, dove è severamente vietato per i Parlamentari entrare senza cravatta. Per sfidare questa regola, il senatore Speroni indossava le cravatte più improbabili, con disegni di maiali e altri animaletti, fino alla più ardita texana di cuoio.
E mentre nel luglio 2007, il ministro della Salute, Livia Turco, emanava una circolare con cui esonerava i dipendenti pubblici e privati dal mettere la cravatta, a causa del caldo eccessivo, oggi abbiamo un Renato Brunetta che invita i dipendenti delle pubbliche amministrazioni a vestire in giacca e cravatta anche il venerdì. «Quando si è in un’azienda pubblica e si ha a che fare con il pubblico, si hanno doveri maggiori rispetto al privato», commenta così il ministro l’abitudine del friday casual in uso presso alcune aziende italiane e straniere. Dichiarazione che ha scatenato forti critiche, come quella di Carlo Podda, segretario generale della Fp-Cgil: «Mi chiedo se la permanenza a Palazzo Vidoni lo abbia ispirato a reintrodurre le divise per i dipendenti pubblici tanto in voga nel Ventennio».
La camicia bianca mette d’accordo anche gli stilisti che l’hanno riproposta per le collezioni primavera-estate 2009. Ma Luciano Barbera - che pure rilancia la camicia bianca in lino, studiata proprio per essere portata senza cravatta («solo però nelle occasioni molto poco formali») - boccia i politici senza cravatta. «Almeno loro dovrebbero avere il coraggio di soffrire un po’ visto il ruolo che ricoprono e presentarsi con l’abito giusto in tutte le occasioni», li bacchetta lo stilista.
Ma se anche Sergio Marchionne alla guida della Fiat nel giorno storico del riscatto, è stato visto (sulle copertine dei giornali) firmare in camicia e pullover (di cashmere pregiatissimo, dirà qualcuno, ma sempre maglioncino era), tra due papaveri ingessati e incravattati della Chrysler,il patto della Santa Alleanza motoristica, allora vuol dire che il cambiamento è epocale. Che è in atto una rivoluzione culturale e del costume. Ma sarà un bene?