Aldo Grasso, Corriere della Sera 30/05/2009, 30 maggio 2009
Senza pubblico. andato in scena senza pubblico, lui che viene scioccamente accusato di essere un animatore di pubblici
Senza pubblico. andato in scena senza pubblico, lui che viene scioccamente accusato di essere un animatore di pubblici. Recitare con la platea vuota è come camminare sull’orlo dell’abisso con gli occhi bendati, giocare una partita di calcio a porte chiuse, ma soprattutto fregarsene delle pie intenzioni di quelli che inneggiano al pubblico sovrano. Causa partita Champions fra Barcellona e Manchester, il teatro-tenda di Piazzale Clodio, dove ogni sera Fiorello si esibisce, è stato chiuso al pubblico. Per una volta, provvidenzialmente. Perché Fiorello, dialogando solo con la sua coscienza (e con quella di Cremonesi), si è potuto liberare di un fantasma triste. Una sera, agli esordi del Fiorello Show, lo spettacolo si è concluso con qualche minuto d’anticipo. Molti ci hanno ricamato sopra (la più simpatica delle conclusioni era del tipo «Fiorello è finito»); la verità è che Fiorello era infastidito dal pubblico delle prime file, quello che a teatro continua a telefonare, che è lì per esserci e non per vedere. Così Fiorello ci ha regalato una specie di seduta d’analisi in cui ci ha presentato l’audience ideale, il pubblico che non c’è, la mirabile figura dello spettatore assente (SkyUno, giovedì, ore 21,15). Detesto gli artisti che ammiccano verso il pubblico (o il popolo) perché, da veri demagoghi, esaltano nel pubblico «l’informe umano», che è come concorrere a mantenere il povero nella sua povertà o l’ignorante nella sua ignoranza. Per questo Fiorello ha fatto riapparire il pubblico solo per intonare con Amedeo Minghi l’inciso di «trottolino amoroso» (l’essenza stessa dell’informe umano, direbbe Pasquale Pannella). Ha scritto Alfred Polgar: «Il pubblico di teatro (o della tv): la massa disomogenea della gente di città che ogni sera viene spinta a teatro dalla noia, dalla curiosità o dal bisogno di sottrarsi all’insulsaggine della propria esistenza, non ha assolutamente gusto, nemmeno cattivo». Si può fare senza, per una sera.