Gianni Clerici, la Repubblica 30/05/2009, 30 maggio 2009
Altro che poema alla Catullo jr, che ti dedicai a Roma, cara Venus. Quegli immortali versi che iniziavano "Fragole con panna, nella tua bocca rosa"
Altro che poema alla Catullo jr, che ti dedicai a Roma, cara Venus. Quegli immortali versi che iniziavano "Fragole con panna, nella tua bocca rosa". Sarei lì lì con un epicedio, non sperassi di rivederti non meno bella ma più efficiente sui tuoi prediletti prati di Wimbledon, su quell´erbetta pronta a chinarsi sotto i tuoi talloni imperiosi, laddove terminano quei tendini sfilati, misto d´acciaio e seta. Mi sei andata a perdere addirittura da un´ungherese, figlia di una terra che, dopo il passaggio di Attila , non ha mai dato grandi campioni, al di fuori di una dimenticata Suzy Kormoczy, una Nonna dei miei tempi. Eccoti vittima, inattesa Venus, di una condizione incompleta, se non addirittura di un´età che non impedisce il mio amore, ma bensì rincorse perdifiato, verso tribune laterali laddove si fronteggiano mammona in cura dimagrante, e pappone privato della partecipazione agli utili, in seguito al divorzio. Colpisci palline banali, proprio tu che le strinavi di ferite brucianti, palline che poco spesso superano la metà campo, sulle quali si avventa la solita giovanotta dell´Est, anch´essa prodotto di laboratorio artigianale, mamma Teresa nata Dasko, allenatrice, guarda un po´. Destino segnato sin dall´asilo nido non meno del tuo, Venus, per una decisione freudiana ed insieme bancaria di un papà visionario, insieme geniale e incline al prossenetismo sportivo. Che dovrei scrivere, a commento dell´odierno match, come sollecitano alcuni soci del romano Due Ponti, critici verso chi, alla fine di pezzi subdannunziani, nemmeno pubblica i risultati? Attendo Wimbledon, amore mio, nella dubbiosa speranza che non abbia a trattarsi di una ribadita, finale Waterloo.