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 2009  maggio 30 Sabato calendario

LINGOTTO GIA’ IN PISTA PER I NUOVI OBIETTIVI ORA NEL MIRINO SVEZIA E SUD AMERICA


La prima sconfitta di Sergio Marchionne arriva esattamente nel quinto anniversario del suo ingresso al Lingotto. Questa volta non ce l´ha fatta. Ha perso la scommessa con i tedeschi ma non ha atteso la fine della partita.Ha scelto deliberatamente di uscire per tempo da quella che ha definito «una soap opera brasiliana», ovvero da un modo di negoziare che non sta nelle sue corde di manager di scuola anglosassone. «Eravamo a Berlino ma sembrava Bisanzio» è il commento di uno che ha seguito da vicino la fase calda della trattativa.
E adesso? «La vita continua» è il messaggio col quale da Montreal l´amministratore delegato della Fiat, nel pomeriggio di ieri, sembra voler dare un taglio netto a una vicenda che per lui ha preso una deriva inaccettabile già nella notte di mercoledì. E´ infatti nella riunione con Angela Merkel che egli si rende conto del gioco dei tedeschi che alzano continuamente l´asticella. Ha già capito che per la Fiat la strada verso la conquista della Opel si è fatta in salita quando giovedì lascia Berlino per andare in America a occuparsi di Chrysler. Forse spera in un cambiamento di rotta da parte di Gm, ma è deciso a mollare se, come ha sempre detto, all´offerta industriale sarà preferita quella economica.
Quando nel tardo pomeriggio di giovedì prende penna e carta per scrivere la nota con la quale spiega che Fiat «è interessata all´accordo con Opel ma non a rischi inusuali» in Italia è piena notte. Il «messaggio» arriva al Lingotto all´alba di ieri, il tempo necessario per la traduzione in italiano (Marchionne, pensa, scrive e quando può parla in inglese). In apertura di Borsa si apprende che la Fiat ha deciso di non partecipare alla riunione su Opel fissata per il pomeriggio a Berlino. Le ragioni? Marchionne le spiega in un documento che curiosamente parte dalla riaffermazione dell´interesse di Fiat «alla ricerca di un accordo con Gm» che stia nella scelta strategica di «partecipare al processo di consolidamento del settore automobilistico in Europa».
Ma non a tutti i costi. Marchionne spiega puntigliosamente quanto è successo tra martedì e mercoledì, le difficoltà incontrate da Fiat nel tentativo di accedere «alle informazioni contabili di Opel» oltre alle richieste finanziarie dell´ultima ora a sostegno della soluzione-ponte che esporrebbero Fiat «a rischi non necessari e irragionevoli», costringendola a sostenere «un gruppo le cui condizioni finanziarie allo stato rimangono ignote». E per di più senza avere il tempo per «completare le usuali attività di due diligence». Insomma una cosa è certa: il Lingotto non intende stravolgere la sua offerta industriale. E non vuole debiti in modo da conferire al "nuovo gruppo una base patrimoniale solida.
Su questo Marchionne non è disposto ad arretrare di un sol passo. Sa anche di avere alle spalle l´azionista di controllo del Lingotto. «La famiglia Agnelli è completamente in linea con il piano. Su tutto» dichiara ai giornali il presidente onorario di Exor, Gianluigi Gabetti, presente ieri all´assemblea della Banca d´Italia, assieme a Luca di Montezemolo e a John Elkann. «La Fiat ha fatto quel che doveva fare» è stato il commento del suo presidente. Sicuramente il loro pensiero riflette una scelta di cui hanno telefonicamente parlato con Marchionne. Quella di una Fiat che non ha accettato di rinunciare al suo disegno strategico di carattere industriale, di farsi schiacciare da lobbies che hanno giocato al rialzo, di dover metterci dentro soldi che non ha in un momento in cui è poco consigliabile bussare alle banche.
Se il Lingotto pensa che i giochi su Opel si possano ancora riaprire - e forse lo pensa - non è certo per accedere a quelle che considera pretese assurde. Una telefonata da Berlino potrebbe essere accolta da Torino soltanto se l´obiettivo non comportasse la rinuncia al piano industriale. Se i giochi sono altri, la Fiat starà fuori ma non con il complesso di chi è rimasto col cerino in mano. Forse potrà recriminare per l´assenza del governo italiano, ma in questa partita, come qualcuno si è lasciato sfuggire qualche giorno fa in ambienti Fiat, «i governi hanno contato poco e il nostro, grazie a Dio, anche meno».