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 2009  maggio 30 Sabato calendario

LASCIA UN PALAZZO ALLA BADANTE


MILANO – La sorella, con gentilezza, dice che, testuale, «l’importante è la salute» e che comunque «è fuori Milano». Il fratello, con meno gentilezza, conferma che «non c’è», pre­mette che «se proprio deve es­sere, parlo io» e conclude: « meglio se non parliamo. Niente pubblicità». La diretta interessa­ta, una marocchina sui qua­rant’anni, ex badante e donna di servizio del signor Celso Ca­nova che il 20 luglio avrebbe compiuto 83 anni e che è appe­na morto, in effetti non c’è. Si trova in Liguria. La accompa­gnano alcuni avvocati. Canova le ha donato un posto barca a Lavagna, sulla riviera di Levan­te: dicono lo stia vendendo per pagarsi la tassa di successione. Tassa onerosa: Canova era proprietario di un palazzo di cinque piani, in via Borsie­ri, gran bel palazzo, all’Isola, quartiere di slancio e rilancio del­la Milano di domani.

Il palazzo, come recita il testamento – fotoco­piato e attaccato a lungo nell’androne, sia mai qualcheduno, ossia tutti quanti, non ci credesse ”, è stato lasciato in eredi­tà alla signora marocchina.

Lei. L’ex badante e donna delle pulizie. Per dieci anni.

 padrona di uno stabile da 10 milioni di euro.

Dopo aver fatto arrivare dal Marocco i parenti fino all’ulti­missimo grado e oltre, e aver dato una festa che raccontano sia durata giorni e notti, l’ex ba­dante, che viveva, sempre in questo palazzo, in un normale bilocalino, si è trasferita all’ulti­mo piano. Nell’abitazione di Ca­nova. Quasi trecento metri qua­drati, con quattro bagni ed enormi vasche idromassaggio.

L’Isola è stata terra di di operai, ladri, poveri. Oggi non si compra con meno di 3.500 euro al metro qua­drato. Lo stabile di via Bor­sieri ha un cortile pieno di rose; nell’angolo, c’è un antico cartello che indicava il posto do­v’era consentito tagliar la le­gna per alimentare le stufe. Al­l’ingresso, il grande pannello delle buste per le lettere è an­ch’esso antico, e di legno. Non c’è angolo, salendo le scale, so­stando sui ballatoi, che segnali incuria, mancata manutenzio­ne, necessità di interventi. Niente.

A questo punto, qualcuno do­manderà: parenti ce ne sono? Canova era rimasto vedovo e non aveva figli. Aveva, sì, nipo­ti.

In particolare, uno che vive nel palazzo. Ha avuto in eredità un hotel. Tre stelle, dalle parti della stazione Centrale. Nulla di pretenzioso, sempre meglio di niente: dipende dai punti di vi­sta. Dicono che lui opti per la prima opzione, «con rancore». Difatti un amico dei Canova consiglia vivamente di tendere l’orecchio, se si è in via Borsie­ri: «Lo sente il fruscio delle car­te? Sarà battaglia legale».

In verità, in via Borsieri, l’orecchio si allunga per captare aneddoti vari sulla scelta del Ca­nova, aneddoti che scivolano nel piccante. Illazioni sul reale rapporto tra l’anziano e la do­mestica. Interpretazioni del ver­bo «accudire». Divagazioni a tratti fantascientifiche sul tema del sesso tra differenti età. Eventuali «plagi». Nessuno che s’immoli per sostenere la para­bola dell’immigrato che sban­ca, del vento che gira, del sudo­re che diventa oro. Ci sono solo uomini che invidiano le donne, e donne che invidiano certi (da­narosi) uomini. E allora, che sia tutta invidia? Forse sotto sotto qualche inquilino aveva – in­vano – provato a ingraziarsi, lavorarsi, ammanicarsi l’anzia­no? Non conosceva Canova. Che «i soldi li tirava fuori in un’unica circostanza: mai». Ca­nova era originario di Pondera­no, quattromila abitanti in pro­vincia di Biella, paese che ha da­to i natali alla famiglia Pozzo, quella del mitico Vittorio, alle­natore dell’Italia del calcio due volte campione del mondo.

Un’amica della signora ma­rocchina dice: «L’ha accudito con pazienza, costanza, impe­gno. stata premiata». Nient’al­tro? «Vuol sapere se avevano una storia d’amore? Era solo la­voro ». Come finirà con il palaz­zo? Sarà venduto? Qualche ita­liano ha una paura: che diventi una casbah.

Nello stabile vivono profes­sionisti. C’è un medico. Gli affit­ti, allo scadere, verranno rinno­vati? «Finché il contratto lo pre­vede, restiamo» dice una signo­ra. Per adesso, non rischia nes­suno. Anzi, no, uno c’è. Canova gli aveva dato un appartamenti­no. Gratis. Senza contratto. Dunque a rischio «sfratto». Sa­pete chi è? Il nipote. Certo, quel­lo dell’hotel.