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Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Il guaio di Formigoni è forse più grosso di quello della Polverini. La Corte d’Appello di Milano ha infatti ritenuto irregolare non una qualunque lista che sostiene l’attuale governatore della Lombardia, ma proprio il listino dei 16 candidati il cui destino è legato a quello del Presidente eletto.
• Spieghi bene, perché non ho capito.
Nel sistema elettorale regionale vige la regola che un certo numero di candidati entra nel parlamento regionale solo se viene eletto il presidente a cui sono collegati. Questo gruppo di candidati forma il cosiddetto “listino” e in caso di vittoria del nome connesso ne viene eletta almeno la metà. Il listino è valido se controfirmato da 3.500 elettori almeno. Il listino di Formigoni – costruito alla fine di un gioco di equilibri pazzesco per far contenti leghisti, ex forzisti ed ex aennini – era accompagnato da 3.935 firme. Su ricorso dei radicali, la Corte d’Appello ha giudicato irregolari 514 di queste firme, bocciate perché prive di timbri sui moduli e privi di data e luogo dell’autenticazione. Ergo le firme buone erano solo 3.421. Insufficienti. I legali di Formigoni hanno presentato appello sostenendo che «più sentenze del Consiglio di Stato rendono irrilevanti e non più necessarie alcune specifiche che invece la Corte d’Appello di Milano ha ritenuto indispensabili». L’entourage del Presidente si mostra tranquillo e mentre l’avversario di Formigoni, Marco Cappato (radicale), afferma con sicurezza che Formigoni è fuori, lo stesso Formigoni ostenta la massima sicurezza: «Sono un candidato perfettamente regolare alle elezioni regionali del 28/29 marzo».
• In che cosa sarebbe diverso il caso della Polverini?
Nel caso della Polverini è rimasto fuori dalla competizione a Roma, per non aver presentato in tempo la lista e la documentazione relativa, il partito del Popolo della Libertà. Il listino della candidata presidente è però in regola. Quindi, la candidata di Fini potrebbe essere eletta lo stesso grazie ai voti di altre liste, le principali delle quali sono l’Udc e la Destra. Quello che viene colpito dal pasticcio romano è il Pdl che a meno di un miracolo in tribunale o di un qualche contro-pasticcio (leggine varate in tutta fretta, ecc.) resterà fuori dalla gara nella Capitale. La Polverini potrebbe perciò trovarsi di fronte un parlamento laziale assai poco malleabile e non deve escludersi il caso che dopo il voto, in caso di vittoria del centro-destra, le elezioni si debbano rifare per manifesta ingovernabilità. Sul Lazio, dopo il caso Marrazzo, pesa una specie di maledizione. Naturalmente, a questo punto la Bonino ha molte più chances.
• Già, sarebbero stati i radicali a impedire l’ingresso in tribunale al tizio che portava lista e documentazione.
Guardi, è una versione forse vera, ma a cui non credo. Non ho le prove, ma, in base a tutto quello che ho sentito e letto, penso che le cose siano andate diversamente. Questo Alfredo Milioni che doveva consegnare i documenti s’è presentato in tribunale verso le 11 e mezza del mattino di sabato e a quel punto ha ricevuto una telefonata da qualcuno che gli diceva di cancellare dalla lista il nome di uno dei candidati. Ieri a Roma si diceva che il candidato da cassare e da sostituire con un altro nome era Samuele Piccolo. Piccolo, un ex di An, è il consigliere comunale che si è più battuto per portare la Formula 1 a Roma. L’ordine deve essere arrivato dall’alto, perché Milioni ha piantato lì tutto per correre a risistemare le carte. In pratica, all’ultimo istante, la lista è stata cambiata ancora una volta e Milioni non ha fatto in tempo, in quei pochi minuti, ad approntare tutte le firme e la documentazione necessarie per il nuovo venuto. Con i giornalisti ha poi farfugliato le scuse più strane, compresa quella di aver perso tempo per andarsi a mangiare un panino, perché la verità vera non poteva essere raccontata. Teniamo presente che Milioni, ex autista dell’Atac, presidente della XIX circoscrizione, ha fatto molte volte il servizio di presentar le liste. Non è uno sprovveduto.
• E i radicali?
I radicali non gli hanno permesso di entrare quando entrare non era più ammesso. Anche i radicali fanno da anni la corsa delle liste, e se ne intendono.
• Che cosa si deve pensare di questi sbagli tanto clamorosi?
Mi viene voglia di dire che sono lo specchio del Paese. Inefficienza, sciatteria, imprevidenza, disorganizzazione, menefreghismo, lotte per il potere fino all’ultimo istante. Un insieme di iatture di cui soffrono i partiti e di cui soffre l’Italia. Non ci scontriamo ogni giorno contro una qualche imbecillità dei nostri contemporanei? Non avvertiamo il più delle volte che queste imbecillità camminano in genere su due gambe, l’arroganza e l’ignoranza di chi si crede saputo senza aver studiato niente? [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 2/3/2010]
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