Lina Palmerini, Il Sole-24 Ore 2/3/2010;, 2 marzo 2010
QUEI COMUNISTI IN FILA CON 24 ORE D’ANTICIPO
Si cominciava dalla notte prima. I funzionari in fila, organizzati in staffette, viveri e bevande, per non abbandonare la postazione nemmeno per un attimo.
Altro che panino. E spesso a fargli compagnia c’erano pure uomini del servizio d’ordine per affrontare eventuali risse senza mai mettere in pericolo il mitico "incartamento" che custodiva le sacre liste elettorali. «Era una liturgia e una guerra», si ricorda Emanuele Macaluso raccontando i tempi della prima repubblica. Quelli in cui il Pci, il grande partito di massa organizzato, metteva in campo i migliori dirigenti e tecnici degli uffici elettorali per non lasciare niente’ ma proprio niente ”alcaso.La lotta, che all’inizio si scatenò con la Dc, era quella di arrivare primi all’apertura degli uffici per consegnare le liste davanti a tutti e conquistare la pole position. Quel prezioso posto – in alto a sinistra ”che era diventato il marchio di riconoscibilità del Pci. E che non persero mai fino a quando non cambiarono le regole. «Agli elettori, magari analfabeti, si dava quell’indicazione: devi votare il primo in alto a sinistra », continua l’amarcord di Macaluso «e gli facevamo fare pure le proveprima del voto con i facsimile delle schede elettorali ».
La Dc che pure aveva tentato di soffiare quella posizione al Pci alla fine si arrese e scelse, invece, di aggiudicarsi l’ultimo posto in basso a destra. Ma erano avvantaggiati dal simbolo: bastava dire «vota la croce senza Gesù». Ecco perchè quella notte prima della presentazione delle liste era un momento topico per i partiti. «E ci furono pure delle zuffe, mi pare di ricordare che alla fine degli anni ’70 ci fu una rissa con i radicali che volevano prendersi quel primo posto del Pci»: ma Macaluso racconta che nessuno ci riuscì.
Un uomo, soprattutto, ha incarnato i riti e il perfezionismo del mestiere: Celso Ghini. Fu operaio, attivista antifascista, organizzatore di lotte partigiane con il nome di " naso"ma fu soprattutto l’indimenticato responsabile della sezione elettorale del Pci. «Ne sapeva più del ministero dell’Interno »,si dice ancora oggi al Pci-PdsDs-Pd che un po’ quella scuola l’ha preservata. Ma come Celso Ghini, in ogni partito che si rispettasse c’era il guru delle liste. Per i Repubblicani c’era Pino Vita che davanti ai fatti di oggi non si capacita. «I problemi organizzativi nascono quando ci sono problemi politici».Lui era l’uomo di fiducia di Giovanni Spadolini e si ricorda quelle missioni che gli affidavano per risolvere le beghe sulle liste. «Era l’88:io fui mandato a Catania a rappresentare l’asse SpadoliniLa Malfa-Visentini che aveva scelto Enzo Bianco sindaco e puntava a svecchiare le liste. Successe il finimondo tra i politici locali. Tale fu l’assedio che ho temuto un agguato nella strada dall’albergo alla Corte d’appello. Allora decisi un depistaggio: io feci finta di andare all’ufficio elettorale con la mia borsa ma le liste le avevo messe in salvo e affidate a un mio collaboratore.
Io corsi all’aeroporto e lui andò a consegnarle».