Stefano Righi, Corriere della Sera 02/03/2010, 2 marzo 2010
E ADESSO MECENATE LAVORA NELLE FONDAZIONI BANCARIE
Concepite con una legge del luglio di vent’anni fa dalla fervida mente di Giuliano Amato e Carlo Azeglio Ciampi, le fondazioni di origine bancaria sono oggi un soggetto la cui attività è poco nota ai più, ma che sono divenute insostituibili in molti aspetti della vita pubblica.
Rappresentano un unicum giuridico di cui non c’è traccia all’estero, ma il bilancio della loro azione evidenzia più aspetti positivi che negativi. Possiedono quote importanti delle tre maggiori banche italiane (Unicredit, IntesaSanpaolo, Monte dei Paschi di Siena) di cui sono soci stabili, hanno in portafoglio azioni che la Borsa stima valere oggi più di 16 miliardi di euro ed erogano ogni anno a enti e associazione un fiume di denaro sotto la voce filantropia che, nel 2008, ha toccato i 1.679,6 milioni di euro e l’anno scorso si è comunque mantenuta al di sopra dei 1.500 milioni.
Eredi delle antiche casse di risparmio, di cui hanno ereditato il patrimonio con esclusione delle attività bancarie, le 88 fondazioni italiane ambiscono – tra l’altro – al ruolo che fu dei signori rinascimentali: promuovono l’arte e accudiscono alle esigenze sociali del territorio su cui insistono. Un legame strettissimo, quello con il territorio di riferimento, che ne promuove l’azione.
Nei cinque anni conclusi con il 2008, data dell’inizio della più pesante crisi economica dal dopoguerra, le fondazioni di origine bancaria hanno destinato al mondo italiano dell’arte erogazioni per complessivi 2.353 milioni di euro, una cifra che in ogni anno è stata superiore al 30 per cento di quanto hanno complessivamente distribuito. Per avere un termine di paragone, annualmente le fondazioni erogano circa il doppio di quanto investe nel settore il Ministero per i beni e le attività culturali. Dal 2008, la crisi ha imposto un riequilibrio delle cifre a favore dei settori più sensibili alla recessione e che interessano gli aspetti sociali. Le fondazioni infatti intervengono finanziando la ricerca medica e scientifica, ma recuperano anche interi reparti ospedalieri, si occupano della terza età e ora si immergono anche in quella che è la sfida dell’housing sociale, un settore che un tempo si definiva delle case popolari. Ma l’arte – un macrocomparto che va dalla realizzazione di mostre, come quella di Verona, al restauro; dall’attività teatrale fino al recupero del patrimonio architettonico – rimane centrale nei loro interessi.
L’attività della Compagnia di San Paolo a favore del recupero della reggia di Venaria Reale, come il progetto Città e cattedrali della fondazione Crt o la raccolta di opere d’arte di significativo pregio storico-artistico (767 dipinti, 116 sculture, 51 oggetti e arredi, di epoca compresa tra il primo secolo e la seconda metà del Novecento), della fondazione Cariplo, testimoniano un interesse non occasionale. La cui conferma viene dai recenti accordi firmati in Emilia-Romagna e in Toscana dall’Acri, l’associazione delle fondazioni, congiuntamente al ministero e alle Regioni. Gli accordi realizzano un protocollo d’intesa siglato nel febbraio 2009 e danno vita a una collaborazione tra settore pubblico e privato. In Emilia-Romagna si realizzeranno interventi che vanno dal recupero del monastero dell’Annunziata di Bologna (12 milioni), futura sede della Soprintendenza, fino all’apertura al pubblico di palazzo Prosperi-Sacrati di Ferrara, che ospiterà il museo De Pisis, mentre in Toscana i primi interventi interesseranno, tra gli altri, il museo delle navi antiche di Pisa con gli archivi medicei e il museo archeologico nazionale di Firenze.
, quello delle fondazioni, un universo non esente da critiche, ma con molte testimonianze a favore.
Stefano Righi