Cristina Casadei, Il Sole-24 Ore 2/3/2010;, 2 marzo 2010
OGNI GIORNO FALLISCONO 24 IMPRESE
Come in un domino incontrollabile nel 2009 si sono susseguiti oltre 9mila fallimenti in Italia, secondo idati dell’Osservatorio del Cerved group. E anche l’ultimo trimestre non ha dato tregua alle imprese italiane. I fallimenti hanno continuato la loro corsa e solo tra ottobre e dicembre sono state aperte 2.900 procedure. Rispetto all’anno precedente sono il 15% in più. Ma ciò che più preoccupa è il fatto che già nel 2008 nell’ultimo trimestre era stata registrata una crescita del 43% sul 2007.
Effetto della congiuntura? Pare proprio di sì, anche perché dopo la riforma della disciplina sulla crisi d’impresa le procedure erano diminuite notevolmente. Per poi riprendere a crescere a partire da aprile del 2008 per 7 trimestri consecutivi. Sempre con tassi a due cifre, al punto che nel 2009 i fallimenti sono stati 9mila: il 23% in più rispetto al 2008. «Il dato è importante ma non inaspettato – spiega Gianandrea de Bernardis, amministratore delegato di Cerved group - . Molte aziende hanno resistito finché hanno potuto, ma le difficoltà finanziarie hanno avuto il sopravvento. Ci sono casi di aziende sane dal punto di vista economicoe del business che però sono entrate in difficoltà per via della scarsa liquidità e sono fallite. Nel 2009 abbiamo avuto oltre 9mila fallimenti, senza contare le microaziende che non possono accedere alle procedure fallimentari».
A mandare segnali negativi è soprattutto l’industria.Con un aumento del 31% dei fallimenti (che arrivano al 33%se si considera solo l’ultimo trimestre) le costruzioni sono il settore che conta l’incremento maggiore di procedure.
Seguono con il 25,6% la manifattura e produzione e distribuzione di energia, con il 23,7% le attività finanziarie, immobiliari, noleggio e informatica. I più insolventi sono stati la gomma-plastica (che ha un insolvency ratio pari a 72), i mezzi di trasporto, le calzature, le borse e gli articoli in cuoio, la meccanica. Chi va in controtendenza è l’alimentare:i fallimenti sono calati del 7% e l’insolvency ratio è 12. Le regioni più in difficoltà sono invece là dove «c’è una maggiore concentrazione di industrie », continua de Bernardis. La maglia nera spetta al Nord Ovest dove la percentuale di crescita dei fallimenti nel 2009 è stata del 33%, mentre ha raggiunto il 26% nel Nord Est. I tassi più alti sono stati registrati in Liguria (+48%), Piemonte (+38%), Friuli (+36%). L’area anticiclica è stata il Centro Sud per la maggiore concentrazione di servizi.
Se aumentano i fallimenti, cresce anche il ricorso ai concordati preventivi: nell’ultimo trimestre del 2009 infatti sono state 243 le imprese italiane che hanno presentato la domanda, il 33% in più dell’anno prima. Considerando l’intero anno invece le domande hanno superato le 900 e sono state il 62% in più del 2008. Oltre la metà delle richieste è stata presentata da imprese manifatturiere (53%) con un incremento del 71% rispetto al 2008. Quanto ai settori in testa alla classifica c’è la meccanica, seguita dalla metallurgia. «C’è un largo accesso ai concordati preventivi – osserva de Bernardis ”. Se nel 2001 si presentava una domanda ogni 46 aperture di procedure di fallimento adesso il rapporto è di uno a dieci. C’è chi dice che sia solo un modo di buttare le mani avanti, certo è che si tratta di un’alternativa al fallimento e che per vederne gli effetti bisogna aspettare molti anni. Negli ultimi due le aziende che dopo aver fatto il concordato preventivo sono fallite sono state solo il 10 per cento».