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 2010  marzo 02 Martedì calendario

SALVATE IL SOLDATO BONELLI

Forse non c’era bisogno che Angelo Bonelli finisse ricoverato per testimoniare lo stato dell’ecologismo italiano. E però, dopo trentatré giorni di sciopero della fame, intrapresi in protesta contro «l’omicidio dei temi ambientalisti» nelle trasmissioni televisive, Bonelli ieri è mezzo collassato e lo hanno preso su, portato in ospedale e attaccato alla flebo.
Lui si riprenderà, l’ecologia in politica, nella politica italiana perlomeno, probabilmente no, visto che nei dibattiti politici si apprezza (conduttori e spettatori) la colluttazione e il dettagliare abbatte, non soltanto lo share.
Ecco, il Lambro è di nuovo il Lambro degli anni Settanta, si rilancia il nucleare, si questiona di cambiamenti climatici, ma il paradosso è che quasi nessuno sa chi sia Angelo Bonelli. Ha quarantasette anni, è nato a Roma, è cresciuto a Ostia, qualche biografia spiccia lo accredita come esperto di canto su registro baritonale, ma all’Accademia di Santa Cecilia fu presto strappato dalle nascenti rivendicazioni verdi. E da lì non s’è più distolto, non si è sposato, non ha figliato. Si è spezzato la schiena (diciamo così) fra consiglio comunale e consiglio regionale, per una vita, e finalmente è arrivato in Parlamento all’ultimo giro, nel 2006, a fare il capogruppo per il poco tempo concesso prima della crisi e dell’estromissione della sinistra estrema dalla rappresentanza parlamentare, in Italia e alla Ue, per esaurimento del consenso.
Ora, riassumere le peripezie recenti dei Verdi, le scissioni e le aggregazioni, è più complicato che utile. Qualcuno ricorda - per rendere l’idea e la rende - la delirante giornata del 13 dicembre 2008, quando una parte dei Verdi si riunì (con Bonelli) negli Stati Generali dell’Ecologismo, e l’altra parte si riunì nelle Primarie delle Idee, in pratica l’atto fondativo di Per la Sinistra, coi verdi rimanenti (Paolo Cento e Paolo Hutter), i rifondaroli sponda Nichi Vendola, i comunisti sponda Katia Belillo, vip alla Moni Ovadia, associazioni territoriali varie; e Grazia Francescato (presidente sia prima e sia dopo Alfonso Pecoraro Scanio), che andò all’una e all’altra manifestazione.
Ora Bonelli è il presidente del partito, o di quel che ne resta. Ha vinto l’ultima assemblea nazionale (ottobre a Fiuggi), sostenuto da quel galantuomo di Marco Boato e da una smarrita idea di purezza, e cioè che i Verdi non dovessero prediligere i temi sociali, quelli del pacifismo, quelli più tradizionalmente della sinistra storica per concentrarsi sulla ciccia: l’ambientalismo. Soltanto così, si disse, saremo in grado di replicare i successi dei verdi tedeschi e francesi. E poi da soli: autonomia politica e culturale. Nessuna grande ammucchiata tipo Arcobaleno, insieme con quel reducismo paracomunista che offrì l’occasione di ripetere per lustri che i Verdi sono come il cocomero: rossi dentro.
Ora, secondo pettegolezzi anonimi, dietro a Bonelli ci sarebbe Pecoraro Scanio, che dalla politica ora rinnegata da Bonelli ricavò incarichi governativi. Che sia vero oppure no conta poco: Pecoraro Scanio è indagato e scomparso; la Francescato e Cento se ne sono andati, hanno fondato l’Associazione ecologisti che ora sarebbe parte della componente ecologista di Sinistra e Libertà, formazione politica guidata da Nichi Vendola e costituita da due o tre formazioni socialiste, una socialdemocratica, e poi ecosociali, ex comunisti eccetera eccetera. Si ripensa alle eterne liti, ai vecchi leader (Francesco Rutelli, Carlo Ripa di Meana, Luigi Manconi) e ci si chiede se, dopo tanti anni, sia l’ambientalismo a non trovare spazio nella politica italiana, o siano piuttosto cinicamente ambiziosi e inconcludenti i leader ambientalisti.
Trascorsi i decenni in manifestazioni sindacali o del disarmo, la pensata è stata quella descritta: bisogna buttarsi sulla guerra dell’acqua, sull’energia, il protocollo di Kyoto, le emissioni e così via, e Bonelli non s’è risparmiato. Ma chi se n’è accorto? Ha diffuso un controverso elenco di siti destinati alle centrali nucleari, ha fatto il diavolo a quattro sulla privatizzazione della distribuzione idrica, è arrivato a dire - dati alla mano, sostiene lui - che piove sempre meno e il Lazio è a rischio desertificazione. Ma niente: poco sui giornali, nulla in tv.
Sarà che è difficile imporsi se si è monotematici o quasi. Ma Bonelli non si è affidato alla lagna: si è imposto questo interminabile sciopero della fame, girava nei giorni scorsi scarnito dentro ad abiti di due taglie più abbondanti, sempre più sofferente, lui, che già è famoso per essere uno che non ride mai. E hanno un bel daffare a chiamarlo Re Sole, come pare che sia, per il tratto nobile del carattere. Ma Paolo Cento, solito monello, lo ribattezza: «Re Solo: non se lo filano».