Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  marzo 02 Martedì calendario

OGM - LA SITUAZIONE IN ITALIA


 legge (n. 5 del 28/1/2005A), finalmente, la normativa sugli Organismi Geneticamente Modificati, OGM. La legge si colloca nel solco dell’approccio europeo, essenzialmente incentrato sui potenziali rischi per ambiente e salute e sul diritto ad una scelta consapevole da parte di consumatori e agricoltori, e assicura la coesistenza tra colture transgeniche, convenzionali e biologiche in una cornice e con criteri che garantiscano la non contaminazione tra i diversi generi. Un Comitato nominato ad hoc (’Comitato in materia di coesistenza tra colture transgeniche, convenzionali e biologiche”) dovrà indicare le condizioni in cui sarà possibile la coltivazione degli OGM e fornire alle Regioni le linee guida per elaborare provvedimenti specifici per regolare la coesistenza: 13 Regioni, è da ricordare, hanno già espresso la volontà di non volere gli OGM.
Fino al 31 dicembre 2005 gli OGM saranno vietati su tutto il territorio nazionale. Il ministro Alemanno però ha dovuto inserire nel suo decreto il principio stabilito dall’Unione europea secondo cui nessuna Regione potrà vietare la possibilità di coltivare OGM, ma solo regolarizzarla: sarà quindi di fondamentale importanza definire le distanze tra un campo e l’altro (anche sulla base di studi recenti che negli USA hanno certificato inquinamento a una distanza di 21 chilometri).
 comunque importante sottolineare come quasi tutto il variegato mondo ambientalista, anche se con toni diversi, abbia espresso soddisfazione per l’emanazione della nuova legge, definita come un importante passo avanti verso la difesa della qualità del sistema agroalimentare italiano.
(Salvatore Santangelo su Silvae, anno I, n. 1 [da internet, pdf senza data, presumibilmente poco dopo l’approvazione della legge]

[...] In Italia produrre Ogm è vietato, [ma] in Europa siamo circondati: Spagna, Repubblica Ceca, Portogallo, Germania, Slovacchia, Romania e Polonia coltivano regolarmente mais transgenico. Migliaia di ettari, destinati ad aumentare negli anni.
Doveva adeguarsi anche l’Italia e sdoganare l’agricoltura transgenica. La firma dell’accordo Stato-Regioni per definire i paletti era attesa a fine gennaio. Invece dal ministro Zaia è arrivato un altro rinvio. Troppi dubbi sulle linee guida per la coesistenza tra colture convenzionali, biologiche e geneticamente modificate. In altre parole non c’è accordo su come impedire che i semi transgenici contaminino i campi ancora al naturale. Così da Vivaro, un paesino alle porte di Pordenone, è partita la sfida al governo. La guida un contadino friulano, Silvano Dalla Libera, che ha spento il trattore e s’è rivolto al giudice. Ricorsi, controricorsi fino al Consiglio di Stato che gli ha dato ragione: è un suo diritto seminare mais Ogm e il ministero dovrà autorizzarlo entro il 19 aprile [vedi sotto, articolo Corriere della Sera].

Mentre la polemica infuria, silenziose tonnellate di mangime con Dna modificato entrano ogni giorno in Italia da Argentina, Brasile e Stati Uniti. Tutto secondo le regole, beninteso. La soia RR o il mais Mon 810 hanno i documenti a posto. Hanno superato i test dell’Efsa di Parma, l’autorità europea per la sicurezza alimentare, per cui possono varcare le frontiere. E finire nelle mangiatoie: dalle stalle produttrici del latte, ai prosciuttifici. Senza l’obbligo di esplicitarlo sulle etichette del prodotto finale. Eppure sono diventati il piatto forte delle 43 mila stalle italiane: incidono per il 10 per cento sulla dieta dei suini, addirittura il triplo per i bovini. Con un risparmio fra il 20 e il 30 per cento. Messa così saranno presto una strada obbligata, se si vuole reggere alla concorrenza globale: ”Senza questi mangimi l’Italia non sarebbe in grado di soddisfare il fabbisogno degli allevamenti”, spiegano all’Anacer, l’associazione nazionale dei cerealisti che rappresenta un centinaio di importatori. Già oggi. E Nomisma prevede che nel 2013 andrà ancora peggio: il mais non Ogm calerà del 70 per cento. Vuol dire che ne circoleranno meno di 26 milioni di tonnellate, quando già adesso il doppio non basta. [...] Fino allo 0,9 per cento di concentrazione nelle merendine, nei crackers, nel lievito o nella panna di soia, come di ogni prodotto in vendita in Italia, sulla confezione non serve scrivere Ogm. [...]
(Tommaso Cerno, L’espresso 18/2/2010, articolo completo in Frammento 200501)



VIA LIBERA AL PRIMO CAMPO DI MAIS OGM

MILANO - Il mais Ogm può essere coltivato in Italia. Subito, senza bisogno di attendere altre norme. Con questa clamorosa sentenza, il Consiglio di Stato, cioè il più alto organo della giustizia amministrativa, stravolge il percorso istituzionale sull’ apertura ai semi biotech. Solo la settimana scorsa, il 21 gennaio, la Conferenza Stato-Regioni aveva deciso di rinviare l’ approvazione delle «linee guida per la coesistenza tra colture convenzionali, biologiche e geneticamente modificate». Nessuno ancora sapeva che due giorni prima, il 19 gennaio, i giudici avevano accolto il ricorso di Silvano Dalla Libera, agricoltore e vice presidente di Futuragra, un’ associazione di 500 proprietari terrieri pro Ogm. A questo punto il quadro giuridico rischia di diventare, se è possibile, ancora più confuso. Da una parte il dispositivo del Consiglio di Stato è chiaro: il ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali ha novanta giorni di tempo per concedere a Silvano Dalla Libera (e poi a tutti quelli che vorranno) l’ autorizzazione a seminare i terreni, scegliendo tra le sementi di mais (e sono decine) già approvate dall’ Unione europea. Dall’ altra parte Luca Zaia, titolare del suddetto ministero, afferma in una nota che «il procedimento in questione è connesso a un iter normato dal decreto legislativo 212/2001 che stabilisce il previo parere di una Commissione tecnica la quale, non avendo a disposizione le prescrizioni tecniche sulla modalità di coltivazione delle colture Ogm ancora in corso di definizione, difficilmente esprimerà un parere positivo». Semplificando il ministro fa sapere che farà il possibile per vanificare la sentenza. Anche l’ ex ministro Gianni Alemanno, oggi sindaco di Roma, autore della circolare alla base del contenzioso giudiziario, sostiene che «Zaia è in grado di produrre un nuovo atto» e dunque il Consiglio di Stato «non aprirà la strada agli Ogm». Sull’ altro fronte si vive l’ atmosfera di una grande rivincita. Negli ultimi mesi il blocco biotech (con Confagricoltura in testa) è apparso piuttosto isolato di fronte a un vasto schieramento che va da Coldiretti alle associazione dei consumatori. La sentenza è già una bandiera per Futuragra. E il personaggio del giorno, il vicepresidente Dalla Libera, sta già preparando i trattori per trasformare parte dei suoi 25 ettari a Vivaro (Pordenone) in piantagioni di mais Ogm. «Abbiamo cominciato questa battaglia tre anni fa, con una richiesta collettiva firmata da circa 400 agricoltori, dal Friuli al Piemonte - dice Dalla Libera -. Tutti i ministri ci hanno detto di no, da Pecoraro Scanio ad Alemanno. E allora ho deciso di andare avanti con un ricorso individuale, prima al Tar del Lazio e poi al Consiglio di Stato. Ci hanno dato ragione e adesso sono pronto. Aprile è il mese giusto per seminare ed è il termine entro il quale ci dovranno dare l’ autorizzazione». Il presidente di Confagricoltura, Federico Vecchioni, legge la sentenza anche in chiave politica: «Si sblocca così l’ impasse che caratterizza la vicenda del nostro Paese. Sono anni, infatti, che non si provvede a disciplinare la materia rinviando il problema. Con un ostracismo ideologico che richiama quel "no" al nucleare che tanto è costato al sistema Paese». Il blocco anti-Ogm risponde sullo stesso piano. La Coldiretti guidata da Sergio Marini prospetta addirittura la promozione di un referendum, «per difendere il sacrosanto diritto della stragrande maggioranza dei cittadini e degli agricoltori di mantenere i propri territori liberi dagli organismi geneticamente modificati». Un’ idea che piace anche a Carlo Petrini, presidente di Slow Food Internazionale: «Questa sentenza è un altro tassello di una politica dei fatti compiuti. Ma non ci sono ancora sufficienti certezze per introdurre sul territorio italiano la coesistenza tra le colture biologiche e quelle biotech. Se le cose non cambiano si può anche pensare a costruire un comitato per un referendum». Le associazioni sono in allerta. La Vas (Verdi ambiente e Società) propone un ricorso in Cassazione. Mario Capanna, presidente della Fondazione Diritti Genetici, chiede, come Alemanno, l’ intervento di Zaia: «Basta un semplice pronunciamento del ministro per chiudere questa brutta pagina».
Giuseppe Sarcina
(Corriere della Sera 30/1/2010)

Accogliendo il ricorso del vicepresidente di Futuragra, l’associazione degli imprenditori agricoli vogliono coltivare gli ogm in particolare il mais, i giudici amministrativi hanno hanno ordinato al Ministero dell’Agricoltura di concludere il procedimento di istruzione e autorizzazione alla coltivazione di mais geneticamente modificato che sia gia’ stato autorizzato a livello comunitario senza attendere la decisione delle Regioni sui piani di coesistenza, come invece previsto dall’iter tracciato dal decreto legislativo 212/2001 dell’allora ministro Gianni Alemanno. Secondo Futuragra la sentenza obbliga il ministero a ”rilasciare l’autorizzazione alla semina di varieta’ iscritte al catalogo comune fissando un termine di 90 giorni per il rilascio dell’autorizzazione”. In sostanza fra tre mesi in Italia si potrebbe iniziare a coltivare il mais Mon 810, l’unico prodotto transgenico autorizzato per la coltivazione in Europa.
(magazine.quotidianonet.ilsole24ore.com 30/01/2010)