Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  marzo 02 Martedì calendario

Orlando Francesco

• Palermo 2 luglio 1934, Pisa 22 giugno 2010. Critico letterario • «[...] illustre francesista e teorico della letteratura [...] ci ha insegnato a concepire la letteratura come un archivio, in gran parte inesplorato, della psiche umana e della realtà profonda che in essa si riflette [...]» (Franco Marcoaldi, “la Repubblica” 2/3/2010) • Nel 2010 l’esordio nella narrativa con La doppia seduzione (Einaudi), la cui prima stesura risale perrò al 1956: «[...] ho ventun anni e la fortuna di ricevere lezioni private di letteratura francese da Tomasi di Lampedusa, che aveva elaborato la famosa distinzione tra scrittori “grassi” e “magri”. E mentre il suo Gattopardo, dalla prosa sontuosa, lo sospingerà verso i primi, affida a me l’opposto ideale di asciuttezza. Così nasce La doppia seduzione, attraverso sette successive stesure nel corso del medesimo anno. Dopo la sesta, Lampedusa mi fa lo straordinario dono di uno scritto in cui, a fianco di una serie di critiche di ordine stilistico, riconosce un valore profondo al libro [...] Allora ero tutto proteso alla carriera accademica, una mia prova squisitamente creativa l’avrebbe ostacolata. E poi l’omosessualità nel 1956, in Sicilia e non solo, era un tabù spaventosamente pesante [...] Fu proprio l’impossibilità di pubblicare, a offrirmi la massima libertà espressiva. In caso contrario, credo che mi sarei trattenuto, non mi sarei permesso la scabrosità sadomasochista dei capitoli finali [...] Sul finire del ’56, purtroppo, i rapporti tra me e Lampedusa subiscono un raffreddamento, che dura fino alla sua morte, avvenuta l’anno dopo. Nel frattempo, e siamo nel ’58, finisco in sanatorio sul lago Maggiore. In quella solitudine un po’ depressiva, riscrivo il romanzo ancora due volte [...] Poi approdo a Pisa, mia futura sede d’insegnamento universitario. Intanto è esploso il successo del Gattopardo, che esce ammantato da un alone di mistero: a un certo punto circolava addirittura la notizia che lo avesse scritto una vecchia zitella dell’aristocrazia palermitana. Ed è per questo motivo che entro in contatto con Giorgio Bassani, destinatario postumo del dattiloscritto di Lampedusa, al quale qualcuno fa il mio nome. Lo incontro e, imperdonabile errore, gli parlo anche del mio romanzo. Lui lo vuole leggere e il giudizio è tiepido, come lo era stato quello del mio amico Carmelo Samonà. Entrambi, e a ragione, sottolineano le evidenti debolezze stilistiche. Solo che a differenza di Lampedusa si soffermano unicamente sull’aspetto formale e non sulla forza del racconto [...] in quel momento la mia principale preoccupazione era di esprimermi al meglio come giovane studioso. Direi che volevo liberarmi, semmai, di quell’utopia giovanile [...] nel ’99, lo leggo a voce alta a un mio giovane amico, il quale reagisce con emozione. E perentorio mi ingiunge: ‘Francesco, quel romanzo non può rimanere in un cassetto. Tomasi di Lampedusa aveva ragione: la scrittura sarà anche acerba, ma la storia è talmente forte! C’è una sola cosa da fare: devi riscriverlo’ [...] Arriviamo così agli ultimi anni, nel corso dei quali stipulo con Einaudi un bizzarro contratto in cui l’editore si impegna a pubblicare il libro entro diciotto mesi dalla morte dell’autore, o dalla sua decisione di pubblicarlo in vita. Finché un miraggio economico, l’acquisto di una casa, dirime la questione. [...] Quando nel ’99 ho ricominciato a metterci le mani, ero in uno stato di vera e propria euforia. Mi facevo la barba, passeggiavo sul lungarno, uscivo da lezione, e all’improvviso ecco una nuova idea, una nuova parola. Un aggettivo da togliere o mettere [...] La doppia seduzione non è un libro ideologico, ma credo molto nel suo valore civile. In epigrafe volevo mettere una frase di Freud che suona così: ‘L’indagine psicoanalitica si rifiuta con grande energia di separare gli omosessuali come un gruppo di specie particolare dalle altre persone’. Detta in altri termini: quella del ‘terzo sesso’ è una balla colossale. Siamo tutti omosessuali e tutti eterosessuali: è solo un problema di diverse gradazioni, altrimenti si rischiano razzismo e autoemarginazione. Pensi a una società utopica in cui, sin dalle elementari, si insegnasse questa semplice verità: sarebbe uno dei più formidabili contributi al progresso della società umana”» (Franco Marcoaldi, “la Repubblica” 2/3/2010).