Luigi Offeddu, Corriere della Sera 02/03/2010, 2 marzo 2010
BRUXELLES, L’AMBASCIATORE CHIAMATO A ROMA. SALTA IL PARTY CON IL PRESIDENTE NAPOLITANO
Mancano 7 ore all’arrivo di Giorgio Napolitano nella capitale d’Europa e del Belgio, quando una email parte da una palazzina in via Claus. Quattro righe asciutte: «Si informa che il ricevimento in onore del sig. presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, previsto giovedì 4marzo 2010 alle ore 17.00, è stato annullato a causa di sopravvenuti impegni istituzionali». Firmato: «Ambasciata d’Italia – segreteria».
Non una parola in più, su quali siano gli impegni «sopravvenuti» nell’agenda del Quirinale. Anche se per quel ricevimento nella nostra elegante residenza diplomatica, preparato da giorni, erano già stati stampati e inviati 200 inviti. Ma passa ancora qualche ora, e l’aereo presidenziale è già in volo, quando arriva la spiegazione: ad accogliere in aeroporto il presidente della Repubblica italiana non ci sarà l’ambasciatore della stessa Repubblica italiana, Sandro Maria Siggia, come invece vorrebbe il protocollo. Non ci sarà, perché «convocato a Roma per consultazioni». Richiamato dalla Farnesina. E per più di qualche ora: per questo, dunque, il ricevimento di giovedì sarebbe stato annullato. I «sopravvenuti impegni istituzionali» non sarebbero quelli di Napolitano, ma quelli dell’ambasciatore, rientrato improvvisamente in Patria.
A questo punto, le fonti ufficiali tacciono del tutto. E partono, incontrollabili, i tam-tam della comunità italiana. Che dicono, in due parole: tutto questo è accaduto per via della «Di Girolamo story», è lo strascico di una vicenda politico-giudiziaria in cui va a incappare una visita internazionale del presidente in Perù, in Bangladesh e a Saigon durante la disfatta delle truppe americane. Nei giorni scorsi ha evitato ogni commento o contatto con la stampa. Ma a chi gli stava accanto avrebbe ripetuto la sua versione: con Di Girolamo nessun legame di amicizia o di altro genere ma un solo incontro caldeggiato da Ferretti, l’ex collega nell’ufficio di Tremaglia; un incontro motivato dai doveri istituzionali di ogni ambasciatore nei confronti di un candidato italiano all’estero. Poi, dopo il voto, vi sarebbe stata una telefonata di cortesia, di complimenti, fra l’ambasciatore e quello stesso candidato ormai eletto, una telefonata probabilmente finita fra le intercettazioni dell’inchiesta. I rapporti sarebbero finiti qui. E su questi e altri fatti, il procuratore aggiunto di Roma Giancarlo Capaldo avrebbe indagato più tardi, venendo anche qui a Bruxelles.
In questa stessa Bruxelles, in questa stessa atmosfera non proprio serena, è giunto ora Giorgio Napolitano. Gli appuntamenti della sua visita erano e sono tutti lì, immutati sulla carta: l’incontro con il re e la regina Paola di Liegi, i colloqui con i leader dell’Unione europea e con quelli della Nato, e la parte privata assieme alla moglie Clio, con le visite a unmuseo o la cena al ristorante pugliese «I Trulli», che spesso ebbe ospite il Napolitano eurodeputato. Tutto questo è rimasto. Ma il ricevimento dai 200 inviti, no. Il presidente incontrerà comunque gli esponenti più rappresentativi della comunità italiana: in albergo, però, all’hotel Amigo dove risiederà, e non all’ambasciata del suo Paese. della Repubblica. E quella stessa vicenda, se i soliti tam-tam hanno ragione, sfocia ora in un caso diplomatico: i consiglieri del presidente Napolitano avrebbero cambiato il programma della sua visita, esercitando delle caute pressioni sulla Farnesina, per evitare al capo dello Stato qualche imbarazzo istituzionale; e per prendere le distanze dall’ambasciatore Siggia, il cui nome collegato a quello del senatore Nicola Di Girolamo è finito prima nei verbali dell’inchiesta di Roma, e poi negli articoli dei giornali. Siggia, secondo alcuni testi, sarebbe stato infatti uno dei principali «contatti» che a Bruxelles avrebbero aiutato Di Girolamo a ottenere una finta residenza, e quindi il via libera per candidarsi in un collegio elettorale all’estero. Nelle carte dell’inchiesta romana, il punto più delicato per l’ambasciatore sarebbe questo: «Attraverso i contatti del Mokbel con Andrini Stefano e Gianluigi Ferretti – già segretario dell’onorevole Tremaglia ma ormai in rotta con lo stesso, in quanto ne aveva ostacolato la candidatura, e che proprio per questo si presta a "lavorare" per Di Girolamo – viene individuata Bruxelles come città dove organizzare la finta residenza all’estero del Di Girolamo in quanto Andrini Stefano, motore della candidatura in questione, conosce bene l’ambasciatore italiano in Belgio».
Siggia, 64 anni, è considerato un diplomatico «all’antica», persona colta e garbata con una carriera lineare e finora senza un’ombra che lo ha portato in Cina,in Perù, in Bangladesh e a Saigon durante la disfatta delle truppe americane. Nei giorni scorsi ha evitato ogni commento o contatto con la stampa. Ma a chi gli stava accanto avrebbe ripetuto la sua versione: con Di Girolamo nessun legame di amicizia o di altro genere ma un solo incontro caldeggiato da Ferretti, l’ex collega nell’ufficio di Tremaglia; un incontro motivato dai doveri istituzionale di ogni ambasciatore nei confronti di un candidato italiano all’estero. Poi, dopo il voto, vi sarebbe stata una telefonata di cortesia, di complimenti, fra l’ambasciatore e quello stesso candidato ormai eletto, una telefonata probabilmente finita fra le intercettazioni dell’inchiesta. I rapporti sarebbero finiti qui. E su questi e altri fatti, il procuratore aggiunto di Roma Giancarlo Capaldo avrebbe indagato più tardi, venendo anche qui a Bruxelles.
In questa stessa Bruxelles, in questa stessa atmosfera non proprio serena, è giunto ora Giorgio Napolitano. Gli appuntamenti della sua visita erano e sono tutti lì, immutati sulla carta: l’incontro con il re e la regina Paola di Liegi, i colloqui con i leader dell’Unione europea e con quelli della Nato, e la parte privata assieme alla moglie Clio, con le visite a un museo o la cena al ristorante pugliese «I Trulli», che spesso ebbe ospite il Napolitano eurodeputato. Tutto questo è rimasto. Ma il ricevimento dai 200 inviti, no. Il presidente incontrerà comunque gli esponenti più rappresentativi della comunità italiana: in albergo, però, all’hotel Amigo dove risiederà, e non all’ambasciata del suo Paese.
Luigi Offeddu