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 2010  marzo 02 Martedì calendario

IL BEBE’ RICONOSCE LE STONATURE - I

risultati di uno studio pubblicato sui Proceedings of the National Academy of Science of the US da un gruppo di neuroscienziati cognitivi del San Raffaele, dell’Università Statale di Milano e dell’ Università di Berlino ci dicono che i neonati vengono al mondo già pronti per la musica. Mediante la risonanza magnetica funzionale si sono messe in evidenza le regioni cerebrali che si attivano specificamente già pochissimi giorni dopo la nascita, quando il piccolino ascolta musiche di autori come Mozart, Schumann, Schubert e Chopin.
Daniela Perani, neuroscienziata e docente all’Università San Raffaele, principale autrice di questa ricerca, mi precisa che le madri erano state scelte molto oculatamente, cioè nessuna era musicista di professione, anzi, nemmeno erano appassionate ascoltatrici di musica classica. Si esclude, quindi, che i piccolini fossero stati indirettamente già condizionati all’ascolto fin da dentro il ventre materno.
Daniela Perani aggiunge: «Sappiamo già molto su quello che accade nel cervello degli adulti che ascoltano o fanno musica. Il nostro cervello si attiva in modo specifico quando siamo esposti a stimoli musicali, con un coinvolgimento maggiore dell’emisfero destro, in aree temporali, frontali e parietali, ma anche di strutture legate alla elaborazione delle emozioni, come l’amigdala. Sappiamo anche che diventare esperti musicisti cambia sia l’anatomia che la funzionalità del cervello».
Ora sappiamo che fin dalla nascita abbiamo un apparato cerebrale specifico per la melodia che ha le sue preferenze innate. Il raffinato dispositivo neuronale è il frutto, almeno in parte, di predisposizioni biologiche indipendenti dall’esperienza. I risultati provano che già nelle prime ore di vita si attivano nell’emisfero destro gli stessi sistemi neurali attivati negli adulti esposti da tempo alla musica. Daniela Perani aggiunge: «Ancora più impressionante è il secondo risultato della ricerca: i neonati sono stati infatti esposti anche a stimoli musicali derivati dagli stessi brani originali, ma manipolati digitalmente in modo da alterarne la struttura o renderli dissonanti. Gli stimoli alterati rimanevano comunque musicali, e identici per ritmo, timbro e contorno melodico agli stimoli originali».
Sorprendentemente, il cervello dei neonati mostrava di riconoscere la musica alterata, cambiando significativamente il pattern di attivazione. Con le alterazioni della musica spariva la dominanza emisferica destra, mentre venivano reclutate regioni dell’emisfero sinistro non attive durante l’ascolto della musica originale. Ciò indica che quella che si osserva per la musica è un’attivazione specifica, non una semplice risposta a stimoli con caratteristiche acustiche simili a quelle di stimoli musicali.
I neonati riconoscono le piccole variazioni di struttura, e sono sensibili all’inserimento di intervalli dissonanti. Infine, abbiamo dimostrato che anche in bambini così piccoli l’ascolto della musica attiva delle strutture coinvolte nella elaborazione delle emozioni. Si è vista ad esempio l’attivazione dell’amigdala. In conclusione, faccio una domanda d’obbligo: si possono prevedere ricadute pratiche?
«Quello che osserviamo è il risultato dell’evoluzione di una capacità neurale dedicata noi pensiamo non solo alla elaborazione della musica, ma probabilmente anche fondamentale per l’elaborazione degli aspetti musicali del linguaggio quali la prosodia. Questo studio apre quindi anche nuove prospettive di ricerca per le neuroscienze dello sviluppo». Certo, ben sappiamo da lungo tempo che i bimbi piccoli amano ascoltare nenie, ninne nanne e melodie orecchiabili. Questi autori suggeriscono che dalle nenie si passi naturalmente anche alle filastrocche e forse su fino alla sintassi. Ulteriori ricerche porteranno allo studio delle malattie neurologiche dell’infanzia e della musica a fini terapeutici.
Massimo Piattelli Palmarini