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 2010  marzo 02 Martedì calendario

TRA SCELBA, JACOBELLI E LE TELERISSE IL PALEO-REVIVAL DI TRIBUNA ELETTORALE

Buon compleanno dunque a Tribuna elettorale che nel 2010 torna in voga e compie pure cinquant´anni.
Era l´autunno del 1960 quando, una sera, poco prima di una tornata amministrativa i telespettatori italiani videro entrare nelle loro case il video-faccione del ministro dell´Interno, Mario Scelba, che cercò di rompere il ghiaccio con un discorsetto che diceva: noi non siamo del mestiere, ma voi dovete accettarci tutti, «belli o brutti come siamo fatti».
Scelba, in particolare, non era bello. Proprio no. Eppure, racconta un insigne storico della comunicazione politica qual è Edoardo Novelli, dopo quella sua breve apparizione il ministro democristiano fu accolto improvvisamente da larghi strati dell´elettorato comunista come un bravo e pacifico nonnetto, non più come il mafioso, il bastonatore, l´inventore della Celere, altrimenti detta «la Scelbere».
Non si dice nulla di nuovo: l´immagine è fortissima, e lo spettacolo lo è ancora di più. Senza farla troppo lunga, la chiusura dei talk-show si può anche spiegare con la favola del Golem che si rivoltò contro il suo incauto creatore. Così la tecnologia dello spettacolo politico sfuggita di mano ai suoi controllori, per cui adesso i Vespa, i Floris e i Santoro sono divenuti di gran lunga più potenti della mesta e rumorosa compagnia di giro che fanno esibire nei loro salotti e nelle loro arene secondo moduli che dallo scontro fra gladiatori nel tele-colosseo declinano verso il carro di Tespi, il circo delle finte meraviglie, il siparietto soporifero, la filodrammatica dell´equivoco e giù, giù, fino al pollaio.
Non si dirà mai troppo male degli insostituibili talk-show, da cui peraltro si attinge una notevole quota dell´odierno ceto politico (ultima personaggio, la povera Polverini). Ma se il potere si vendica chiudendo tali infauste trasmissioni, è pure vero che il ripristino di Tribuna elettorale si configura come il più surreale fra i revival.
Sui forum di internet si raccolgono appelli di struggente nostalgia: «Chi mi può dire dove posso trovare la sigla delle vecchie tribune, quelle con Jader Jacobelli?». Sulle aste di E-bay un regolamento Rai della Tribuna Elettorale del 1972, «pieghevole in cartoncino più un altro cartoncino», è battuto a euri 5,99. Dal disuso polveroso, quindi, a un embrione di modernariato.
Qualche anno fa la Elleu Multimedia ha anche posto in vendita delle videocassette con spezzoni di antiche trasmissioni in bianco e nero; il titolo scelto era: «C´era una volta Tribuna politica». Ma su Dailymotion si può vedere gratis - e ne vale quasi la pena - una tribunetta elettorale in cui nel 1992 Moana Pozzi, molto carina, disinvolta e appena un po´ scollata, chiedeva il voto per il Partito dell´Amore - pure a riprova che il più geniale comunicatore ricicla le trovate della micropolitica.
Nove anni prima, d´altra parte, Franco Battiato aveva cantato: «Per fortuna il mio razzismo/ non mi fa guardare/ quei programmi demenziali/ con Tribune elettorali... «; e il brano in questione era intitolato «Bandiera bianca», simbolo di drammatica e rassegnata capitolazione.
In realtà, più che demenziale, la Tribuna politica della Rai era stata intorpidita dall´erosione dei canoni ideologici e poi travolta dalle nuove forme della politica. Fino a quel momento si può dire che il format, con i suoi giganteschi cronometri, i bonari moderatori e i giornalisti pettinati e in giacca e cravatta, aveva svolto egregiamente il suo nobile compito, pure regalando agli ingenui telespettatori di quell´Italia in bianco e nero indimenticabili momenti: la sedia vuota di Pajetta, le battutine di Andreotti, il riso (comunismo) e la pasta (democrazia) agitati da Nino Nutrizio sotto gli occhi esterrefatti di Berlinguer, l´interminabile bavaglio di Pannella, il cornetto portafortuna di Almirante...
Ma quando in diretta un barbuto giornalista del Quotidiano dei lavoratori non solo si rifiutò di fare una domanda al segretario del Msi, ma imboccò la porta per andarsene dallo studio, ecco, quel tipo di show era finito. Come la Rai possa pensare di riproporlo oggi, dice più sulla patologia della Rai che sul futuro di Tribuna elettorale.