Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Ci sono dei rottami che galleggiano 650 km a nord dell’isola di Fernando de Noronha: un seggiolino, un giubbotto salvagente, fili elettrici e pezzi di metallo. Si vedono anche chiazze di combustibile. Ieri il ministro della Difesa brasiliano, Nelson Jobim, ha confermato che si tratta di tracce dell’Airbus scomparso l’altra notte.
• Che altro poteva essere? Non siamo in mezzo all’oceano?
La procedura vuole un’identificazione certa. Sul posto, dopo la segnalazione fatta da un C130 brasiliano, si è concentrata un’intera armata: i brasiliani hanno mandato tre C-130 Hercules, un Amazonas SC-105 da ricognizione, un R-99 con apparecchiature agli infrarossi, un Bandeirante P-95 antisommergibile per la ricerca in profondità, un elicottero Blackhawk e un SuperPuma, due corvette, la nave pattuglia Grajau e la fregata Constituiçao; i francesi un aereo Breguet Atlantic 2 antisommergibile, un Falcon 50 carico di strumenti elettronici. Poi, avuto notizia di fuochi avvistati sulla superificie marina da apparecchi brasiliani, hanno dirottato sul posto il cargo Douce France; gli Usa hanno spedito un P-3 Orion antisommergibile; gli spagnoli due aerei militari.
• Potrebbe esserci qualcuno in acqua che aspetta i soccorsi?
Per quello che riguarda le condizioni del mare, sì. Se qualcuno fosse sopravvissuto, potrebbe esser lì, a galla, ad aspettare di esser salvato. Stando a un dispaccio Ansa di ieri, in quella zona l’acqua è calda 30˚, il vento, sui 15 nodi, è moderato, le onde non superano il metro e mezzo d’altezza. Sarebbe facile trovare gli eventuali sopravvissuti? Non facilissimo: tra un detrito e l’altro c’è per ora una distanza di 60 chilometri, che cresce di ora in ora perché le correnti sono molto forti. Le ricerche si svolgono in un’area di 120 chilometri. Certo, dovrebbero esserci dei segnali che arrivano dalle scatole nere.
• Anche se stanno sott’acqua?
L’Agenzia Nazionale per la Sicurezza del volo, titolare in Italia della responsabilità delle inchieste aeronautiche, ha spiegato che le scatole nere sono dotate di un trasmettitore che manda segnali anche se sta sott’acqua. Li manda per circa trenta giorni. vero che siamo in un tratto dell’oceano che ha sotto l’abisso, una profondità tra i quattro e i cinquemila metri, senza collegamenti con lo zoccolo continentale.
• Quindi sarà impossibile recuperare le scatole nere e capire che è successo?
Sempre l’Agenzia per la sicurezza dice che il recupero è possibile anche a profondità elevate, grazie a robot sottomarini. Però ci vorrà tempo, molto tempo.
• S’è capito qualcosa su quello che è successo?
Poco. Siamo più o meno al punto di prima. Sappiamo che l’Airbus dovrebbe essere entrato in una zona di forte turbolenza, anche se due piloti Lufthansa passati da quelle parti uno mezz’ora prima e uno mezz’ora dopo l’Airbus hanno detto che il tempo era cattivo, ma non pessimo. In ogni caso: nelle rotte tra Brasile ed Europa si presenta spesso un fronte intertropicale caratterizzato da nuvole cumulolembi. Si tratta di nuvole altissime, persino di otto chilometri, al cui interno c’è freddo, vento e tempesta. Capitarci dentro può essere un grosso guaio, anche se tutti assicurano che gli Airbus sono pensati proprio per affrontare situazioni di questo tipo. il discorso che si faceva ieri sul fulmine, un’ipotesi che resta comunque in piedi: un fulmine da solo non può danneggiare l’aereo al punto da impedire persino il lancio del mayday, l’allarme d’emergenza che i piloti sono abituati a trasmettere praticamente in automatico. Cioè: non esiste fulmine che possa disintegrare il velivolo come se fosse una bomba. Potrebbe aver colpito un finestrino alterando gravemente le condizioni di volo, o il serbatoio scatenando un incendio a bordo. Resta però il mistero della rapidità con cui la tragedia s’è consumata. Ieri tutti si sono affrettati a dire che non ci sono evidenze di un attacco terroristico. Ed è certamente un fatto che finora nessuno ha rivendicato niente. Però Rosario Priore, il magistrato che ha indagato su Ustica, ieri ha dichiarato che ci sono analogie impressionanti con la tragedia del DC 9: «Anche l’aereo di Ustica sparì nel nulla improvvisamente. Quello che lascia perplessi è proprio il fatto che non sia stato lanciato nessun mayday». [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 3/6/2009]
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