Varie, 3 giugno 2009
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Alessandrini Marco
• Pescara 25 dicembre 1970. Politico. Del Pd. Nel 2009 candidato sindaco di Pescara. Figlio del magistrato Emilio Alessandrini, assassinato il 29 gennaio del 1979 da un commando del gruppo terroristico Prima Linea • «[...] stato il macigno di una vita, quel ricordo del padre che lui chiamava per nome: Emilio. Un eroe per tutti gli italiani per bene, un eroe più ancora per lui. E un macigno il ricordo dell’ultimo Natale insieme, raccontato a Mario Calabresi per il libro Spingendo la notte più in là: ”Eravamo appena tornati a casa dopo un giro di parenti, ma io volevo assolutamente vedere Goldrake a colori. Allora lui si rimise il cappotto e tornammo dai nonni materni per poter guardare il cartone animato. Me le dava tutte vinte, c’era un grande senso di complicità tra di noi. Si dice che non sia una buona cosa un padre- amico, io invece lo amavo per questo e mi dispiace tantissimo averlo perso”. Gli italiani meno giovani se lo ricordano, Marco. Ricordano che ai funerali si sforzava disperatamente di non piangere finché scoppiò in un pianto dirotto. Si ricordano di come il vecchio Sandro Pertini gli posò una mano sulla testa. Aveva otto anni, allora. Ed era pazzo di dolore come il poeta Wystan Auden dopo la morte del suo amore e avrebbe potuto urlare anche lui: ”Offuscate tutte le stelle, perché non le vuole più nessuno. / Buttate via la luna, tirate giù il sole, / svuotate gli oceani e abbattete gli alberi. / Perché da questo momento niente servirà servirà più a niente”. ”Marco Alessandrini? Un’utile idiota’”, ha detto una voce maligna dopo la scelta del Pd di candidarlo a sindaco di Pescara. Il tentativo estremo e disperato di puntare sul ”figlio dell’eroe” per arginare l’ultima ondata di uno tsunami che in pochi mesi aveva travolto quella sinistra abruzzese capace nel 2004 di conquistare quattro su quattro delle province. [...] ”Mi consolo se mi rifaccio all’etimologia. Cosa significava ”idiotès’, in origine? Colui che conduce una vita privata, fuo ri della società e dei pubblici impieghi. Insomma, diverso. Ecco, qui mi ci riconosco: sono diverso da tanti altri che fanno politica. Questo sì”. Alto alto, due spalle larghe così, sposato con una compagna di scuola (Mariela) dopo un fidanzamento decennale, laureato alla Statale di Milano, avvocato civilista, ottimista, kennediano e obamiano, del presidente Usa ha adottato, con un ritocco, il motto: ”Non chiederti cosa il Comune, la Re gione o lo Stato possano fare per te ma cosa tu puoi fare per loro”. Nella biografia su internet spiega di essere ”cordiale e autoironico”, negato per i lavori manuali, ghiotto di spaghetti pomodoro e basilico e ”fervido ammiratore di Ales sandro Magno”. Ma alla fine va sempre a finire lì: ”se aves se la possibilità di riportare in vita qualcuno questi sarebbe suo padre”. Quello è il punto cardinale della sua vita. Il dolore immenso di essere stato l’ultimo a vedere vivo quel papà (’uno che avrebbe fatto il giudice anche gratis”) la mattina che lo accompagnò a scuola e gli aprì la portiera, tre minuti prima d’essere ammazzato. L’ultimo tranne gli assassini, Marco Donat Cattin e Sergio Segio, il quale tanti anni dopo avrebbe spiegato in un libro che avevano scelto di ammazzare quel magistrato che aveva scavato nella melma della strage di Piazza Fontana e del crac Ambrosiano proprio perché era bravo, proprio perché era per bene, proprio perché non era un ”reazionario”: ”la sua storia ed il suo essere democratico era da noi considerato un’aggravante” [...] Quello che non gli dà pa ce, spiegò un giorno a Marco Imarisio, è che suo padre ”è stato ucciso da una banda di cretini. Solo dei cretini...”» (Gian Antonio Stella, ”Corriere della Sera” 3/6/2009).